Se cerchiamo tra i padri dei moderni giochi “narrativi” non possiamo di certo non nominare lo strabiliante Team Ico, che pur mantenendo nei propri giochi un gameplay più (Shadow Of The Colossus) o meno (Ico) complesso, non arrivando quindi all’estremizzazione moderna del genere, aveva rivoluzionato un medium fatto di HUD, numeri e dialoghi, creando mondi che riuscivano a raccontare la propria storia in silenzio, privi di qual si voglia “strumento” da videogioco, lasciando il giocatore in balia di un quadro in movimento, avvolto nel mistero, ma alla fine sempre comprensibile, anche se metaforico.
Lo studio Friend & Foe, formato da sviluppatori che hanno lavorato a titoli del calibro di The Last Guardian (del sovracitato Team Ico), Battlefield 3 e Killzone, con la sua prima opera Vane cerca di seguire la scia di quei giochi “proto-narrativi“, aggiungendo anche un altro pilastro del genere come Journey alle influenze. Purtroppo, anche per via di una gestazione non poco turbolenta e lunga, fallisce rilasciando un prodotto assolutamente non all’altezza delle aspettative per un team del genere.
Il problema principale di Vane è quello di risultare inconcludente sotto tutti i punti di vista. Graficamente non è male e il setting nel complesso è affascinante: un mondo post-apocalittico anche piuttosto ispirato nel design e con dei colori che rimangono su una palette cromatica beige/marroncina/nera molto suggestiva, ma guardando al dettaglio, sia i modelli (ancora accettabili) ma soprattutto la mappa, risultano eccessivamente low poly, andando a creare scenari che cozzano con loro stessi, se visti da vicino.
Il gameplay è il classico simil-platform ad enigmi in stile Ico, con inoltre la possibilità di trasformare il protagonista da corvo a bambino. Questa feature avrebbe potuto offrire ottimi spunti per creare enigmi interessanti e stimolanti, ma così non è stato, dato che ci si trova di fronte sempre a sfide poco impegnative, che completeremo con grande svogliatezza anche a causa dell’eccessiva legnosità dei comandi, soprattutto nelle fasi di volo. Alcune idee proposte dai ragazzi di Friend & Foe sono anche valide ed interessanti, come ad esempio la possibilità di risolvere gli enigmi da corvo con l’aiuto di altri stormi o quelli da bambino con altre entità influenzandole, ma la lentezza che ammanta il tutto finisce per diventare un’ingombrante zavorra, insostenibile anche per un gioco che dovrebbe esser considerato “colto” come questo.
Parlando della narrativa, il problema di fondo in questo caso è un’eccessiva mole di scene “WTF”, che cercano di sembrare profonde e portare avanti una storyline metaforica sull’evoluzione dell’uomo, senza però riuscire a centrare l’obiettivo e lasciando solo tanta confusione al termine dell’esperienza. L’impressione è quella di assistere ad un enorme minestrone di scene a caso che non hanno un filo logico: persino volendo fare uno sforzo d’immaginazione è azzardato arrivare a considerare il gioco come un’opera artistica “visionaria”, perché anche a livello metaforico e metanarrativo è difficile trovare una spiegazione agli eventi della trama.
Al di là di qualsiasi difetto di game design, comunque, ciò che affossa davvero Vane è un’enorme quantità di bug e glitch, probabilmente frutto di un lavoro di polishing praticamente inesistente, che la prima volta mi hanno addirittura costretto a ricominciare da capo il gioco dopo essere arrivato alla sua metà.
L’unico punto sul quale non si può sentenziare invece è la qualità della colonna sonora, che mescola basi elettroniche ambient con strumenti classici ed anche folkloristici, andando a creare con alcuni scorci dell’ambientazione (da lontano) un’atmosfera molto particolare.
Vane purtroppo è un esperimento fallito, che non mi sento di consigliare nemmeno ai più grandi fan del genere, dei quali faccio parte anch’io. È davvero mediocre sotto tutti gli aspetti e a volte scade anche nel “brutto”, fatta eccezione per il comparto sonoro. Se cercate esperienze narrative immersive volgete lo sguardo altrove: lì fuori ci sono titoli di gran lunga più validi.
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