Correva l’anno 1993, e la Id Software di John Carmack e John Romero – dopo l’enorme successo di Wolfenstein 3D – diede i natali ad uno dei più grandi titoli della storia videoludica, Doom. Il gioco, fondato su un gameplay frenetico ed assuefacente, riuscì con il suo incredibile consenso di critica e commerciale a cementare gli FPS come uno dei principali generi sulla scena, oltre a divenire ovviamente il metro di paragone e d’ispirazione per gli sviluppatori tutti (tanto che per anni gli sparatutto a venire sarebbero stati definiti “Doom Clones”). La violenza, l’azione veloce ed il flavor infernale a base di demoni ed iconologia occulta consacrarono Doom come un autentico fenomeno di costume: sarà riuscito un reboot, più di vent’anni dopo, a rendere giustizia a cotanta eredità?
Dopo 12 anni dall’ultimo capitolo Doom torna sulla scena e lo fa per l’appunto non con un sequel, bensì con un reboot. Lasciato alle spalle l’approccio leggermente più lento e survival horror di Doom 3 il gameplay riscopre le sue radici storiche, immergendo il giocatore in un’azione veloce e spietata – autentico monumento alla gloria del classico run’n’gun. Siamo ben lontani dai tecnicismi e dalle velleità di realismo di altri sparatutto… per fortuna! Il giocatore d’altri tempi riscoprirà in questo Doom lo spirito dei primi titoli della saga, mentre anche coloro che sono relativamente nuovi al genere o che finora hanno avuto a che fare soltanto con i soliti noti (*cough cough*) potrebbero rimanere affascinati dal suo approccio veloce e brutale, dove il sangue scorre a fiumi e – per stessa ammissione del gioco – rimanere fermi anche solo per pochi secondi è fatale. Ma andiamo con ordine.
I primi momenti della campagna single-player ci catapultano immediatamente nell’azione, riportandoci in quello scenario che da sempre fa inevitabilmente da sfondo alle avventure del nostro eroe: Marte, il pianeta rosso, infestato dalle orde demoniache ansiose di utilizzare la nostra carcassa per renderlo ancora più rosso. Ciò che appare chiaro sin dalle prime battute è che questa volta Id Software ha cercato di costruire una trama che desse un minimo di spessore alle vicende del Doom Marine, che permettesse di creare una vera e propria storyline ed una mitologia nella quale inserire ciò che avviene su schermo. Diciamocelo chiaramente, tutto ciò non era assolutamente indispensabile: saremmo stati ben felici di cambiare i connotati ai demoni a suon di fucilate anche senza un pretesto per farlo. Tuttavia chi vi scrive trova tutto ciò molto gradevole: la vicenda non brilla certo per innovazione o complessità, beninteso, ma si segue bene e non manca di suscitare genuina curiosità in almeno un paio di occasioni. Il compito di ricostruire l’intero plot è affidato agli immancabili oggetti collezionabili, ma potete stare tranquilli che anche trascurandoli la vostra esperienza di gioco non ne risulterà affatto danneggiata. La campagna si snoda, ci dicono gli sviluppatori, attraverso 13 ore di gioco circa; il sottoscritto ha avuto l’impressione che questa stima fosse un po’ esagerata, ma pur non avendo avuto modo di tener accuratamente conto della durata del single player (abbiate pazienza) è sufficientemente chiaro che ci si trova innanzi ad un prodotto più longevo del solito per uno sparatutto.
Per quanto riguarda il numero di volte in cui ci troveremo a morire orribilmente, ci troviamo di fronte ad una difficoltà ben calibrata che offre diversi livelli di impegno e di sfida, tra cui la famigerata modalità “Ultra Nightmare” nella quale non solo i demoni saranno più forti e tenaci, ma saremo persino puniti per i nostri fallimenti con la permadeath che ci rispedirà dritti dritti all’inizio del gioco. Nella nostra impresa incontreremo nuovamente tutte quelle meccaniche tipiche delle vecchie glorie: nessuna necessità di ricaricare la nostra arma tra un massacro e l’altro, doppio salto, vitalità che potrà essere ripristinata solo trovando gli appositi medikit, e le immancabili tessere di accesso gialle, blu e rosse. Fanno la loro comparsa, ovviamente, una manciata di novità atte ad introdurre comunque una nota di innovazione nel gameplay: si va dai Praetor Tokens, che verranno utilizzati per migliorare le prestazioni della nostra armatura garantendoci maggiore vita o protezione, ai droni che ci consentiranno di modificare le nostre armi conferendo loro funzionalità secondarie assai potenti, per finire con le rune demoniache che, iscritte sulla nostra armatura, ci garantiranno ulteriori capacità speciali (posto che riusciamo a sbloccarle affrontando apposite sotto-missioni). Punto di forza dell’esperienza di gioco è la presenza delle Glory Kills, le fatality squisitamente splatter grazie alle quali potremo dare il colpo di grazia ai nostri avversari e che ci permetteranno di racimolare copiose quantità di pick up e gratificazione personale.
