No Man’s Sky (PS4)

Voto:

Vi è mai capitato di fantasticare sui viaggi interstellari, perdervi nell’immaginazione di mondi sconosciuti ed esseri viventi completamente fuori da ogni logica? A me succede un po’ anche ogni volta che vedo le foto scattate dal rover Curiosity su Marte, mi dico: “wow, non sono altro che rocce e sabbia..ma è un altro pianeta! Chissà cosa proverà il primo astronauta che in un qualche futuro calpesterà il suo suolo”. Da circa un secolo a questa parte la creatività umana si è sbizzarrita sul tema dello spazio e della sua esplorazione, prima attraverso la letteratura, poi anche con il cinema e la tv, fino ad arrivare ai videogiochi. No Man’s Sky nasce proprio dall’amore per un certo tipo di fantascienza e dalla ricerca di quel senso di meraviglia che la scoperta di nuovi mondi può regalare. Forse anche per questo Hello Games ha scelto di dargli una natura procedurale, per far sì che non ci fosse nulla di già disegnato e prestabilito, ma una moltitudine sterminata di sistemi solari, pianeti e animali generati randomicamente da esplorare, alimentando concretamente la curiosità dei giocatori.

L’inizio del viaggio è uguale per tutti, cambia solo il pianeta di partenza, anch’esso del tutto casuale come gli altri: la nostra astronave è rotta e ci servono materiali per ripararla e combustibile. In questa prima fase tutorial, non troppo guidati per mano, impareremo come funzionano la nostra exo-tuta e il multi-tool, oltre ai primi rudimenti di crafting. Scopriremo inoltre che i pianeti sono sorvegliati da esseri meccanici chiamati “sentinelle“, che s’incazzeranno se ci vedranno distruggere qualsiasi cosa ci si pari davanti. Io giustamente preso dalla foga del momento la prima volta ho deciso di combatterli, senza sapere che ne sarebbero arrivati di più grossi che mi avrebbero fatto morire male. Per fortuna in questi casi si viene rigenerati alla propria astronave e basterà trovare la “tomba” nel punto in cui siamo morti per recuperare tutto l’inventario perso.

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Il fulcro di tutto il gioco è l’esplorazione e il gameplay è totalmente asservito ad esso. Si crea un circolo vizioso fatto di farming, crafting, gestione delle risorse, commercio e scoperta di nuovi progetti il cui fine ultimo non è altro che quello di continuare il viaggio ed arrivare sempre più lontano. Si tratta di meccaniche che rendono il ritmo di gioco davvero molto lento e capace di spazientire la maggior parte dei giocatori medi, senza contare che non ci sono ufficialmente missioni da compiere o una trama avvincente alla quale appassionarsi. Lo so, sembrano premesse terribili, ma in realtà approcciandosi al gioco senza alcun tipo di aspettativa questo riesce ad essere appagante e a dare assuefazione, tenendo sorprendentemente incollati allo schermo per svariate ore senza annoiare.

