Se al giorno d’oggi i titoli tripla A devono andare necessariamente incontro a determinati canoni e stilemi per essere ben accolti dal pubblico di massa, fortunatamente il mercato degli indie continua a conservare una certa libertà espressiva e a sfornare idee atipiche e interessanti. Tra l’altro, in buona parte grazie al buon Toby Fox, negli ultimi anni molti sviluppatori indipendenti stanno rivalutando una grafica minimalista e retrò, trasformando i loro prodotti in opere di puro gameplay o narrazione.
Nel primo caso, ovvero in quello che vede il gameplay come unico e indiscusso protagonista, rientra a pieno titolo Black Future ’88, sviluppato dallo studio Super Scary Snakes. Partiamo subito col dire che si tratta di un roguelike tutto sommato ben riuscito, anche se presenta dei difetti che purtroppo vanno ad inficiare alcuni aspetti dell’esperienza di gioco, impedendogli di spiccare tra altre produzioni analoghe.
La trama, come già accennato, ricopre un’importanza marginale e si rivela essere anche molto classica: ci troviamo in un futuro dallo stile cyberpunk e alcuni replicanti tentano di spodestare un’autorità dittatoriale in cima a un grattacielo; questa semplice premessa ci viene riassunta in un breve video di pochi secondi a inizio partita e il giocatore viene gettato istantaneamente nel vivo dell’azione.
Trasportati da un treno alla base del grattacielo in cui sarà ambientato l’intero titolo, i nostri replicanti si tufferanno a capofitto in una frenetica e continua sparatoria. Il titolo si rivela fin dalle prime battute molto ostico, pensato quindi per una determinata nicchia di videogiocatori già abbastanza navigati nel genere degli sparatutto a scorrimento orizzontale in stile Contra. A conferma di questa volontà degli sviluppatori troviamo anche una Modalità Assistita, attivabile fin da subito dal menù di pausa, che contribuirà a rendere l’esperienza decisamente più accessibile anche per i casual gamers o per chi voglia fare almeno un po’ di allenamento.
Il titolo prende a piene mani ispirazione da titoli recenti molto acclamati: mi sentirei di definirlo un buon punto d’incontro tra Celeste e Dead Cells. Da quest’ultimo, il titolo riprende stile, colori e fluidità dell’azione, mentre da Celeste la grande importanza per la verticalità dei livelli e il sistema di scatto, fondamentale da padroneggiare per proseguire con successo nell’avventura.
Per farci strada fino alla cima del grattacielo dovremo principalmente ripulire stanze piene di cecchini e robot armati fino ai denti, ma purtroppo ci ritroveremo spesso ad affrontare le stesse tipologie di nemici (nemmeno troppo ispirati) e l’unico cambiamento degno di nota sarà la resistenza sempre maggiore ai nostri colpi, ma presenteranno sempre gli stessi pattern d’attacco diventando quindi facili da prevedere. Di tanto in tanto ci si potrà imbattere anche in particolari tipologie di stanze trappola in cui mettere alla prova la nostra abilità nei salti e nella schivata, o altre decisamente più tranquille in cui NPC pacifici ci forniranno, spendendo valuta di gioco, nuovi strumenti di morte o abilità che renderanno più letale o resistente il nostro replicante. Purtroppo, pur essendo un roguelike che dovrebbe mettere i giocatori davanti ad ambientazioni sempre nuove generate casualmente, dopo poche run avremo fatto la conoscenza di tutti i tipi di stanza generabili.
Ogni sezione del grattacielo sarà presidiata da un boss, sbloccabile eliminando tutti i nemici prima della stanza in cui avverrà lo scontro. I boss sono decisamente una nota positiva, sono tutti ben caratterizzati (una coppia di boss in particolare farà la gioia dei fan di Dark Souls) e ognuno di loro richiederà strategie differenti per riuscire a scamparla; la loro sequenza sarà variabile e ciò richiederà approcci diversi in base alle armi e alle abilità collezionate fino a quel punto. In Black Future ’88 infatti ci sono due tipi di progressione distinti: quello generale e quello della singola run.
Un titolo dal gameplay così frenetico e veloce porterà senza difficoltà i giocatori a fare più partite consecutive in un continuo loop di morte e rinascita. Proprio per questo ci sarà una barra dell’esperienza che aumenterà a seconda dello score ottenuto partita dopo partita, andando a sbloccare nuovi personaggi e armi, mentre una progressione da singola run consiste nella raccolta di armi e abilità che andranno perse alla morte, così da ricominciare da zero ogni nuova scalata.
L’estrema frenesia imposta dai ritmi di gioco viene giustificata anche dalla lore. Ogni replicante avrà una bomba collegata al cuore che esploderà entro 18 minuti facendo terminare prematuramente la partita. Questo introdurrà anche una componente strategica appena abbozzata: alcune abilità infatti saranno sbloccabili sacrificando secondi preziosi; queste ultime saranno più potenti del normale e permetteranno di recuperare vita o fare danni extra, ma potrebbero anche aumentare ulteriormente la difficoltà generale, quindi dovremo stare attenti a decidere se varrà la pena sfruttarle. Questa feature del titolo è decisamente molto interessante e dona un’ottima varietà al gameplay, ricordando moltissimo il sistema di power-up di The Binding of Isaac.
La grafica è molto piacevole: pixellosa e con una palette cromatica vaporwave. Sicuramente apprezzabile quindi la direzione artistica, ma pigra a livello di caratterizzazione, soprattutto per via ambientazioni e fondali abbastanza anonimi, che ben presto risultano ripetitivi a livello visivo. La colonna sonora è uno dei punti più deludenti della produzione, sempre più piatta con l’incedere delle run, non cambierà neanche durante momenti particolari come le boss fight, costringendoci a riascoltare lo stesso motivo in un loop costante. Anche dal punto di vista tecnico il titolo presenta qualche incertezza di troppo: nella versione per Nintendo Switch, quella da me provata, giocando in modalità cooperativa capita fin troppo spesso di trovarsi davanti a cali di frame rate molto fastidiosi per un titolo del genere.
Alla lista delle problematiche bisogna aggiungere anche un’HUD fin troppo invasiva. Troppo spesso le comunicazioni di altri NPC o anche semplicemente la selezione delle armi a disposizione andranno ad occupare la schermata di gioco stessa, coprendo il personaggio o un nemico; in un titolo del genere in cui schivare ogni colpo in arrivo è essenziale un difetto del genere è fortemente invalidante. L’assenza di lingua italiana, infine, potrebbe costituire un problema per qualche giocatore, ma non essendoci lunghi testi o effetti delle varie abilità particolarmente complicati da comprendere, in realtà questo aspetto si rivela abbastanza trascurabile.
Black Future ’88 non è un brutto titolo, ha delle idee interessanti ma non innovative, basti pensare che ogni sua singola caratteristica è facilmente riconducibile ad altri titoli più o meno recenti. Mostra un comparto tecnico e artistico gradevole, ma sviluppato con pigrizia e presenta difetti su cui difficilmente si può chiudere un occhio. Il mio consiglio, come sempre per questa tipologia di titoli, è quello di scegliere la versione Switch se ce n’è la possibilità, perché la portatilità della console ibrida di casa Nintendo e le sue caratteristiche la rendono particolarmente adatta a sessioni di gioco veloci e occasionali, aggiungendo valore a questo genere di produzioni.
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