I videogiochi oggigiorno sono parte integrante dell’apprendimento di bambini, adolescenti e adulti. Nonostante siano ancora visti con sospetto e paura da molti, nei campi della scienza e dell’educazione si stanno integrando sempre di più questi strumenti nella didattica e persino nella riabilitazione di pazienti e persone con disabilità.
Anche nel mio lavoro ho avuto occasione di utilizzare il videogioco e i suoi meccanismi con bambini e adolescenti per ottenere diversi scopi: lavoro di squadra, insegnamento di diverse materie scolastiche, rafforzamento dell’autostima, stimolazione della creatività e della motivazione.
Educazione e videogiochi
I meccanismi del videogioco si possono applicare a scuola attraverso la simulazione, il gioco di ruolo, quiz a punti e videogiochi didattici, grazie ad un processo noto come gamification. In Italia purtroppo si tende ancora a considerare tutto ciò una perdita di tempo, ma per fortuna nel resto del mondo le cose stanno cambiando e ad esempio la Polonia ha deciso di inserire This War of Mine, un gioco che tratta la guerra dal punto di vista dei civili anziché dei soldati come di consueto, nel programma educativo dei suoi studenti per l’anno scolastico 2020/2021. Al titolo di 11 bit studios è stata riconosciuta valenza educativa in ambito di problem solving, gestione dell’imprevisto e delle risorse, sviluppo dei processi decisionali, oltre che naturalmente in ambito storico e filosofico viste le tematiche affrontate.
Il videogioco è diventato una componente importante anche nel campo della formazione: da uno studio statunitense del 2007 è emerso che esiste una correlazione tra i videogiochi e lo sviluppo di capacità necessarie per la chirurgia laparoscopica. I partecipanti che avevano dichiarato di giocare ai videogiochi per almeno 3 ore alla settimana commettevano meno errori e operavano più velocemente rispetto ai colleghi non giocatori.
Videogiochi e accessibilità
È fondamentale che i videogiochi, in quanto strumento ludico ed educativo, diventino anche sempre più inclusivi. Quando si parla di accessibilità è facile pensare alle barriere architettoniche, ai parcheggi criminali e in generale alle problematiche del mondo reale, ma è fondamentale pensare che gli stessi ostacoli e le stesse difficoltà possono essere riscontrate da persone con disabilità motorie o sensoriali, o persone neurodiverse, a causa di barriere invisibili nel mondo digitale, che precludono loro un mezzo di socializzazione, benessere e divertimento.
Il settore videoludico sta crescendo e si sta evolvendo non solo tecnologicamente, ma anche orientando le proprie in una direzione più inclusiva, grazie all’inserimento di trame e personaggi volti a rappresentare delle minoranze, e specialmente l’implementazione di impostazioni di gioco pensate e personalizzate per venire incontro a diversi tipi di disabilità.
Il caso più recente in tal senso è quello di The Last of Us 2, che include oltre 60 opzioni personalizzabili dagli utenti con disabilità motorie e sensoriali, in particolar modo visive e uditive. Tra queste troviamo la sintesi vocale, il contrasto elevato, indicazioni audio per movimento e combattimento, sottotitoli (storia+combattimento) e visuale assistita. Importantissima, ma spesso poco considerata, è la personalizzazione legata all’interfaccia: dimensione degli elementi, intensità dello sfondo, colorazione e gamma cromatica dei testi e degli elementi, attivazione e disattivazione degli elementi lampeggianti sullo schermo e ingrandimento di alcune porzioni di quest’ultimo.
Tutti gli elementi citati sono fondamentali non solo per chi presenta delle disabilità, ma soprattutto per le persone disprassiche e disgrafiche, dislessiche, discalculiche e disortografiche: tutte quelle persone, quindi, annoverabili sotto il profilo della neurodiversità.
Le neurodiversità sono tutti i modelli cognitivi considerati atipici rispetto alla maggioranza delle persone, che comportano rallentamenti, difficoltà nell’apprendimento e nella vita quotidiana a causa di una diversa conformazione “mentale”. Questo, tra le altre cose, a causa di una diversa percezione sensoriale che coinvolge tutti i sensi: attività come la lettura, la scrittura e, appunto, la fruizione di film e videogiochi sono tutte azioni che rischiano di risultare difficili, faticose se non addirittura fastidiose e impraticabili, se non possono essere adattate alle necessità della persona neurodiversa.
Da educatrice, ex-videogiocatrice e disprassica posso dirmi felice di osservare un cambiamento così sostanziale nella percezione del videogioco: non più un’attività per pochi, ma una vera e propria occasione di socialità, apprendimento e divertimento estendibile e adattabile ad ogni individuo.
Si ringrazia Fausto Chiodoni per il ritratto utilizzato in copertina
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