Ormai ogni volta che viene annunciato l’adattamento live-action di un videogioco è lecito aspettarsi un grosso e maleodorante cumulo di spazzatura. Negli anni ci hanno provato in tanti e quasi tutti con risultati pessimi o semplicemente mediocri; un fenomeno che fatico a comprendere appieno perché in fondo il cinema è riuscito ad ibridarsi abbastanza agevolmente con il medium videoludico, quindi non vedo perché non possa accadere il contrario. Sembra quasi che non si vogliano deludere le basse aspettative del pubblico.
Nel caso di Detective Pikachu l’idea di partenza sembrava persino peggiore del solito: un film sui Pokémon con attori in carne ed ossa e un design dei personaggi rivisitato in chiave realistica. All’annuncio molti di noi hanno provato un brivido di terrore lungo la spina dorsale.
Invece, eccoci qui a parlare di quello che è indiscutibilmente uno dei migliori film tratti da un videogioco mai realizzati.
Una volta tanto sembra che ad un progetto del genere abbia lavorato gente informata sul materiale di base, il che non è affatto scontato, di conseguenza Detective Pikachu funziona soprattutto grazie a tante scelte furbe, intelligenti e consapevoli intraprese durante il suo processo di realizzazione.
Partendo dalle fondamenta, ottima nonché coraggiosa l’idea di basarsi proprio sul particolare videogioco di Detective Pikachu e non sulla serie regolare, che tutti amano e conoscono. La trama di stampo investigativo si adatta meglio ad un prodotto cinematografico e presenta al grande pubblico i Pokémon sotto una luce differente dal solito, con Pokéball quasi inesistenti e pochissime lotte. Dubito che la storia in un allenatore di Pokémon alla conquista delle palestre sarebbe stata altrettanto efficace in questo formato.
Il tutto è stato contestualizzato perfettamente grazie allo scenario principale in cui si svolgono le vicende, ovvero Ryme City, una metropoli futuristica in cui esseri umani e Pokémon non lottano, ma collaborano alla pari. Vediamo ad esempio un Pidgeotto che consegna la posta, un Machamp che dirige il traffico e degli Squirtle che aiutano a spegnere gli incendi.
La scelta di una trasposizione live-action da un lato segue un po’ il trend del momento, ma dall’altro si rivela decisamente sensata per il pubblico a cui il film vuole rivolgersi. Parliamo di un franchise che va avanti da più di 20 anni, di cui soprattutto gli attuali trentenni conservano un posto speciale nel cuore, avendo vissuto il suo periodo di massima gloria all’alba del 2000, ma che risulta molto popolare anche tra i giovanissimi. Nell’ottica di staccare quanti più biglietti possibili questo serve a convincere anche gli adulti nostalgici, ma diventati riluttanti all’idea di guardare un “cartone animato” al cinema.
Sempre per lo stesso motivo, i Pokémon che vediamo più spesso sono quelli della prima generazione, incluso il leggendario Mewtwo, e ci sono altri dettagli che fanno leva sulla nostalgia come le carte collezionabili. Il film è capace di risvegliare ricordi sopiti e far tornare bambini i più grandi, solleticando al tempo stesso la loro malizia da adulti con qualche battutina a doppio senso qua e là. In tal senso, la scelta di dare a Pikachu la voce di Ryan Reynolds si è rivelata geniale: qui occorre assolutamente una seconda visione in lingua originale.
In tutto ciò, Detective Pikachu rimane comunque un film per ragazzi leggero e senza troppe pretese, estremamente godibile anche da parte dei più giovani. Mistero, avventura e un umorismo mai troppo infantile si uniscono col giusto equilibrio in una storia avvincente, che anche grazie ad una giusta durata (1 ora e 45) non annoia mai.
Al centro delle vicende troviamo il giovane Tim, chiamato a Ryme City dopo la morte in un incidente d’auto del padre detective, con il quale non si parlava da anni. Recatosi a casa sua per sistemare delle ultime cose, il ragazzo vi trova un Pikachu senza memoria e di cui riesce a capire il linguaggio (altro azzeccatissimo espediente narrativo), apprendendo che si tratta del partner di suo padre e che nella storia dell’incidente qualcosa non quadra.
Forse molti potranno trovare prevedibili alcuni dei colpi di scena principali, ma il film nasconde anche qualche asso nella manica e comunque, pur intuendo la soluzione del mistero, non perde un briciolo di godibilità. Il punto di guardare Detective Pikachu non sta tanto nel risolvere il giallo, quanto nel lasciarsi rapire dal suo fantastico mondo e i carismatici Pokémon che lo popolano.
Parlando proprio dei Pokémon, è straordinario come siano riusciti a renderli così realistici ed integrati nel mondo vero, pur mantenendo il loro design fedele a quello originale. È stato davvero un azzardo proporli con questo stile, ma tra un character design ben studiato e degli effetti visivi di prim’ordine qui è avvenuto un piccolo miracolo. Come ci ha insegnato di recente il caso di Sonic, bastava poco per farli diventare degli incubi in CGI anziché simpatici e adorabili come sono, quindi tanto di cappello.
Pokémon: Detective Pikachu sembra aver spezzato la maledizione che gravava da sempre sui film tratti dai videogiochi e d’ora in poi sarà sicuramente utilizzato come metro di paragone per operazioni simili.
Nessuno ci avrebbe scommesso un centesimo all’inizio, invece è riuscito a conquistare sia grandi che piccoli con tanta leggerezza, uno stile sorprendente e tutto il fascino del mondo Pokémon, portato sul grande schermo con una fedeltà impressionante. Ora però riponiamo tanta fiducia nel sequel, speriamo non invano.
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