Captive State purtroppo è uno di quei film che per qualche oscura ragione non ha mai raggiunto il cinema a me più vicino e che alla fine non ho potuto guardare all’uscita. Però m’incuriosiva parecchio e appena ho saputo che CG Entertainment ne stava pubblicando il Blu-ray non ci ho pensato due volte a procurarmene una copia, tra l’altro nell’edizione limitata dotata di custodia lenticolare.
Si tratta di un film di fantascienza molto particolare, che se vogliamo segue le orme di Arrival usando gli alieni come pretesto per parlare di tematiche molto umane. L’idea alla base è interessante e diversa dal solito: gli extraterrestri invadono la Terra, ma l’umanità, anziché gettarsi in un conflitto apparentemente senza speranza, decide di arrendersi. Poco a poco, questi esseri venuti dallo spazio iniziano ad insinuarsi ad ogni livello di comando, con la promessa di portare unione e ordine. Dieci anni dopo (2027), il mondo è praticamente soggiogato da un governo autoritario, tutti gli esseri umani sono sotto controllo grazie a degli impianti sottocutanei e la tecnologia è stata costretta a fare grandi passi indietro, soprattutto nel campo delle comunicazioni.
Non aspettatevi battaglie a colpi di raggi laser e corse sfrenate a bordo di astronavi, dunque, né di vedere granché gli alieni visto che per la maggiore se ne stanno chiusi nelle loro “fortezze” invalicabili (chiamate zone chiuse). Come ho accennato, la questione delle creature extraterrestri è solo un pretesto e, visto che il film è ambientato a Chicago, forse è l’unico modo che gli Stati Uniti hanno per immaginare un conquistatore venuto dall’esterno, dal momento che nella Storia non hanno mai subito nulla del genere e sono sempre stati dall’altra parte della barricata. Sostituendo gli alieni con un’ipotetica ultrapotenza terrestre imbattibile e dalle mire espansionistiche il senso della trama non varia molto.
In uno scenario del genere, la popolazione chiaramente si divide in due fazioni principali: quelli che si piegano al volere dei nuovi governanti pur di continuare vivere e quelli che invece mettono a rischio la propria vita ribellandosi per riottenere la libertà perduta. Quello della libertà è uno dei temi principali di Captive State ed il modo in cui è trattato è tremendamente verosimile: il mondo che ci viene presentato appare relativamente normale, c’è gente che lavora, che ha la propria famiglia, che ogni giorno crede di muoversi in un mondo in pace e armonia con i nuovi arrivati. Peccato che questa armonia non si possa mettere minimamente in discussione e che il controllo delle persone, attraverso dispositivi che sanno tutto di loro e telecamere ovunque, permetta al governo di estirpare in men che non si dica ogni potenziale minaccia. Una situazione che per certi versi ricorda 1984 di Orwell, ma che qui si avvicina di più alla nostra realtà.
Al centro delle vicende c’è il giovane Gabriel Drummond (Ashton Sanders), fratello di uno dei massimi esponenti della Ribellione. Lui si colloca nel mezzo delle due fazioni: odia le “blatte” (così chiamano gli alieni), ma non nutre molte speranze sulla loro sconfitta. Tutto ciò che vuole è solo procurarsi il denaro per fuggire il più lontano possibile con la sua ragazza, ma presto si ritrova al centro del complesso piano ordito dai ribelli. In questo discorso torna anche il tema della libertà, perché per quanto possa aspirare anche lui a una sconfitta delle blatte, non agisce mai attivamente in questo senso, viene manipolato dai Ribelli.
Insomma, come avrete capito Captive State è composto da diversi strati che offrono inevitabilmente tanti spunti di riflessione e discussione, anche perché spesso tratta tematiche non così lontane da noi. Anche semplicemente a livello narrativo è stato costruito un bell’intreccio che sfocia in un colpo di scena non facilmente prevedibile, inoltre è un piacere vedere le tattiche adottate dalla Ribellione per attuare il piano passando inosservati, in un mondo così iper-controllato; a tratti sembra di assistere a un brillante heist movie. Purtroppo però siamo lontani dalla perfezione: lì dove alcuni dettagli sono stati studiati scrupolosamente, altri sono trattati un po’ alla buona e alcune soluzioni sono proprio implausibili, come Gabriel che svela alla ragazza una cosa importantissima a voce alta, come se non sapesse di poter essere spiato.
Tornando alle note positive, il film mi ha colpito particolarmente anche per il suo immaginario: è vero che gli alieni si vedono poco, ma quelli principali quando appaiono incuriosiscono molto per il loro aspetto decisamente insolito; poi ce ne sono anche altri che corrispondono a un immaginario più classico. Suggestive anche le astronavi, che appaiono come gigantesche rocce, e in generale tutte le strutture extraterrestri che si vedono. Nonostante un tempo a schermo molto ridotto, gli sceneggiatori comunque sono stati abili nel mantenere la presenza aliena sempre in sottofondo, il che assieme al resto contribuisce a creare un’atmosfera che trasuda paranoia.
Bisogna considerare che Captive State è un film low-budget, è stato realizzato con appena 25 milioni di dollari, quindi vive di compromessi, come il fatto di svolgersi in un’ambientazione molto limitata, che alla lunga tende a stare un po’ stretta in una storia dove si parla di un’invasione aliena su scala mondiale. Il risultato raggiunto, soprattutto in termini di effetti visivi (il comparto più delicato in questi casi) però è più che soddisfacente per i mezzi a disposizione, inoltre il film gode di una solida regia ad opera di Rupert Wyatt e le ottime performance di attori come John Goodman e Vera Farmiga (ma anche Sanders non è affatto male).
L’edizione Blu-ray/DVD include anche degli extra tra cui le interviste ad Ashton Sanders, John Goodman e Jonathan Majors (che non ho citato prima, interpreta il fratello di Gabriel): la più interessante è senza dubbio quella con Majors e non me lo sarei mai aspettato, dal momento che lui nel film non mi è piaciuto per niente; l’intervista con Goodman sembra altrettanto interessante, ma ogni volta si interrompe bruscamente a metà (magari è un problema solo della mia copia). Oltre queste, ci sono anche dei dietro le quinte, che catturano l’attenzione perlopiù nelle parti dedicate ad alcuni costumi degli alieni.
Captive State è un film molto con i piedi per terra, in cui l’invasione aliena è solo la rappresentazione su scala interplanetaria di dinamiche che sono già familiari alla nostra Storia. Tolti alcuni passaggi, tutto ciò che ci viene mostrato è estremamente plausibile, dai motivi per cui gli extraterrestri sono interessati alla Terra fino ai comportamenti umani su tutti i livelli.
Spesso quando si parla di fantascienza lo spettatore medio pensa a quella fracassona, tutta lucine colorate ed esplosioni, ma in realtà questo genere dà il meglio di sé quando viene usato in maniera intelligente e riesce a far riflettere su scenari attuali o futuribili, e qui di certo non mancano argomenti su cui soffermarsi. Mi spiace che in larga parte il film sia stato sottovalutato, perché va oltre il mero intrattenimento, è capace davvero di lasciare qualcosa: vi consiglio calorosamente di dargli una chance.
Se siete interessati alla limited edition, la trovate qui.
Un ringraziamento speciale a CG Entertainment
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