A due anni dal rilascio della prima, apprezzatissima, stagione, The End of the F***ing World torna su Netflix con una seconda stagione composta sempre da 8 brevi (siamo sui venti minuti circa di durata) episodi.
Ritroviamo Alyssa e, inaspettatamente, James (tranquilli, non è uno spoiler, Netflix aveva anticipato il suo ritorno con poster e trailer), entrambi travolti dalle conseguenze che ha portato con sé l’omicidio del professor Clive Koch e facciamo la conoscenza di Bonnie, interpretata da Naomi Ackie, che scopriremo essere un’altra “conseguenza” del triste evento.
La giovane psicopatica è proprio il primo dei vari difetti che pesano su questa stagione, la sua storia è narrata frettolosamente e in più è legata ad un altro personaggio senza alcun peso o legame (positivo o negativo che sia) instaurato precedentemente con lo spettatore. Il risultato è quindi un personaggio piatto, bidimensionale, contraddistinto esclusivamente dal poco che serve per trascinare avanti la storia e, soprattutto, privo di qualsiasi appiglio empatico a cui lo spettatore possa aggrapparsi.
In ogni caso il problema maggiore è un altro: Charlie Covell, lo sceneggiatore, ha scritto questa stagione senza avere più il fumetto (The End of the Fucking World di Charles Forsman) da cui attingere e, come Game of Thrones insegna, un supporto letterario può essere decisivo. Per questo motivo, la trama è sensibilmente poco ispirata.
Se con la prima stagione avevamo un vero e proprio road movie in cui i protagonisti andavano da un punto A ad un punto B sia fisicamente che metaforicamente, crescendo e maturando insieme, qui abbiamo un fac-simile in cui il viaggio fisico che i personaggi compiono rispecchia di nuovo quello mentale e caratteriale, ma entrambi girano a vuoto. Anziché partire da un interesse reciproco finalizzato all’omicidio per uno e alla fuga dalla noia per l’altra, che si trasforma in amore mano a mano che i due adolescenti viaggiano e vivono situazioni grottesche, abbiamo due ragazzi piuttosto statici nelle intenzioni e nei comportamenti, che non cercano di andare avanti e crescere, ma di tornare indietro ai momenti in cui la loro situazione era tutto sommato tranquilla.
Anche le macchiette che l’improbabile trio incontra lungo il percorso, ad esclusione del farmacista, sono piuttosto dimenticabili e soprattutto l’ennesimo depravato dell’entroterra inglese, il proprietario del motel, non ha la carica disturbante che aveva, ad esempio, il camionista della prima stagione, finendo per essere semplicemente fastidioso.
Fortunatamente non tutto è da buttare, al contrario, la fotografia vagamente wesandersoniana è sempre molto curata e, unita alla colonna sonora che alterna brani composti da Graham Coxon a pezzi soul e pop degli anni ’60 e ’70, mantiene quel fascino fuori dal tempo che incornicia perfettamente le surreali disavventure della giovane coppia.
Menzione d’onore anche per la suddetta coppia: Alex Lawther e Jessica Barden hanno un’alchimia incredibile, passano senza problemi dai toni leggeri della commedia nera a quelli più pesanti del dramma e, soprattutto, sono veramente carini e vederli ridere insieme o tenersi la mano davanti ad un paesaggio sconfinato è proprio un piacere.
La seconda stagione di The End of the F***ing World sicuramente non mantiene gli standard qualitativi della prima, ma è godibile, complice anche la brevità che la rende adatta al binge watching e che, qualora non dovesse piacere, riduce la sensazione di aver sprecato tempo prezioso. In più sembra che il creatore della serie, almeno per il momento, non abbia in programma una terza stagione, quindi siete sollevati dalla complicità di un eventuale accanimento terapeutico.
https://www.youtube.com/watch?v=PrwYpwhLck0
Commenta per primo
Questo sito è protetto da reCAPTCHA e si applicano le Norme sulla Privacy e i Termini di Servizio di Google.