Era il 2013 quando, tra un Transformers e un altro, e un anno prima che Godzilla (2014) rilanciasse il MonsterVerse, approdava nelle sale Pacific Rim. Aveva tutte le carte in regola per essere l’ennesima baracconata “robottoni vs mostri giganti”, invece nel suo piccolo riuscì a sorprendere, merito soprattutto di un certo Guillermo Del Toro (non a caso fresco di Oscar per The Shape of Water) che donò autorialità ad un soggetto del genere, riuscendo a dare un certo spessore alla lotta tra jaeger e kaiju.
Sono passati 5 anni ed un qualsiasi buon successo commerciale ha diritto al suo sequel: Pacific Rim – La Rivolta riprende la storia ben 10 anni dopo gli avvenimenti del primo e troviamo un mondo cambiato, che si è ormai rimesso in moto dopo i disastrosi eventi passati, ma che continua ad addestrare giovani reclute in vista di un eventuale ritorno dei nemici numeri uno.
Ritroviamo parte del vecchio cast come Rinko Kikuchi (Mako), Charlie Day e Burn Gorman unito ad importanti new entry, tra cui John Boyega (il Finn dei nuovi Star Wars) e Scott Eastwood. Protagonista di questa nuova storia è proprio la star del momento Boyega nei panni di Jake, il figlio di Stacker Pentecost (Idris Elba), uno dei più celebri eroi della vittoria di 10 anni prima. Jake però non è come suo padre (ci tiene bene a precisarlo) e vive da ex-soldato debosciato e disilluso. Per fortuna ci pensa la sorellastra Mako a riportarlo sulla retta via insieme alla giovanissima Amara (Cailee Spaeny), proprio quando una nuova e diversa minaccia sta mettendo in pericolo la Terra.
Inutile girarci attorno, l’assenza di Del Toro si sente, ma non è di certo il divario che caratterizzò (tanto per citare un esempio) i Batman di Tim Burton da quelli di Joel Schumacher: la differenza c’è, ma l’impegno del buon Steven DeKnight alla regia (showrunner della prima stagione di Daredevil) di certo non fa gettare tutto alle ortiche.
Con l’assenza di un concreto nemico, quelle che si creano sono fazioni e rivalità tra gli uomini, tra compagnie, tra nuove e vecchie reclute. Il più semplice ed efficace dei metodi per fare la conoscenza di tutti i personaggi, a dir la verità nessuno dei quali particolarmente caratterizzati (compresi quelli primari). Dunque personaggi vuoti, piatti? No, semplicemente trattati con relativa leggerezza.
La trama di questo secondo capitolo è invece una parziale sorpresa: nulla di trascendentale, sia ben chiaro, ma Pacific Rim: La Rivolta, nonostante alcune scelte narrative (addirittura delle morti) pilotate ed alquanto prevedibili, e approfondimenti psicologici solamente accennati rispetto al suo predecessore, riesce a regalare qualche buono spunto e sorprendere lo spettatore. La sensazione che si ha dopo l’intera prima parte è quella di non sapere in che direzione stia andando la pellicola, salvo poi diventare tutto più chiaro con un inaspettato colpo di scena. Ma la notizia è un’altra: nella citata prima parte la presenza dei kaiju è ridotta all’osso, a testimonianza del fatto che non si sia voluto puntare tutto soltanto su mirabolanti botte da orbi.
L’azione c’è, ma è la storia nel complesso a risultare tanto semplice quanto ben scritta e fruibile per tutta la sua durata, senza rilevanti punti morti (Michael Bay, fai un ripasso…). A farne le spese è però il simpatico duo formato dal Dottor Geiszler e il Dottor Gottlieb, ripensandoci, probabilmente uno dei piccoli punti di forza del primo capitolo: sempre rilevante la loro presenza ai fini della storia, ma non quanto ci si sarebbe aspettato.
La differenza più grande con la pellicola precedente però risiede nell’estetica, e nello specifico in una fotografia che ha abbandonato i tipici tratti dark di Del Toro, per far spazio a luminosità e colori sgargianti: questo cambio repentino di stile sicuramente non ha giovato all’originalità del film rendendo gli scontri, seppur spettacolari, chiari e magnificamente realizzati, delle copie di spezzoni dei vari Transformers.
Negli jaeger di Guillermo del Toro si percepiva giustamente la fatica, la pesantezza e per certi versi la lentezza nei movimenti di questi bestioni di metallo, stesso discorso per i bestioni kaiju; questa volta invece è tutto più stranamente naturale, “leggero” come il film stesso. La distruzione presente nel primo capitolo era tanta, ma quella che c’è qui potrebbe addirittura far invidia a Superman e Zod in Man of Steel (non a caso molti memorabili combattimenti del film del 2013 erano ambientati in mare aperto).
In fondo non c’è poi molto da dire su Pacific Rim: La Rivolta. L’impegno nel non rendere questa saga una baracconata senza senso c’è stato (Bay, fai un altro ripassino…), quello tale da sfruttare al meglio le potenzialità che questo franchise aveva dimostrato di poter avere, meno. Il film di DeKnight e il cast tutto, è giusto dirlo, fanno il loro lavoro: raccolgono una buona storia, la portano avanti discretamente e la incanalano verso possibili seguiti, di cui si sta già iniziando a parlare, senza particolari sforzi. Ciò che non è riuscito a questo sequel è stato evitare come nel primo capitolo la banalità che affligge il genere.
Pacific Rim – La Rivolta è esattamente il film che tutti si aspettavano di vedere 5 anni fa (salvo poi doversi ricredere). Veramente difficile stavolta non provare quella sensazione di “già visto”, ma d’altronde non si può avere sempre tutto e in tempi come questi, nel suo genere, una pellicola come questa risulta un prodotto tutto sommato soddisfacente, in particolare per le grandi masse. Dopotutto poteva andare a finire come Independence Day: Rigenerazione… pericolo scampato.
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