Le atmosfere gotiche hanno sempre il loro fascino, c’è poco da dire. Sono in grado di dare i brividi in maniera semplice ma efficace con poco o niente dalla loro parte. Prendete per esempio un castello scozzese, una morte misteriosa, un protagonista con il pallino dell’esplorazione e un segreto di famiglia da rivelare e avrete la trama di Black Mirror.
Sviluppato da King Art Games e distribuito da THQ Nordic, questo reboot dell’omonima trilogia di avventure grafiche in terza persona segue le vicende di David Gordon alla ricerca della verità sulla morte del padre nelle tetre e polverose sale della dimora di famiglia.
La formula del gioco è la classica: andarcene a zonzo per il castello in cerca di indizi ed enigmi da risolvere. Fin qui nulla di nuovo, direte voi, e mio malgrado vi devo dare ragione. Black Mirror non aggiunge nulla di nuovo al genere a livello di meccaniche. I comandi inoltre sono macchinosi e imprecisi e molto spesso il protagonista finirà col ritrovarsi incastrato in pochi centimetri di spazio prima che si possa sbloccare e riprendere l’esplorazione. Gli enigmi sono standard e poco innovativi: tra questi troviamo ad esempio semplici equazioni matematiche, schemi di colori particolari da riprodurre oppure osservare oggetti da varie prospettive alla ricerca di bottoni nascosti e indizi.
A livello grafico il gioco presenta uno stile retrò, ma non in senso buono. Per essere un titolo uscito a fine 2017 e che vanta una risoluzione massima in 4k, la grafica appare rozza e poco dettagliata con evidenti difetti di lipsync (diciamo pure inesistente) e un framerate ballerino anche su PC di fascia medio-alta. La musica è piacevole e d’ambientazione anche se alcune tracce sembrano fastidiosamente stereotipate e poco necessarie (cornamuse… cornamuse come se piovesse). Il doppiaggio merita una nota a parte in quanto, salvo alcune eccezioni, sembra che nessuno dei doppiatori abbia mai sentito uno scozzese parlare. Inoltre la localizzazione italiana talvolta stravolge totalmente i dialoghi lasciando il giocatore confuso e stupito. Unica nota positiva a livello grafico si rivela essere l’illuminazione che fornisce tridimensionalità e atmosfera ad una grafica altrimenti piatta e scialba.
Fin qui Black Mirror non sembra passarsela bene. A bilanciare le cose, troviamo una trama ben costruita e accattivante che ci immerge pienamente nell’atmosfera di gioco con forti richiami a classici della letteratura gotica come Edgar Allan Poe e mostri moderni del calibro di Howard Phillips Lovecraft (che sembra essere diventato il Dante Alighieri di noi nerdaccioni), per creare un background realistico e piacevolmente disturbante. I personaggi sono ben caratterizzati, anche se in alcuni casi piuttosto stereotipati (sto parlando di te, Angus), e alcuni si rivelano delle sorprese piacevoli e inaspettate nonostante la loro comune attitudine a ricordare al protagonista di farsi gli affari suoi (cosa che chiunque sano di mente farebbe trovandosi in uno sperduto castello scozzese con i peggiori soggetti immaginabili).
Tirando le somme, il reboot di Black Mirror poteva rivelarsi un gran gioco grazie alle sue atmosfere intriganti e a una trama interessante, ma purtroppo si rivela un titolo poco innovativo a livello meccanico e graficamente poco appetibile (va bene che la grafica non è tutto, ma diciamo che anche l’occhio vuole la sua parte, specie se si offre una risoluzione elevata).
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