Il quarto Difensore della Marvel è finalmente arrivato su Netflix, accompagnato purtroppo da un grosso alone di negatività, dovuto ai pessimi pareri dei critici americani che avevano visto la serie in anteprima. Eppure Iron Fist non è affatto così male, e gli spettatori stessi hanno avuto modo di ricredersi sulla sua qualità non appena è uscita.
La serie racconta del ritorno di Danny Rand a New York dopo 15 anni, quando ormai tutti lo credevano morto assieme ai suoi genitori in un incidente aereo sull’Himalaya. Suo padre era il proprietario della ricca Rand Enterprises, e Danny si reca subito presso la sede principale di quella che è anche la sua compagnia, sperando di essere riaccolto a braccia aperte, ma le cose non vanno affatto come si aspettava.
Apprendiamo che a seguito dell’incidente, Danny è stato salvato da dei monaci e per tutti questi anni è stato addestrato al combattimento fino ad ottenere persino l’eccezionale potere dell’Iron Fist, che gli consente di concentrare il proprio chi nel pugno ed eseguire colpi devastanti. Secondo quanto gli è stato insegnato, chi possiede questo dono diventa un’arma vivente, tra i cui doveri c’è quello di combattere La Mano, un’oscura e temibile organizzazione asiatica. Per uno strano scherzo del destino, è proprio a New York che Danny troverà La Mano, al contrario di dove si sarebbe aspettato.
Questa è la serie che si ricollega di più a Daredevil, sia per il nemico comune che per la massiccia presenza di arti marziali, ma mentre da un lato questa cosa è interessante, dall’altro diventa uno dei problemi più evidenti: a differenza di Jessica Jones e Luke Cage, la serie non riesce ad essere godibile anche di per sé, ma necessita della visione delle prime due stagioni di Daredevil. È come se fosse stata scritta sì per introdurre Danny Rand, ma più che altro per ampliare il discorso de La Mano e preparare il terreno alla serie dei Defenders.
Inoltre in confronto ai suoi predecessori manca di un’identità propria: Devil è quella più supereroistica, Jessica Jones ha l’impostazione noir e Luke Cage quella da ghetto story, mentre Iron Fist sembra voler puntare molto sulle arti marziali, ma con risultati maldestri. I combattimenti hanno una qualità molto altalenante, e si passa continuamente da scene spettacolari ad altre davvero imbarazzanti. Nello specifico sono le coreografie eseguite dal protagonista Finn Jones a far storcere di più il naso, mentre in questo senso le performance di Jessica Henwick (Colleen Wing), Ramón Rodríguez (Bakuto) e Sacha Dhawan (Davos) sono decisamente più convincenti.
Per dare un tocco di personalità in più alla serie è stato anche sfruttato il verde nella fotografia (così come è stato fatto col rosso, il viola e il giallo nelle altre), ma questa da sola non basta.
Ad ogni modo se vi approcciate alla visione di Iron Fist dopo aver visto le precedenti serie realizzate da Marvel e Netflix, sarete in grado cogliere tutti i riferimenti e ne rimarrete abbastanza soddisfatti. La trama riesce ad essere molto intrigante, soprattutto nella prima metà della stagione, e vi ritroverete a divorare una puntata dopo l’altra grazie a cliffhanger orchestrati a dovere, bei colpi di scena, e una buona spolverata di violenza. Complessivamente però non aspettatevi nulla di troppo eclatante.
Uno dei punti di forza della serie sono sicuramente i personaggi. Ward e Joy Meachum, figli del socio di Rand senior ora a capo della compagnia, sono quelli che mi hanno colpito di più per l’evoluzione che subiscono nel corso della stagione. Secondo me la migliore interpretazione è quella di Tom Pelphrey nel ruolo di Ward, seguito subito da David Wenham in quello del padre Harold Meachum. Nonostante la questione dei combattimenti, comunque, bisogna dire che ha dato un’ottima prova anche Finn Jones, rivelandosi azzeccatissimo nella parte di Danny, peccato che non lo si veda ancora con un costume ufficiale, ma per com’è stata scritta la storia effettivamente avrebbe avuto poco senso. Purtroppo, come successo con Luke Cage, manca anche qui un villain all’altezza di Wilson Fisk e Kilgrave, anche perché la vera minaccia sullo sfondo rimane La Mano, che probabilmente però assumerà sul serio un ruolo di primo piano nei Defenders. Tra i personaggi già incontrati, qui ritroviamo Madame Gao, la Hogarth e l’immancabile Claire Temple, fil rouge di queste serie Marvel, sulla quale vengono forniti indizi riguardo possibili ed interessanti sviluppi futuri.
Iron Fist si concentra molto più sul fare da trampolino di lancio alla serie dei Defenders che a valorizzare il personaggio protagonista, ma sicuramente si piazza al di sopra della sufficienza. La storia risulta pienamente comprensibile ed interessante solo a patto di aver visto le precedenti serie Marvel approdate su Netflix, visti i tantissimi collegamenti, ma è anche vero che le stagioni di queste sono pensate per essere guardate in ordine di uscita, quindi approcciarvisi come se fossero a sé stanti non è mai il massimo. Ad ogni modo intrattiene con piacere e la sua visione è comunque imprescindibile per prepararsi all’arrivo dei Difensori.
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