Spesso, quando mi trovo davanti ad un prodotto d’intrattenimento molto particolare, mi piace immaginare i diversi processi che hanno portato alla realizzazione di una determinata idea. Ecco, mentre giocavo a Maize immaginavo i ragazzi di Finish Line Games sbracati su dei pouf a fumare erba come se non ci fosse un domani, avvolti da una fitta nebbia dalla quale a un certo punto spunta una voce dicendo: “Sapete cosa dovremmo fare?”, “Cosa?” risponde un altro pigramente, “Un gioco basato su del mais parlante… oh, e ci mettiamo anche un orso di pezza che cammina e parla russo!”, e tutti in coro: “Oh sì cazzo, geniale, sei un fottuto genio, amico!”.
A parte i miei viaggi mentali, Maize è davvero molto strano. All’inizio veniamo catapultati non si sa come e perché nel mezzo di un labirintico campo di mais (il nome del gioco significa “granturco”, ma la pronuncia si confonde facilmente con quella di maze, “labirinto”, difatti avremo spesso a che fare con ambientazioni intricate), che è parte di una grande fattoria abbandonata. Cominciamo a raccogliere oggetti e risolvere enigmi senza una motivazione ben identificata, finché non scopriamo che le piante di mais attorno a noi sono senzienti, e ci conducono in una struttura sotterranea in cui incontreremo un orso di pezza russo molto scontroso di nome Vladdy, che ci accompagnerà per tutto il resto dell’avventura aiutandoci dove occorre.
L’identità del nostro anonimo protagonista, i motivi che ci spingono ad agire e le ragioni della follia agricola che ci circonda vengono ampiamente rivelati nel corso della storia e approfonditi da oggetti e documenti sparsi negli scenari di gioco. La trama è molto carina e godibile, ma il vero punto di forza del titolo risiede nell’umorismo che permea ogni suo aspetto, in parte ispirato a quello dei Monty Python. I testi sono ricolmi di nonsense, giochi di parole e battute sottili in grado di essere molto spassosi (a tal proposito devo specificarvi che il gioco è completamente in inglese), ma anche le ambientazioni presentano assurdità non indifferenti.
Ho trovato molto divertenti l’atteggiamento e i dialoghi dei mais senzienti, che in sostanza sono degli idioti scansafatiche il cui interesse principale è sonnecchiare ogniqualvolta ne hanno occasione, o al massimo accatastare scatole in giro. L’orsetto Vladdy invece sulle prime risulta simpatico, ma dopo pochi minuti il suo continuo ripetere che noi siamo stupidi, che tutti sono stupidi e che tutto ciò che lo circonda è stupido comincia a dare seriamente fastidio, così come lo “squittire” continuo dei suoi passi.
Maize, nel caso non l’aveste già intuito, è un’avventura grafica in prima persona basata sulla risoluzione di enigmi, servendosi perlopiù degli oggetti raccolti. A volte le soluzioni mi hanno vagamente ricordato Monkey Island, poiché al pari del leggendario titolo di LucasArts saremo costretti a ricorrere al pensiero laterale per sbloccare determinate situazioni, ma siamo ben lontani da quel tipo di genialità e complessità: vista anche la semplicità generale delle meccaniche e gli aiuti forniti dal gioco (gli oggetti con cui possiamo interagire sono sempre molto ben evidenziati e i percorsi che non interessano l’obiettivo del momento vengono sbarrati), gli enigmi si risolvono in maniera abbastanza intuitiva senza rimanere bloccati per più di una decina di minuti. Tutto sommato sono sempre abbastanza divertenti, ma non danno molta soddisfazione.
Purtroppo sotto il profilo tecnico il titolo soffre di alcuni piccoli problemi, che fortunatamente non rovinano l’esperienza di gioco, ma rendono comunque il tutto un po’ meno piacevole: lentezza di caricamento delle texture, pop-up e qualche calo di frame. A questi si accompagnano delle scelte semplicemente brutte, come una grafica dei menù basilare e la mancanza di un’animazione per quando il nostro personaggio si abbassa, che rende la cosa inguardabile. Anche da un punto di vista puramente artistico il gioco non stupisce, offrendo ambientazioni, personaggi e musiche gradevoli, ma perfettamente nella media.
Maize offre qualche ora di divertente e tranquillo svago, grazie soprattutto ad un umorismo efficace, una storia carina e degli enigmi interessanti per la loro assurdità, ma non complessi al punto da richiedere troppo uso di materia grigia. Un buon titolo in particolare per chi apprezza il nonsense.
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