La mia opinione sul nuovo God of War arriva sicuramente con un certo ritardo rispetto alla sua uscita. Avrei potuto giocarlo arrivando dritto al finale e dunque risparmiare tempo per scriverne il prima possibile, oppure farne la recensione senza concluderlo, ma alla fine ho optato per godermelo appieno con i tempi a mia disposizione. Ecco, un primo e fondamentale pregio del titolo è quello di essere davvero divertente: mette addosso una gran voglia di giocarci ogni giorno per ore e di essere spolpato in ogni suo aspetto, dunque non ho resistito ad esplorare molto e fare un gran numero di missioni secondarie. Ma facciamo un passo indietro.
Cosa rappresenta questo quarto capitolo di God of War (senza contare prequel e spinoff)? Lo si evince chiaramente dall’assenza di numeri o sottotitoli. Questo è un nuovo punto di partenza per il franchise, che presenta premesse completamente inedite, ma senza tagliare i ponti col passato. Il protagonista è sempre lo spartano Kratos, ma lo ritroviamo a molti anni di distanza dal terzo capitolo, invecchiato, esiliatosi nelle lontane terre del nord, e di nuovo padre con un figlio di nome Atreus. In quanto alla madre del bambino… il titolo inizia col suo funerale, e da qui l’obiettivo finale di Kratos e Atreus sarà quello di esaudire il suo ultimo desiderio: spargere le sue ceneri sulla vetta più alta. Nulla di troppo complicato apparentemente, ma il loro cammino sarà intralciato da anomale apparizioni di non-morti (draugr), troll, altre creature immonde, nonché alcune figure della mitologia norrena.
Per il modo in cui è stato pensato, God of War risulta adatto sia a coloro che si approcciano per la prima volta alla serie che ai vecchi fan, ma naturalmente quest’ultimi riusciranno a cogliere molte più sfumature della storia. Questo Kratos ormai maturo, dotato di una folta barba che gli conferisce un’aria da vecchio saggio, è pienamente riuscito, così come Atreus, che nel suo essere avventato e a volte arrogante ricorda il padre da giovane. Il ragazzino tra l’altro è ignaro della natura divina del genitore, e dunque anche sua, ed è bello vedere come si sviluppa la relazione tra i due nel corso dell’avventura, con Kratos che tenta di fare del figlio un uomo (o forse un dio) migliore di quanto lui sia mai stato, in alcuni casi risultando anche fin troppo duro. Rimangono inoltre alcune zone d’ombra nella trama, e tanto queste quanto soprattutto i finali (quello principale e quello nascosto) offrono ottimi spunti per portare avanti il franchise.
In quanto al contesto, la mitologia norrena è stata ampiamente rielaborata, ma funziona comunque a meraviglia, non troppo diversamente da quanto fatto con la mitologia greca nei precedenti God of War, ma qui il risultato è anche migliore. Inoltre è curioso il fatto che gli Dei norreni siano consapevoli dell’esistenza delle divinità greche, se non anche quelle di altre civiltà, come si potrebbe evincere da alcuni dettagli: chissà se si tratta di un aspetto fine a se stesso o se in futuro sarà approfondito.
Storia e dialoghi pregevoli si sposano perfettamente con il gameplay più raffinato e profondo che la serie abbia mai visto. Il combat system sulle prime potrebbe risultare abbastanza macchinoso, complice anche il nuovo equipaggiamento di Kratos composto da una pesante ascia (chiamata “Leviatano“) e uno scudo, ma si impara presto a padroneggiarlo, e man mano che si sbloccano nuove abilità i combattimenti diventano sempre più dinamici. Questo God of War infatti presenta degli aspetti RPG assolutamente non indifferenti, con alberi delle abilità complessi, e tutta una serie di elementi dell’equipaggiamento e potenziamenti vari che influiscono diversamente sulle statistiche del protagonista (Atreus invece si gestisce in maniera molto più basilare). Il gioco insomma si mette in linea con uno dei maggiori trend videoludici del momento, e sebbene non disdegni gli elementi RPG in quanto tali, mi è mancata l’immediatezza da hack and slash puro dei vecchi capitoli e avrei sicuramente preferito passare molto meno tempo all’interno dei menù.
Il sistema di combattimento permette di cambiare continuamente stile passando dalle armi alle mani nude, anche in base al tipo di nemici che dobbiamo affrontare, e c’è da dire che il Leviatano è una bellissima novità. Tra le altre cose è possibile lanciarlo e richiamarlo a noi in una maniera che ricorda molto il martello di Thor, e offre un feeling grandioso: sembra di sentirne il peso e la potenza.
In quanto al livello di sfida, il titolo propone 3 difficoltà di base (modificabili in corso d’opera), che si dividono sostanzialmente in facile, equilibrata e difficile. La prima è consigliata a chi vuole godersi gli aspetti narrativi senza troppi grattacapi, l’equilibrata è adatta alla maggior parte delle persone e riesce a proporre degli scontri abbastanza impegnativi, mentre nella difficile diventano impegnativi anche gli scontri con gli avversari semplici. Per i giocatori più hardcore è presente anche un livello di difficoltà superiore denominato “God of War”, non modificabile durante l’avventura, in grado di provocare serie crisi di nervi.
