Due anni dopo l’incredibile successo di IT – Capitolo 1, finalmente è giunto il momento di tornare in sala per assistere al secondo ed ultimo capitolo di quello che è il primo vero adattamento cinematografico del capolavoro di Stephen King. Il regista Andy Muschietti sarà riuscito a darci il gran finale che aspettavamo?
Sono passati 27 anni dagli avvenimenti del film precedente, i Perdenti ormai sono tutti adulti, hanno vite piene di successi e non ricordano più nulla di quella terrificante estate del 1989 a Derry, città che si sono lasciati alle spalle tanto tempo fa. L’unico del gruppo essere rimasto lì ed aver mantenuto intatti i propri ricordi è Mike Hanlon, al quale, ora che IT si è svegliato dal suo lungo sonno ed è tornato a mietere vittime, spetta il gravoso compito di richiamare tutti gli altri e ricordare loro la promessa che si fecero da bambini: è tempo di tornare a Derry e mettere fine una volta per tutte a questo incubo.
Il primo capitolo mi era piaciuto molto, perché nonostante alcuni problemi e svariate modifiche alla storia originale, secondo me riusciva a riproporre fedelmente parte delle tematiche fondamentali del libro, ovviamente per quanto possibile, vista la complessità di quest’ultimo. IT è un’opera che mi è molto cara: la miniserie con Tim Curry mi terrorizzò da bambino, facendomi però appassionare al genere horror, mentre il romanzo riscoperto in età adulta è tuttora il mio preferito in assoluto, grazie al suo modo unico di rappresentare “il nodo dell’infanzia che si stringe attorno alla vita adulta, uno specchio impietoso di tutto ciò che perdiamo lungo la strada”, citando la perfetta descrizione di Paola Barbato. Vedere per la prima volta un adattamento di IT così valido dunque mi aveva galvanizzato e riempito di ottimismo nei confronti di questa operazione.
Purtroppo in IT – Capitolo 2 non ho ritrovato lo stesso rispetto per l’essenza dell’opera originale, anzi, tutti i problemi che tiravano in basso il primo film qui tornano ancora più marcati. Non mi sento neanche di considerarlo un horror degno di tale nome perché non c’è mai paura, solo spaventi facili provocati da jumpscare di bassa lega, e quando in alcune scene si crea una bella tensione, questa viene spesso smorzata o neutralizzata da comicità volontaria o involontaria. Ho sentito davvero troppe risate in sala e non credo fosse questo l’obiettivo del film.
Se prima il progetto aveva un cuore, questo è stato messo da parte in favore di logiche puramente commerciali, finendo per dare alle masse semplicemente l’ennesima “giostra” horror che si limita ad intrattenere per il tempo che dura, ma che a quanto pare fa anche staccare parecchi biglietti. Forse qualcosa di più profondo viene recuperato solo negli ultimi minuti.
Un merito che certamente bisogna riconoscere al film è quello di portare per la prima volta a schermo delle scene presenti nel libro, come quella di Adrian Mellon, della statua di plastica di Paul Bunyan e in particolare del Rituale di Chüd, peccato che il più delle volte lo faccia in maniera maldestra. Soprattutto il Rituale, giustamente modificato rispetto a quella roba difficile persino da immaginare presente nel romanzo, convince molto poco, al punto che forse sarebbe stato meglio optare per una soluzione diversa. Tra l’altro sia in questo che in altri momenti vengono snocciolati senza contesto dei dettagli, anche di un certo peso, che risulteranno comprensibili solo a chi ha letto l’opera originale, lasciando straniti tutti gli altri.
Nel tentativo di accontentare i fan di lunga data, andare incontro ai gusti dello spettatore medio ed apportare novità per adattare l’inadattabile o comunque offrire qualcosa di nuovo, ne è uscito fuori un bel pasticcio. Ci sono scelte che non hanno proprio senso: ad esempio hanno eliminato tutta la parte importante sulla moglie di Bill, aggiunto un dettaglio su Richie che non serve a niente e continuato a riproporre troppo i Perdenti da bambini, allungando solo il brodo con avanzi del film precedente e generando così delle ripetizioni evitabili.
Uno dei punti di forza di IT 2 risiede sicuramente nel casting, che definirei a dir poco perfetto. Già si era capito dalle prime immagini, ma vedere in scena le versioni adulte dei protagonisti l’ha confermato definitivamente: sembra davvero di avere davanti gli attori del primo capitolo cresciuti. Purtroppo anche qui non manca il rovescio della medaglia: gli interpreti hanno fatto evidentemente del loro meglio, ma tranne alcune eccezioni come Richie (Bill Hader) o Bill (James McAvoy) i personaggi risultano troppo piatti.
Bill Skarsgård si è riconfermato magnifico nel ruolo di Pennywise, riesce sempre a farci intravedere la vera natura che si nasconde dietro l’aspetto da clown del mostro, ma le scene in cui possiamo ammirare la sua interpretazione sono poche, perché per gran parte del film il personaggio è mostrato in CGI. Questo avviene perché nel finale ci viene rivelata la “vera” (o secondo il libro, l’unica che la mente umana possa sopportare) forma di IT, ma anche qui ho trovato inspiegabile il volergli lasciare sempre e comunque il volto da clown: perché non andare fino in fondo? Per non sconvolgere il pubblico? Per dare più senso al modo in cui IT verrà sconfitto? Di certo si poteva osare di più portando in scena un essere pienamente orripilante (in senso buono, non come nella miniserie).
Ora, lo so che ho mosso un sacco di critiche, ma complessivamente non si tratta di un pessimo film. Come già accennato, il cast è ottimo, la regia di Muschietti non brilla particolarmente ma funziona alla grande, la fotografia è molto più che buona, la colonna sonora accompagna a dovere le scene, ci sono simpatici riferimenti ai controversi finali delle opere di Stephen King e, dei due camei presenti, uno vi farà parecchio sorridere.
IT – Capitolo 2 finisce semplicemente con l’essere un horror come tanti, che intrattiene, diverte, fa fare i saltini sulla sedia, ma non lascia niente. È questo per me il peccato più grande, che lo rende un’occasione sprecata: il romanzo originale ti entra nell’anima, questa seconda parte del nuovo adattamento neanche ci prova. Galleggia, nulla più.
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