Con AkaB non esiste un’unica via, mai. Le interpretazioni dei suoi lavori sono infinite e si dipanano come fili di una matassa davanti agli occhi del lettore, il quale non può far altro che guardarla impotente, incapace di dare una forma e un senso a quel groviglio. Allora cosa fare? Semplicemente lasciarsi sopraffare. Le mani di Z, ultima opera del compianto autore, si potrebbe definire come il suo apice artistico, poiché scuote gli animi come non mai.
Le mani di Z è uno dei fumetti più coinvolgenti e disturbanti che abbia mai letto. AkaB si mostra in tutta la sua essenza, fedele a sé stesso fino alla fine, descrivendo lo spaccato di vita di Zeta, un bambino rinchiuso nel corpo di uomo, perennemente in ritardo sia nei pensieri che nella sua stessa nascita, tolto dalla struttura preposta per occuparsi di lui e lasciato in balìa di sua madre, donna ottenebrata da un amore tossico e dall’ignoranza.
AkaB anziché dare “un ordine” convenzionale al suo fumetto, lo lascia così come sente, narrando scorci di Zeta e forzando il lettore nello stesso quasi mortalmente lento ritmo del protagonista. L’autore si eleva sulla narrazione rendendosi completamente esterno, mero spettatore degli avvenimenti, senza esprimere così alcun giudizio che possa falsare anche minimamente il pensiero di chi sta leggendo. Ci regala un racconto senza alcuna censura, senza alcun limite, talmente forte e desolante che a volte spinge quasi a voltare lo sguardo velocizzando la lettura.
Il tratto è semplice eppure ricercato; ammetto di averlo trovato duro per il mio sguardo, abituato ad altri stili, eppure non sono riuscita a fare a meno di apprezzarlo, poiché tale sintesi non nasconde un’immotivata pigrizia o la paura di avventurarsi in qualcosa di complesso, bensì rivela un lavoro ancora più grande di ricerca e di ritorno all’essenziale. AkaB ha rimosso tutto ciò che narrativamente risultava superfluo per le emozioni che voleva veicolare, tanto che, ad esempio, in questo caso i colori non sono necessari come non lo sono le mezze tinte.
Le mani di Z nasce da un preciso desiderio di AkaB: “In questo libro ho provato a dare delle risposte fantasiose a una realtà che in fondo non volevo e ancora non voglio conoscere“. Per ammissione stessa dell’autore, Zeta prende vita da un suo ricordo d’infanzia in cui ha avuto modo di incontrare un ragazzino così “in ritardo”, disturbante e molto probabilmente disturbato, incapace di vivere il mondo se non filtrandolo attraverso quello del suo eroe: Zorro.
Le mani di Z però non è “solo” un fumetto, poiché nelle ultime pagine c’è anche una sorta di sceneggiatura mista a un flusso libero di pensieri composta dal padre di Zeta, trovato morto suicida nel suo bagno, uno degli unici due ricordi che costellano la memoria del giovane. Ogni elemento familiare di Zeta è profondamente instabile, eppure non si può fare a meno di desiderare di scoprire di più e scavare più a fondo fino a rimanere soffocati dalla terra con le unghie spezzate.
AkaB non vuole trasmettere morali, lui ci lascia liberi di vedere qualcosa e se vogliamo di trarne qualche conclusione. Potrebbe allora sembrare un puro esercizio di stile, invece non lo è, perché per veicolare i propri intenti, non riassumibili nella semplicistica definizione di “messaggio”, l’autore ha dovuto trovare dei mezzi propri che richiedevano l’uso della parola, della musica, delle arti figurative, della sceneggiatura, della sintesi.
Quello creato da AkaB è un genere proprio, fluido quanto indefinibile, delle sabbie mobili fatte di emozioni e crudezza in cui il lettore non può fare a meno di annegare. Le mani di Z è un’opera che forse molti vorrebbero evitare per quanto è emotivamente e psicologicamente dolorosa, ma alla fine i più si ritroveranno inevitabilmente a leggerla, che sia per curiosità o per semplice convinzione di essere talmente forti da sopravvivere immutati a tale tempesta.
Le mani di Z non è una lettura adatta a stomaci deboli e tanto meno a coloro che vogliono una storia veloce, pensata solamente per intrattenere. È sicuramente un volume consigliato a lettori scafati, che cercano ed esigono una lettura che lasci su di loro un segno indelebile.
Un ringraziamento speciale a Eris Edizioni e Progetto Stigma
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