Per fortuna il team di Santa Monica Studio è riuscito a sbarazzarsi di uno degli elementi più antipatici del passato: i Quick Time Event. Qui il loro utilizzo è stato ridotto a pochissime e specifiche azioni, che raramente hanno a che vedere con i combattimenti. Rimangono invece le violente e spettacolari esecuzioni di Kratos contro i nemici in fin di vita, per le quali anche stavolta gli sviluppatori si sono dimostrati piuttosto fantasiosi.
Altro aspetto interessante e riuscito degli scontri è l’utilizzo di Atreus, che agirà sia in automatico che per mezzo dei nostri comandi lanciando frecce, immobilizzando o facendo cadere i nemici, e nelle fasi più avanzate eseguendo splendidi attacchi in combo con Kratos. In base all’equipaggiamento, inoltre, il ragazzo sarà anche in grado di farci tornare in vita in caso di morte, fornirci pietre per ripristinare la salute durante i combattimenti o scovare oggetti nascosti. Una forzatura che a molti potrebbe far storcere il naso è che Atreus è praticamente invulnerabile, ma è un dettaglio evidentemente utile a non affossare la fluidità del gameplay, e comunque in qualche occasione capiterà anche di doverlo soccorrere da nemici che lo hanno catturato.
Atreus risulta fondamentale soprattutto nei puzzle ambientali, grazie all’utilizzo di frecce speciali o semplicemente la possibilità di entrare in cunicoli troppo stretti per la stazza di Kratos. Parlando di queste fasi di gioco, non ci troviamo davanti a nulla di troppo complesso (salvo alcuni casi), ma è molto apprezzabile la loro varietà.
Alcuni puzzle sono del tutto facoltativi e finalizzati all’apertura di casse speciali o comunque ricerca di oggetti di varia natura. In tal senso l’esplorazione è un aspetto del gioco da non sottovalutare, poiché premia moltissimo, permettendo di potenziare più agevolmente i personaggi. Le casse tra l’altro sono un’eredità dei precedenti God of War: qui la loro finalità è stata ripensata per bene, ma a volte il loro inserimento all’interno dello scenario appare un po’ forzato, come quando ad esempio le troviamo nel mezzo della natura selvaggia.
Il gioco è inoltre arricchito da numerose quest secondarie (anche molto impegnative come quelle in cui bisogna battersi con le Valchirie) che aumentano notevolmente la longevità del gioco anche una volta conclusa quella principale. Oltretutto sono state integrate perfettamente nella trama, e tutte in maniera più o meno importante danno il loro contributo alla lore.
God of War vanta una quantità impressionante di punti di forza, tra cui non potevano mancare gli aspetti artistici e tecnici. È stato curato ogni piccolo dettaglio, e sono rimasto a bocca aperta per ciò che gli sviluppatori sono riusciti a creare con il solo motore di gioco. L’atmosfera che si respira è eccezionale, aiutata anche da un sistema di illuminazione perfetto, e il level design in alcuni casi oserei definirlo geniale. Notevoli anche gli effetti sonori e la soundtrack.
L’attenzione al dettaglio risulta ben evidente anche nelle sezioni più noiose come camminate o viaggi in barca, in cui veniamo intrattenuti da dialoghi tra i personaggi, che si attivano ed interrompono in maniera del tutto naturale e credibile, e che insieme al resto contribuiscono ad arricchire la storia del gioco (a tal proposito, una lode va al doppiaggio italiano, tra i migliori che abbia mai sentito in un videogioco). Ottimi inoltre i caricamenti, che sono pochi, rapidi o camuffati con buoni espedienti. In senso strettamente tecnico, il titolo gira a meraviglia anche su PS4 standard, e i cali di frame sono rari.
In tutto questo però c’è da dire che l’acqua non è tra le migliori che abbia mai visto in un gioco, e non mi hanno fatto impazzire alcune texture meno definite delle altre. Poi ho trovato molto fastidiosi alcuni checkpoint, che costringono a rifare percorsi inutili prima di tornare al punto d’interesse, e forse non mi sarebbero dispiaciuti dei cicli giorno/notte o eventi metereologici (ma qui entriamo in territori molto soggettivi).
Con questo nuovo titolo per PS4 la saga di God of War è ripartita in maniera maestosa. Se all’annuncio la questione del setting nordico poteva lasciare un po’ perplessi, il risultato finale spazza via ogni incertezza. La storia è stata gestita alla perfezione e il gameplay è stato notevolmente migliorato rispetto ai titoli precedenti, anche se nei prossimi lo si potrebbe limare un po’ in alcuni aspetti. Inoltre la novità più interessante, Atreus, funziona egregiamente, e chissà che ruolo gli spetterà in futuro nella serie.
Non posso che complimentarmi col lavoro sublime svolto da Santa Monica Studio e attendere con curiosità il prossimo capitolo di God of War.
https://youtu.be/P1ejSa_gonc
Commenta per primo
Questo sito è protetto da reCAPTCHA e si applicano le Norme sulla Privacy e i Termini di Servizio di Google.