Zerocalcare, Sio, Quasirosso, Bevilacqua… Cosa accomuna questi autori così differenti? Il web, tutti e quattro hanno trovato nella rete il mezzo con cui far conoscere le proprie storie al grande pubblico. Non è un mistero che su internet, oggi, sia disponibile una enorme quantità di opere autoprodotte, che spaziano dai film ai libri passando per i (molto) noti webcomic. Proprio a questa categoria appartiene Leone Bianco, fumetto fantasy ideato e realizzato integralmente da Oscar Celestini.
Dei dieci capitoli pianificati dall’autore, alla data in cui scrivo ne sono disponibili sette (più un “numero zero” gratuito), in vendita ad offerta libera su: sellfy.com/oscarcelestini. Per chi preferisse il cartaceo c’è comunque una buona notizia: terminata la pubblicazione digitale, tutti i dieci capitoli verranno raccolti in un unico volume la cui uscita (provvisoriamente) è collocata per la metà del 2019. Tutte le novità riguardo prossime uscite e non solo si possono trovare sulla pagina Facebook dedicata al fumetto.
Di cosa parla, dunque, Leone Bianco? Di tradimento e vendetta: in un reame antico una bellissima principessa riunisce i migliori campioni, chiamati “I Quattro Leoni“, riuscendo, con il loro aiuto, a pacificare il regno e donargli prosperità. Tuttavia uno di questi cavalieri, accecato dalla sete di potere, decide di voltare le spalle ai propri sodali, ribellarsi e impossessarsi della corona con la forza. Convinto di aver prevalso su tutti i propri compagni, non si accorge che il più forte dei quattro, il Leone Bianco, non è morto nella prigione in cui era stato confinato e desidera ardentemente pareggiare i conti.
Il soggetto su cui poggiano gli sviluppi di Leone Bianco, pur non brillando per originalità o complessità, svolge degnamente il proprio lavoro, insaporito dalla vaghezza e dal tono epico che il fantasy di stampo classico sa donare.
Il viaggio del protagonista, ovviamente, occupa un posto di rilievo all’interno della storia. Non a caso i personaggi incontrati dal Leone Bianco evitano di ricoprire il ruolo di mere comparse e al contrario interagiscono con lui, aiutandolo o ostacolandolo nella sua ricerca e, contemporaneamente, contribuendo a caratterizzare meglio il mondo in cui le vicende di dispiegano, evitando così che possa risultare banale o già visto.
La scelta delle inquadrature e le scene raffigurate lasciano intendere con chiarezza l’incedere della trama, assicurando una buona comprensibilità ed evitando di compiere salti temporali troppo lunghi o arditi. In modo peculiare, non è raro che le pagine si discostino dalle tavole tradizionali presentando un minor numero di vignette, in favore di una maggiore dimensione di quelle presenti.
Se da un lato questa decisione aiuta ad immergersi maggiormente nella storia e nelle sue ambientazioni, dall’altro priva di “spazi narrativi” l’opera, compressione che inevitabilmente porta a tagli e cernite nel materiale riportato sulle pagine. Ad esempio, l’approfondimento dei personaggi viene delegato a schede aggiuntive (poste al termine di ogni capitolo) in cui è possibile rintracciare anche elementi importanti delle storie pregresse, che forse avrebbero trovato miglior collocazione tra i riquadri della griglia.
Un altro punto dubbio può essere rintracciato nell’uso delle didascalie, spesso impiegate per rendere la voce fuori campo e non sempre dosate all’interno delle tavole. Se in alcuni momenti la presenza di questi riquadri ben si amalgama con la narrazione, evitando di essere eccessivamente lunga o diventare pedante, in altri l’eccessiva insistenza degli stessi ottiene il risultato opposto rispetto a quello voluto.
Ad esempio, in determinati istanti, in cui il pathos si trova al culmine, il desiderio di rimarcare ulteriormente la drammaticità della scena con riquadri didascalici porta ad una dispersione della tensione costruita tavola dopo tavola. Forse questi picchi emotivi avrebbero trovato miglior compimento in vignette (o splash pages) mute, affidando al solo disegno, ed alla sua silenziosa espressività, il compito di porre in figura questi momenti e questi sentimenti.
Restando in tema, è doveroso accennare al tratto, abbastanza cartoon per evitare che l’ipertrofia muscolare dei personaggi smetta di essere fantasy e scada nel grottesco, e agli ottimi colori che accompagnano il disegno, i quali, pur essendo brillanti ed intensi, non tolgono profondità alle vignette.
Concludendo, penso che Leone Bianco sia una lettura piacevole e consigliabile che, al netto delle pecche di cui sopra, invoglia comunque a sfogliare le pagine numero dopo numero.
Un ringraziamento speciale ad Oscar Celestini
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