Nonostante al giocatore non vengano dati esplicitamente obiettivi da perseguire, sono stati inseriti tanti subdoli input che permettono di dare un senso al proprio viaggio. Primo fra tutti, il poter viaggiare tra i sistemi solari non a caso, ma seguendo la “via dell’Atlante” o tentando di arrivare al centro della galassia, anche se (un po’ ve lo spoilero per il vostro bene) queste strade non portano a chissà cosa, sono solo un pretesto in più per rendere accattivante il gioco e tutto sommato funzionano, ma sicuramente gli sviluppatori avrebbero potuto sforzarsi di rendere questi percorsi meno deludenti al loro completamento. Ciò che personalmente mi ha appassionato più di ogni cosa, però, è la lore di cui è intriso il gioco: ho basato il mio viaggio sulla sete di conoscenza, tentando di apprendere quanto più possibile sui linguaggi alieni e le loro storie antiche. Dovete sapere infatti che nell’universo di No Man’s Sky esistono tre razze distinte di forme di vita intelligente: Korvax, Gek e Vy’kenn, con i quali è possibile interagire all’interno di punti d’interesse come empori, accampamenti e stazioni spaziali. E’ bene imparare le parole delle loro diverse lingue, così da trarre il maggior beneficio da queste interazioni: è possibile farlo toccando speciali pietre sparse per i pianeti, oppure grandi monoliti e rovine aliene, così che quando a schermo comparirà il testo con la frase pronunciata da loro, questo verrà tradotto. Monoliti e rovine ci sveleranno anche l’antica storia di questo universo, dandoci nozioni sull’Atlante, la forza misteriosa al limite del religioso che lo permea completamente, le sentinelle e i conflitti tra le tre razze aliene, con testi che rendono bene omaggio alla migliore letteratura di fantascienza. Interessanti anche gli edifici abbandonati devastati da una strana melma che di tanto in tanto capiterà di incontrare.

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L’esperienza di gioco molto rilassata trova qualche piccolo sbocco action quando si viene aggrediti dalle sentinelle o si subisce un attacco inaspettato da parte di pirati spaziali. Poi ci sono situazioni fortuite da affrontare come pianeti tossici, radioattivi, estremamente caldi o estremamente freddi, o le cui condizioni possono variare in base a determinati fenomeni meteorologici o ai cicli giorno/notte, e per difendersi da tutto ciò dovremo craftare apposite protezioni per la tuta. Qui mi ricollego al discorso del circolo vizioso accennato prima, poiché appunto per craftare qualcosa o apportare miglioramenti alla exo-tuta e all’astronave bisognerà prima trovarne i progetti sparsi un po’ ovunque, il che porta a fare molta esplorazione, ma può darsi che poi i materiali di cui abbiamo bisogno siano scarsi nel pianeta in cui ci troviamo e quindi ci tocchi cercare altrove, e magari una volta trovati ci renderemmo conto che gli slot della tuta e della nave non bastano più e quindi giù di commercio selvaggio per potenziarli, cercando materiali preziosi da vendere, o ancora meglio strani oggetti come i vorticubi o manufatti alieni (ah, per inciso si ricevono soldi anche con la scoperta di sistemi solari, pianeti, animali e piante). Nel frattempo astronave, sistemi vitali e multi-tool si scaricheranno e richiederanno di essere alimentati con materiali da farmare o comprare. Insomma, grosso modo dovrei aver reso meglio l’idea o quantomeno ci ho provato.

Vi sembra ripetitivo? Lo è. Il punto è che la gestione di alcuni tempi di gioco è data completamente in mano al giocatore, e se ad esempio a una certa ci si stufa di raccogliere oro per far soldi, si è liberi di raggiungere lo stesso scopo per altre vie, come ad esempio attaccare delle astronavi cargo (con tutte le conseguenze del caso), il che consente di metterci una pezza. La vera ripetitività è visiva: in particolare per quanto riguarda flora, edifici e monoliti, ci si pareranno davanti sempre gli stessi modelli. Davvero, possibile che in un universo fatto di miliardi di pianeti, gli edifici abbiano tutti la stessa identica struttura interna con gli arredi identici? Che poi, alieni intelligenti ce ne sono, e ad un certo punto diventa lecito chiedersi perché mai ne incontriamo solo uno in ogni struttura e non esistono, che so, piccoli villaggi o città, non dico necessariamente esplorabili, data la complessa natura del gioco, ma che quantomeno rendano l’idea delle colonizzazioni attuate da questi esseri. Per fortuna gli animali generati casualmente un po’ si salvano e risultano davvero bizzarri e interessanti, ma anche molti di loro alla lunga possono finire per somigliarsi.

