Con il presente commento al nuovo “Old Boy” tengo fede sia all’impegno preso nella precedente recensione, sia a quella che ormai è una certa tradizione, essendomi già trovato a commentare tutte le uscite di questo format. Un compito che mi vede felice, trattandosi di uscite sempre molto valide. questa poi mi incuriosiva parecchio, in quanto contenente un’opera di una sceneggiatrice che conosco amichevolmente da anni: Rita Porretto. Perennemente in coppia con Silvia Mericone, la signorina è già autrice di varie uscite Bonelliane ma soprattutto del personaggio Dr. Morgue, che vi invito nuovamente a conoscere (purtroppo si tratta solo di una miniserie di 6 albi più alcuni speciali, almeno per ora).
Venendo a noi, ci troviamo di fronte a un trio di storie effettivamente molto in linea con il vecchio Dylan, tanto che ciascuna di queste mi ha riportato alla mente degli episodi specifici, pur senza prestare il fianco alla noia.
Si comincia con “In Fuga“, storia che prende vita da sceneggiatore e disegnatore i cui nomi non mi suonano molto familiari; la storia invece non può non far tornare alla mente, per varie analogie, albi come “La bellezza del demonio”, “Il ritorno del mostro” e “Falce di luna”: giallo e azione sono sapientemente miscelati in un efficace srotolarsi di trama, con religione, carità e devianza sessuale a rendere il tutto più accattivante ed incerto, e in effetti nella risoluzione assisteremo ad un ribaltamento di bene e male decisamente familiare agli amanti della testata. Piccola tirata d’orecchie per alcune falle della trama e, volendo, per il cellulare, stranamente presente nonostante si sia detto in tutti i modi che l’Old Boy “cristallizza” il vecchio Dylan. E’ qui doverosa una piccola riflessione: i “puristi” possono lamentarsi quanto vogliono, ma non è certo una telefonata dal cellulare ad inficiare la riuscita di una storia tutto sommato perfettamente calata nello stile che conosciamo e che abbiamo amato per tanti anni, e anzi la stessa telefonata fa da perno allo srotolarsi degli eventi successivi, che peraltro terminano in un finale amarognolo, anche questo nella migliore tradizione Dylaniata.
Una storia ampiamente sufficiente, ma il meglio deve ancora venire: a “Il Lago Nero“, storia a cui è dedicata la copertina (Rita ne sarà stata particolarmente onorata, presumo) e che io per onor d’amicizia non ho potuto non leggere per prima, mi ha necessariamente rimandato la mente ad altri numeri (“La casa infestata”, “Ombre”, “La regina delle tenebre”) a causa della ragazza madre che assume l’indagatore negli interessi della figlia; va detto in effetti che la trama ricalca il classico tòpos della casa infestata. Scelta banale? Personalmente non direi. Non è certo la prima volta che ci troviamo di fronte a una rielaborazione di scenari triti e ritriti, e stavolta il tutto è impreziosito da un padre di famiglia tormentato, ex-proprietario della suddetta casa che, rivelatosi cardine per la risoluzione, offre l’assist per un poco approfondito ma interessante scontro tra l’affrontare gli incubi o il “seppellirli” (indovinate da che parte sta Dylan). Ho poi inevitabilmente sorriso, e mi spiace se nel frattempo spoilero un po’, nel leggere di una “sindrome”, visto che il già citato Dr. Morgue è affetto da una particolare forma di autismo – Rita, dimmi la verità, chi è tra voi due la più appassionata di malattie mentali?
Un episodio dunque non particolarmente originale (ah, leggendo mi è venuto in mente anche il film “le verità nascoste”), ma tutto sommato vincente, affascinante e dai tratti Dylaniati molto marcati, ivi incluso un finale che definirò solo “sorprendente” per evitare di spoilerare ancora.
Stendete ora il tappeto rosso per il gran finale: “Per Amore Del Diavolo” è firmata niente popò di meno (cioè la stessa quantità di popò, cit. Groucho) da sua maestà Chiaverotti, e disegnata dal mitico Coppola (“Il marchio rosso”, per dirne una). La storia non potrebbe esistere senza le conclamate curiosità e testardaggine del nostro eroe, giacché chi lo assume viene tolto di scena in tempistiche insospettabili. La prima cosa da sottolineare è che se i primi due episodi di questo volume erano caratterizzati da una difficoltà nell’inquadrare i “cattivi”, in questo caso viene invece fin dall’inizio esibito un palese nemico, sufficientemente odioso e al contempo temibile da trascinarci anima e cuore nella storia facendo il tifo per i vari personaggi che cercano disperatamente di opporglisi: una formula certamente vincente nel momento in cui il lettore si scopre particolarmente coinvolto. Il buon Claudio peraltro spolvera nella stessa manciata di pagine la mitica Trelkovski e quel simpaticone di Lord Chester, il cui assalto stavolta stranamente prende di mira Groucho.
Non ho fatto nomi di albi passati perché sarebbe superfluo, vi basti sapere che anche qui la tradizione è centrale: la risoluzione della trama sta in un misto di amore e occultismo che lo sceneggiatore, nonostante i 30 anni di storie, riesce ancora a far risultare funzionale se non fresca. A voler essere pignoli, c’è un piccolo escamotage narrativo che fa perno su un presunto aiuto dall’oltretomba, secondo una modalità che strizza l’occhio a quell’altro capolavoro assoluto del Chiaverotti che è Brendon (in castigo chi non lo conosce!): una piccola paraculata che, similmente a quanto detto circa il cellulare di “In fuga”, serve a dare agli eventi una svolta funzionale e avvincente.
Ragazzi, che dire? Considerato che le ultime uscite della collana regolare non mi hanno trovato particolarmente soddisfatto (sottolineo però che le ultime due sono ancora sul mio scaffale, inviolate), l’Old Boy comincia ad essere una pubblicazione per me imperdibile, non soltanto per la qualità di storie e disegni, che negli altri numeri, mi duole ammetterlo, mi lasciano spesso l’amaro in bocca, ma soprattutto per lo spessore e l’organicità della narrazione. E’ se non altro molto comodo e tendenzialmente sfizioso, almeno per noi cagnacci, dopo un anno e mezzo dal nuovo inizio e due e mezzo dalla presa del timone da parte del Rrobe, fare un raffronto tra due modalità di fare fumetto molto distanti benché compresenti sotto lo stesso nome.
Al di là dei gusti bisogna infatti comunque sottolineare l’assoluta versatilità del fumetto, che tra collana regolare e Old Boy, senza quindi contare le ulteriori pubblicazioni, riesce a sfornare un totale di 24 storie l’anno toccando, ripeto, tra alti e bassi e al netto del gradimento personale, una varietà di sfumature e sfaccettature abbastanza impressionante.
Personalmente, dopo una iniziale fiducia nella “nuova gestione”, mi sto scoprendo molto più legato a questa “cristallizzazione”. Con buona pace dei puristi che si beccano i cellulari anche nell’ “Old Boy”!
Dolan Dox
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