La famiglia Willoughby

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Voto:

Di film su famiglie disfunzionali o comunque con i problemi più disparati ne abbiamo viste molte sullo schermo. Di solito, trattandosi di prodotti per famiglie, assistiamo a genitori e figli che mettono da parte le proprie divergenze per stare insieme e vivere felici e contenti.

Ma come dice fin da subito il gatto azzurro che fa da narratore a questa splendida storia (con la voce di Ricky Gervais in lingua originale), non è certo questo il caso della famiglia Willoughby, una strana versione degli Addams anche se diversamente grottesca e (purtroppo per loro, per fortuna per noi) molto meno unita. Dopotutto, se fosse una famiglia perfetta, chissà che noia.

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Basata sul romanzo di Lois Lowry, la vicenda prende luogo in una bizzarra casa, dove vediamo “Padre” e “Madre” che vivono la loro vita tra effusioni, melensaggini e abitudini poco ortodosse, insieme a un ripudio completo della tecnologia (nonostante la loro abitazione si trovi in mezzo a una metropoli). Questo loro idillio viene spezzato dall’arrivo del loro primo figlio, Tim, che fin da subito viene lasciato a se stesso per via dei suoi “bisogni bambineschi” con i quali i due non vogliono avere nulla a che fare, giacché odiano i bambini. La cosa paradossale è che, nonostante questo, ne avranno altri tre, ovvero la sorella Jane, avida lettrice e bravissima cantante, e i gemelli Barnabi (che per evitare sforzi inutili di immaginazione non hanno neanche un nome diverso), irrefrenabili inventori.

Il grande sogno di Tim è ristabilire l’antico e grande nome di famiglia, un tempo famosa per essere gente importante e amorevole, oltre che dotata di grandi baffi; cosa apparentemente impossibile, dato che Padre, per via dell’amore per Madre, che lo rende a tratti co-dipendente, lascia andare tutto in malora. Gli altri tre invece vorrebbero solo avere dei genitori che li amano, essere liberi di esprimersi ed essere anche apprezzati per le loro grandi doti.

Esasperati, i bambini hanno un lampo di genio: ingannare i loro genitori e spedirli in un viaggio attorno al mondo pieno di pericoli mortali ad ogni tappa, così da poter rimanere orfani e raggiungere finalmente quegli obiettivi per i quali Padre e Madre hanno sempre rappresentato un ostacolo.

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Un grande plauso va fatto a questo film sicuramente per la caratterizzazione dei personaggi e la meravigliosa sceneggiatura di Kris Pearn, che a tratti imbroglia perché sembra quasi voler ricalcare i soliti cliché, ma puntualmente svolta verso trovate più originali.

Ciò che merita ancora di più di questa pellicola targata Netflix però è l’animazione, uno strano misto tra CG, 2D, tecniche usate in “Spider-Man: Un Nuovo Universo” e quella che a volte sembra addirittura stop-motion, con capelli, peli, nuvole ed altro che paiono fatti di tessuto, carta e altri materiali ancora, caratteristica che insieme agli splendidi colori dà proprio l’impressione di essere visto dagli occhi di un bambino.

La soundtrack inoltre accompagna meravigliosamente il tutto, rendendo certe scene ancora più emotivamente alte di quanto già non siano.

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La famiglia Willoughby è un film splendidamente confezionato, con gag e momenti seri variegati e adatti per tutte le età, nonché dedicato a quei bambini in situazioni difficili, che possono così vedere come lo status quo non è costretto a rimanere tale e che la vita può migliorare, se non abbandonano la speranza e mostrano al mondo il meglio di loro.

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Diplomatə al corso e al Master di Sceneggiatura alla Scuola Internazionale di Comics di Torino, laureatə in Letteratura Giapponese a UniTO e felice di essere qua :)

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