Inside (PS4)

Voto:

A distanza di ben 6 anni dal loro primo e acclamatissimo gioco Limbo, finalmente i Playdead sono tornati a deliziarci con un nuovo titolo su PC e console. Inside ha tanti punti in comune con il suo predecessore, in primis il genere di puzzle-platform, un ragazzino come protagonista e una trama fortemente criptica.

Anche qui la componente narrativa non è esplicita, ma suggerita per mezzo di immagini e dettagli, non interpretabili in maniera univoca. Sembrerebbe di trovarsi in una società orwelliana con parte dell’umanità ridotta a semplici burattini nelle mani dei potenti, però altri elementi cozzano con questa impressione superficiale, e così c’è anche chi ci vede la storia di un esperimento andato male o (la teoria più azzardata quanto affascinante secondo me) addirittura una grande allegoria sul cancro, ma anche in questo caso non tutto combacerebbe. La conclusione a cui sono arrivato io è che gli sviluppatori abbiano semplicemente lasciato correre la fantasia, avendo in mente più le emozioni da voler trasmettere che una storia ben definita. Che piaccia o meno lo stile di lasciare all’utente finale l’interpretazione del tutto, c’è da dire che non è cosa da tutti riuscirci così bene e dar vita a discussioni e confronti interessanti quanto quelli scaturiti da questo gioco.

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Il gameplay di Inside è minimale e prevede, oltre all’utilizzo dei tasti direzionali, semplicemente un tasto per saltare e uno per interagire con alcuni elementi dello scenario. I puzzle la fanno da padrone e, complice anche il tipo di ambientazione, si rivelano sempre molto poco canonici, ma non arrivano mai ad essere frustranti, questo grazie ad un eccellente lavoro di level design che rende la loro risoluzione sempre molto intuitiva e talvolta forse anche un po’ troppo semplice. Molte meccaniche fanno leva principalmente sulla fisica di gioco, impeccabile, e su alcuni effetti di luce.

Il ritmo dell’avventura è sempre molto alto e la parola “ripetitività” è completamente bandita. Il gioco cambia forma e regole in continuazione in base al contesto in cui ci si trova, senza istruzioni (sarebbero inutili) o indicatori di sorta, mantenendo sempre però un fil rouge costituito dalle sue meccaniche di base, così che il giocatore possa riuscire a cavarsela in molte situazioni anche senza fare troppo trial and error, con la giusta dose d’attenzione. Non voglio rivelarvi nello specifico i dettagli su cosa vi ritroverete a fare in questo titolo, perché vi priverei di tutti quei momenti in cui potreste rimanere sinceramente stupiti e a bocca aperta, vi basti sapere che è incredibile come i Playdead siano riusciti a creare un gameplay tanto essenziale, quanto profondo e creativo: chapeau!

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Anche per quanto riguarda la grafica, la semplicità rimane un fattore chiave, i modelli e le texture in fondo sono poco più che basilari, ma non bisogna valutare molte finezze che contribuiscono a creare un colpo d’occhio generale estremamente affascinante, come animazioni meravigliose, bellissimi giochi di luce o anche effetti dell’acqua ottimamente riusciti.

C’è poco da girarci intorno: il punto forte di Inside, più di ogni altra cosa, è il suo comparto artistico, a partire dalla creazione di un’ambientazione principalmente grigia e scura, nella quale spicca la colorata maglietta rossa del protagonista. Il gioco trasmette emozioni da ogni pixel, principalmente angoscia e paura, e anche stavolta l’assenza di una vera e propria colonna sonora si è rivelata quanto mai azzeccata, soprattutto se poi gli effetti sonori dell’ambiente e non solo sono così accurati come in questo caso. La morte del personaggio è un’altra cosa che mi ha lasciato sempre piacevolmente basito per la pacata e cinica brutalità con cui viene mostrata: capita che il ragazzino venga smembrato in un attimo sotto i nostri occhi senza una musica che evidenzi l’evento o altro, solo silenzio, poi dissolvenza e si riparte subito dall’ultimo checkpoint (quest’ultimi semplicemente perfetti).

Sotto un profilo puramente tecnico, non ho alcun problema da segnalare, nemmeno un piccolo bug o glitch, niente di niente.

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Il difetto più grande del gioco è che dura poco, davvero troppo poco, e non ha caratteristiche che lo predispongano granché alla rigiocabilità (ci sono dei meccanismi nascosti da disattivare e un finale segreto, ma non li ritengo fondamentali). Nel complesso, Inside è un piccolo capolavoro da non lasciarsi scappare, i Playdead hanno ampliato di parecchio le idee alla base di Limbo per creare qualcosa di ancora più bello, inquietante e stimolante. Si tratta proprio di un modo particolare ed originale di intendere un videogioco, che esula da molti canoni classici e a cui le etichette stanno un po’ strette.

Questi sviluppatori ormai si sono guadagnati rispetto e fiducia incondizionati da parte mia, e spero continuino a crescere per riuscire ad esprimere tutto il loro potenziale in giochi sempre più belli.

RocketSimoon Articoli
Appassionato di film e videogiochi da quando c'erano ancora videocassette e floppy disk, da meno tempo anche di serie tv. Sono curioso per natura e per questo non specializzato in un unico genere, ma tendo a preferire horror, thriller e azione.

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