La veste grafica di Doom si presenta gradevole, con un impatto visivo che rischiara gli ambienti cupi delle installazioni fantascientifiche marziane con buoni effetti di luce ed una qualità delle texture sicuramente apprezzabile. Gli utenti della versione PC potranno ovviamente godere di una qualità grafica superiore, specialmente per quel che concerne la qualità delle ombre e degli effetti in generale. Uno degli aspetti per i quali Doom ha fatto parlare positivamente di sé è il suo ottimo frame rate, sempre stabile sui 60 fps: niente, nel corso del gioco, è in grado di far calare questa prestazione – non importa quanti nemici, esplosioni o effetti di luce ci siano su schermo. Il design dell’ambientazione, delle armi e – ovviamente – dei nemici è molto buono: tutto si rivela ben caratterizzato ed i fan della saga saranno felici di incontrare nuovamente quasi l’intero cast dei vecchi capitoli. Sono proprio loro, i demoni, a fare gran bella figura su schermo: la loro rimodernata veste grafica si unisce ad animazioni fluide e convincenti, oltre che a meccaniche di gioco che li differenziano profondamente gli uni dagli altri e che porteranno ben presto il giocatore a stabilire una propria strategia per affrontarli efficacemente, specie se in gruppo.
Il comparto sonoro di Doom è estremamente soddisfacente: non solo fanno il loro ritorno molti effetti sonori familiari tipici della serie (…ci tenevano davvero tanto a gratificare i vecchi fan!), ma la colonna sonora è di tutto rispetto: molto ambientale, quasi sottotono nelle parti esplorative, dirompente durante le fasi d’azione grazie ad una soundtrack assolutamente notevole, ascoltare per credere. Alternando brani metal a pezzi tech/industrial, il gioco riesce sempre a sottolineare lo spirito aggressivo e violento del gameplay, investendo il giocatore con una colonna sonora potente come un camion carico di demoni in fiamme che si schianta contro una fabbrica di esplosivi (spero di aver reso l’idea).
Il multiplayer riporta i veterani degli FPS alle radici del genere: in molti ritroveranno infatti nelle battaglie di Doom il sapore degli scontri adrenalinici di Quake, Unreal e compagnia. Le varie modalità catapultano i giocatori, da soli o in squadra, in arene da inzuppare di sangue grazie non solo alle armi (tra cui spiccano alcune aggiunte esclusive della modalità multiplayer) ma anche alla presenza di rune che consentiranno di assumere per un periodo di tempo limitato la forma di un potente demone, pronto a riversare sugli avversari la violenza dei propri armamenti infernali. La mia personalissima opinione è che qualche piccola sbavatura, nel gioco multiplayer, ci sia: un numero certo non elevato di arene in cui sfidarsi (sebbene futuri DLC andranno senz’altro a colmare questa lacuna), ma prima di ogni altra cosa la volontà di affidare la personalizzazione del personaggio ad un sistema di classi che sa di già visto in altri – ben differenti – FPS; perché costringere il giocatore a creare diversi profili differenziati dallo schema “arma 1 + arma 2 + granata”, quando si poteva premere fino in fondo il pedale della nostalgia e lasciare che i contendenti trovassero le proprie armi direttamente sparse nel livello? Ovviamente si tratta di un’osservazione figlia del gusto personale di chi scrive, ci mancherebbe, ma non si può fare a meno di concordare che una soluzione di questo tipo sarebbe stata sicuramente più appropriata in un gioco che fa dell’old school il suo punto di forza in tutto e per tutto.
Ultima ma non certo per importanza è la grande novità di questo Doom: l’editor di livelli SnapMap. L’utenza PC è da sempre abituata a poter disporre di strumenti di modding ed editing per i propri giochi: ebbene, SnapMap regala la possibilità di creare contenuti personalizzati anche ai giocatori su console. L’editor è pieno di utili strumenti, attraverso i quali sarà possibile creare livelli lineari, arene multiplayer, ma anche contenuti del tutto imprevedibili: la potenza e malleabilità dei suoi tool hanno permesso infatti agli utenti di costruire di tutto, da un gioco di memory a una versione quantomeno bizzarra di Harvest Moon. La vastità delle opzioni disponibili e di ciò che è possibile inserire nelle proprie creazioni attraverso di esse potrebbero forse scoraggiare qualcuno, ma non c’è niente da temere: il loro utilizzo è stato semplificato al massimo proprio per consentirne il facile impiego anche da parte di chi non dispone di conoscenze in termini di programmazione, oltre questo all’interno del gioco stesso sono presenti diversi tutorial che vi insegneranno a scatenare orde di demoni sul resto del mondo in poco tempo. La cosa migliore dell’editor SnapMap? Le mappe create attraverso di esso sono cross-platform, il che significa che la community potrà condividere le proprie creazioni indipendentemente dalla preferenza per PS4, Xbox One o PC.
In definitiva Doom è un ottimo prodotto, che consiglio con tutto il cuore: un gioco dal quale non potete assolutamente esimervi se vi ritenete fan del genere sparatutto. Questo autentico ritorno alle origini non potrà che allettare coloro che, come ad esempio chi vi scrive, trovano ormai da tempo un po’ di piattezza e ripetitività negli FPS comparsi sulla scena negli ultimi anni. Se appartenete alle più recenti generazioni di giocatori, questa infernale iniezione di adrenalina, velocità e violenza vi conquisterà; se invece appartenete alla vecchia guardia e siete cresciuti con Wolfenstein 3D, Duke Nukem 3D o con i Doom originali, lasciate che ve lo dica poggiandovi una mano sulla spalla: sì, il Re è tornato!
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