Come ogni anno è arrivato il solito periodo colmo di grandi uscite videoludiche, ma se volete prendervi una pausa da campagne mastodontiche e partite online, non mancano occasioni per spostare l’attenzione verso titoli meno conosciuti come Max: The Curse of Brotherhood, figlio di Flashbulb Games e Wired Productions, già presente su PC ed Xbox One addirittura dal 2013, ed ora finalmente sbarcato anche su PS4 per essere riscoperto dagli utenti Sony.
Max è uno di quei giochi in grado di sorprendere. Ad un primo sguardo, dato lo stile cartoon e i colori sgargianti, sembrerebbe un prodotto rivolto ai più giovani, invece si rivela soddisfacente per qualsiasi età ed è capace persino di far riflettere un po’, grazie ad un tema di fondo abbastanza familiare a tutti, o quasi.
La trama è molto semplice, ma non per questo priva di significato. Tornando a casa, il protagonista Max trova il fratello minore intento a divertirsi con i suoi giocattoli, quindi preso dalla rabbia del momento legge in un libro una formula magica per farlo sparire, ma con sua grande sorpresa questa funziona davvero, causando l’apertura di un varco nel quale il povero bambino viene risucchiato. Resosi conto del terribile errore commesso, Max si getta a capofitto nel varco prima che si chiuda, nel tentativo disperato di recuperare il suo fratellino.
Qui comincia l’avventura, in sostanza un platform 2.5D la cui meccanica più interessante consiste nell’utilizzo di un pennarello magico, che ci permetterà di superare i livelli in modi creativi e simpatici.
Tra le cose che ho apprezzato di più del gioco, c’è l’evidente e costante paura di Max di non riuscire a salvare suo fratello, un legame in cui molti fratelli (e perché no, sorelle) maggiori si riconosceranno molto bene.
Gli scenari di gioco sono abbastanza vari e curati nei particolari, ma l’atmosfera generale, assieme al comparto sonoro, tende stranamente ad infondere tranquillità anche quando forse non dovrebbe. Troviamo foreste, paludi, oltre a mappe sotterranee che apparentemente sembrano voler trasmettere un minimo di inquietudine, ma non riescono mai in questo intento.
La varietà dei nemici invece è piuttosto scarsa, si contano sulle dita di una mano, ma quantomeno sono divertenti da affrontare. Potremo intrappolarli tra rami, liane, getti d’acqua e piattaforme di terreno utilizzando il pennarello, o in alternativa potremo usarlo per crearci una via di fuga, perché in questo gioco non esistono armi vere e proprie.
Il livello di sfida, anche nei quadri che sembrano essere più impegnativi, in realtà è praticamente inesistente, e spesso le meccaniche platform legate al pennarello sono fin troppo intuitive. Insomma, non vi ritroverete mai a spremervi granché le meningi. Fortunatamente il gameplay è arricchito dalla presenza di collezionabili che spezzano un po’ la monotonia.
Max: The Curse of Brotherhood è un titolo che sa molto di già visto, ma sicuramente può essere annoverato tra i platform più degni di nota nel catalogo PS4. Alla fine dei conti risulta abbastanza godibile ed è un ottimo passatempo per un pomeriggio tranquillo da trascorrere giocando e sorseggiando una bevanda calda.
Special thanks to Wired Productions
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