Blackwood Crossing appartiene a una categoria molto delicata: quella dei giochi basati quasi esclusivamente sulla narrativa, che molti non esiterebbero a definire con disprezzo dei non-giochi. Io invece apprezzo molto questo genere e penso che abbia tutto il diritto di esistere, perché alcune storie per mezzo dei videogiochi riescono ad esprimere un potenziale che sarebbe impensabile altrove. Titoli di questo tipo però non sono facili da realizzare e si può incorrere tanto in capolavori quanto in immonde schifezze; per fortuna Blackwood Crossing sta nel mezzo e riesce a regalare un paio d’ore di buone emozioni, onestamente e senza troppe pretese.
Nei panni di Scarlett, una ragazza dai capelli rossi con graziose lentiggini e grandi occhioni verdi (sarà ispirata ad Emma Stone?), inizieremo il gioco all’interno di un treno in corsa e dovremo andare alla ricerca del nostro esuberante fratellino Finn, ma non appena lo troveremo succederà di tutto. Non posso fornirvi molti dettagli perché potrei incorrere facilmente in spoiler, vi dico solo che è come trovarsi all’interno di un grande sogno, accadono cose surreali e ci troviamo continuamente di fronte a location completamente diverse tra loro, nei modi più impensabili. L’atmosfera onirica è forse ciò che ho apprezzato di più all’interno del titolo, perché è realizzata davvero bene.
La storia, soprattutto nel finale, raggiunge bei livelli in quanto ad emozioni, peccato che quello che dovrebbe essere il colpo di scena principale sia prevedibile sin dai primi minuti, e che la trama alla fine di tutto lasci insoddisfatti: magari alcuni dettagli sono volutamente vaghi, ma l’effetto che si ottiene non è quello sperato della libera interpretazione, quanto semplicemente la sensazione che manchi qualcosa. I protagonisti sono orfani, e il tema principale è quello della loro crescita in questa situazione, e della distanza che si crea tra di loro quando Scarlett, la sorella maggiore, abbandona l’infanzia ed entra nell’adolescenza. Il gioco quindi offre più un bel mix di emozioni ed interessanti spunti di riflessione, piuttosto che una vera e propria storia appassionante.
Il gameplay consiste principalmente nell’esplorazione e nella risoluzione di semplici puzzle. Il più delle volte si tratta di far combaciare tra di loro le frasi di misteriosi personaggi mascherati, attraverso i quali ci verranno peraltro forniti indizi utili a capire cosa sta succedendo. In alcuni dialoghi sono state inserite anche diverse modalità di risposta, ma queste hanno il solo scopo di garantire una maggiore immersività e non influenzano in alcun modo l’avanzare della storia (per dovere d’informazione, il gioco è in inglese con sottotitoli in italiano). Nulla di particolarmente complicato insomma, ma questa è una caratteristica comune nel genere, come lo è anche purtroppo uno dei difetti peggiori del gioco: spostarsi. La camminata di Scarlett è fin troppo rilassata, e non c’è modo di correre o camminare più velocemente, di conseguenza risolvere puzzle che prevedono grandi (ma neanche troppo) spostamenti diventa un’esperienza noiosa e frustrante. Mi è capitato spesso di mettermi a controllare le notifiche sul telefono per ingannare l’attesa durante le camminate. Non va bene, questa cosa mi fa sempre pensare che si tratti di un modo per allungare il brodo. Un problema minore, che riguarda più che altro la versione console da me giocata, è quella di puntare bene oggetti e personaggi con cui interagire, perché per mezzo degli analogici questa cosa si è rivelata di una legnosità unica, e non aiuta molto neanche la possibilità di modificare la sensibilità della visuale tra le opzioni.
Modelli, animazioni e design dei personaggi sono ben riusciti, un po’ meno le ambientazioni e tutti gli elementi che le compongono. Tecnicamente il titolo non è granché, ma complessivamente l’impatto visivo riesce ad essere gradevole, grazie ad una buona direzione artistica, infatti anche dal punto di vista della colonna sonora ci sono accompagnamenti piacevoli, seppur non particolarmente memorabili. Peccato per qualche calo di frame che ogni tanto rovina la poesia.
Blackwood Crossing è un titolo gradevole ed emozionante, che però non riesce a lasciare un segno profondo nel giocatore ed è afflitto da qualche problema che ne ammazza il ritmo. Tutto sommato comunque il piccolo team britannico di PaperSeven ha fatto un buon lavoro, e ha dimostrato di avere idee molto valide. Considerando poi il prezzo di base a cui il gioco è venduto (circa 16 euro), ci troviamo di fronte ad un prodotto onestissimo. Se la tipologia di gioco vi piace e soprattutto vi affascinano le atmosfere oniriche, provatelo senza incertezze.
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