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Se i Korvax ascoltassero musica terrestre, i loro preferiti sarebbero i Daft Punk

La proceduralità del gioco ne è contemporaneamente croce e delizia, poiché da un lato dà senso all’esplorazione restituendo davvero la sensazione di andare incontro all’ignoto, dall’altro crea problemi e pone limiti non indifferenti. Il primo problema che salta all’occhio è il pop-up continuo dello scenario intorno a noi quando lo sorvoliamo con l’astronave, praticamente il pianeta si genera sotto i nostri occhi e in un titolo in prima persona del genere che vuole fare dell’esplorazione e l’immedesimazione il suo forte, questo si rivela una fastidiosissima nota stonata. Sempre rimanendo in tema, si trovano spesso elementi sospesi a mezz’aria ed è facilmente constatabile una disarmante assenza della fisica: cominciando a distruggere una roccia dalla base, la parte superiore continuerà a levitare nel vuoto, oppure se atterriamo con l’astronave su un albero e poi distruggiamo quest’ultimo, la nave non cadrà e rimarrà nel punto d’atterraggio come nulla fosse. L’intelligenza artificiale di animali e sentinelle poi è estremamente basilare, si piantano contro gli oggetti, camminano sul posto e nello specifico seminare le sentinelle è una passeggiata, basta anche semplicemente entrare in un edificio vicino per far perdere le proprie tracce. Infine, il frame rate è piuttosto instabile e non è raro che scenda sotto i 30fps, un po’ più rari ma comunque da segnalare, invece, i crash che il gioco può subire inaspettatamente a prescindere da cosa stia accadendo a schermo.

Parlando di grafica, ovviamente sempre per le ragioni di cui sopra non c’è da aspettarsi chissà quali meraviglie, ma è sicuramente uno dei giochi procedurali più belli che io abbia visto finora. I pianeti sono così omogenei e ben realizzati che quasi si stenta a credere che siano generati casualmente e non già modellati da qualche designer. L’impatto d’insieme è molto gradevole e con i suoi colori vivaci richiama parecchio i film e le serie tv di fantascienza anni ’70. Le musiche che accompagnano il viaggio, sebbene siano tappeti sonori del tutto anonimi, riescono a svolgere bene la loro funzione riempitiva senza dare alcun fastidio.

Abbastanza deludenti le funzioni online che si limitano al poter caricare le nostre scoperte sul database principale. Nell’immensa solitudine che si prova in questo gioco (gli NPC non bastano), che per carità ha anche un suo perché, non sarebbe male incontrare anche solo di rado altri giocatori veri con i quali fare commercio e scambio di informazioni, oppure attaccarli per impadronirsi dei loro averi. In realtà sembra che queste caratteristiche rientrassero nelle iniziali intenzioni degli sviluppatori, poi evidentemente scartate per qualche ragione. Mi auguro che in futuro anche questi aspetti possano essere implementati.

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Ah, si può viaggiare attraverso i buchi neri, ed è a dir poco suggestivo

No Man’s Sky nonostante qualche problematica di troppo rimane un gioco estremamente affascinante, capace di regalare emozioni a chi ha sempre sognato di immedesimarsi nei panni del capitano Kirk o di Doctor Who. Tirando le somme, la pretesa del titolo è solo quella di regalare ai giocatori appassionati di fantascienza l’esperienza di un viaggio in solitaria in un universo sconosciuto, intrattenendoli fintanto che si sentono stimolati a scoprire nuove cose. Alcuni potrebbero stufarsene subito, altri passarci svariate decine di ore, è un qualcosa di estremamente soggettivo.

Potrei azzardarmi a paragonare l’esperienza su questo gioco alle relazioni sentimentali: non importa tanto l’attimo in cui l’interesse svanisce, quanto tutti i bei momenti passati assieme fino ad allora.

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RocketSimoon Articoli
Appassionato di film e videogiochi da quando c'erano ancora videocassette e floppy disk, da meno tempo anche di serie tv. Sono curioso per natura e per questo non specializzato in un unico genere, ma tendo a preferire horror, thriller e azione.

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