Gli appassionati di giochi indie hanno spesso trovato in Nintendo Switch una fida alleata, sin dalla sua uscita. Sulle pagine di Nerdevil abbiamo sempre voluto evidenziare la capacità dell’eShop di contraddistinguersi non solo per gli immancabili tripla A della casa giapponese, ma anche (e soprattutto) per un’incredibile mole di piccole gemme del panorama indipendente. Giochi dal prezzo contenuto, sviluppati da team molto piccoli – a volte anche 2 persone – e, nonostante ciò, capaci di veicolare ore di sano ed ottimo divertimento.
Se siete qui, ovviamente, avrete già sbirciato il voto in cima e… avrete capito che in mezzo a tale quantità di titoli, può capitare che facciano capolino anche videogiochi non eccellenti o, come in questo caso, davvero poveri sotto ogni punto di vista.
Down to Hell, purtroppo, non merita la vostra attenzione e tantomeno il vostro portafoglio. Come chi segue le mie recensioni sa bene, ho sempre un occhio di riguardo per i giochi sviluppati da piccole compagnie e mi duole ammettere che, stavolta, salvare qualcosa è davvero complesso.
Down to Hell è un action 2D, un hack and slash classico, sviluppato da Red Dev Studio. Il team ha voluto vestire il proprio titolo di un abito gothic/gore/metal, sulla falsariga di quanto visto con Valfaris o, ancora più similmente, con Slain: Back from Hell. Entrambi i titoli citati, però, presentano un comparto artistico e grafico di prim’ordine ed hanno stile e inventiva da vendere.
In Down to Hell invece tutto è tremendamente approssimativo, partendo dal personaggio principale, un cavaliere che fa assolutamente di tutto per rendersi antipatico pur essendo descritto in maniera superficiale. I mostri sono generici e alquanto banali, i boss non fanno assolutamente gridare al miracolo e i dialoghi sono pessimi. Si potrebbero salvare i fondali, in diverse occasioni interessanti e azzeccati per l’atmosfera, se non fosse che spesso vengono riciclati utilizzando palette cromatiche differenti.
Unica nota positiva del misero comparto artistico è rappresentata dalla colonna sonora durante le sfide coi boss di fine livello. Le tracce proposte presentano un death metal di qualità che si sposa ottimamente con l’ambiente che i game designer avevano in mente di creare.
La superficialità che contraddistingue grafica, trama e character design si ritrova anche nello sterile gameplay. Il cavaliere di Down to Hell può vantare un ventaglio di movimenti variegato: può saltare, attaccare velocemente e lentamente (ma con più forza), approfittare di un’accelerata istantanea e anche utilizzare una finisher sui nemici in fin di vita. Peccato che i movimenti siano sgraziati e legnosi.
Il livello di sfida è pressoché nullo, dato che per sconfiggere i vari nemici basta premere il tasto Y a ripetizione, mandando tra l’altro in tilt il motore grafico che, nelle situazioni più concitate, presterà anche il fianco a qualche scatto di troppo. Se il vostro obiettivo invece è quello di arrivare solo al boss successivo, potrete semplicemente correre e saltare ogni nemico, dato che Down To Hell non presenta alcun sistema per evitare questo tipo di cheating (a parte un paio di orde messe qui e lì).
Anche le boss fight non fanno assolutamente niente per essere ricordate. I mostri di fine livello sono enormi e stupidi nemici che, più o meno, presentano le stesse tipologie di attacco. Detto in soldoni, basta scavalcarli e colpirli da dietro avendo la pazienza di terminare la loro enorme barra della vita. Com’è chiaro, quindi, c’è davvero poco di appagante e divertente nel gameplay di Down to Hell e a poco servono le sezioni esplorative e il sistema di upgrade escogitato da Red Dev Studio.
In ultima battuta vorrei parlare della frettolosità con cui è stata gestita la versione Nintendo Switch, autentico colpo di grazia ad un titolo già deficitario sotto i principali punti di vista. Come se un frame rate instabile non fosse già abbastanza fastidioso, Down to Hell dà davvero il peggio di sé in modalità portatile.
Guardate la foto che ho personalmente scattato qui di seguito, e noterete che il personaggio del gioco, quando si gioca in modalità handheld, è coperto dalla barra della vita/mana. Com’è possibile che un errore simile abbia passato la fase di testing? Forse non c’è neanche stata una vera fase di testing?
Down to Hell evidentemente è stato vittima di uno sviluppo frettoloso e approssimativo. Purtroppo, il titolo Red Dev Studio non meriterebbe la vostra attenzione neanche se oggetto di sconto. Qualora davvero vogliate qualcosa di simile virate il vostro interesse su quella gemma di Valfaris o su Slain: Back from Hell.
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