Tra tutti i generi narrativi esistenti, il fantasy purtroppo è quello che rischia di ripetersi di più: nonostante il nome richiami il “fantastico”, troppo spesso ci si rifà ai soliti canoni sia a livello di trama che di personaggi (che siano “Tolkieniani” o vengano da D&D), e appena esce un’opera che si discosta anche solo un po’ da questi stilemi ottenendo successo, tutti ne vogliono fare una propria copia, ma senza capire veramente come mai abbia funzionato.
Reaver, fumetto scritto da Justin Jordan e disegnato da Rebekah Isaacs, non solo non si inventa praticamente nulla, ma copia pure male sia da prodotti famosi perché buoni, che da altri pessimi.
Parlarvi della trama mi risulta difficile, perché come in molte altre storie di questo tipo ci sono fazioni, popoli, tribù e nomi improponibili che anche chi dispone della più fine memoria farebbe difficoltà a ricordare dopo una prima lettura, caratteristica che lo rende sconsigliabile ai lettori occasionali o comunque poco avvezzi al genere.
Ci sono due popoli che combattono, gli Akash e gli Escalene, e noi seguiamo i primi perché a quanto pare gli “Esk” sono inaffidabili e i Rael, altro popolo, sono infedeli. Questi ultimi grazie a dei sacrifici umani di massa riescono a prevedere il futuro e quindi a suggerire agli Esk come muoversi per vincere. Un colonnello Akash decide quindi di fermarli mandando una squadra di criminali in una missione suicida, così da non subire perdite importanti e non aggravare il conflitto se le cose andassero male, sgravandosene la responsabilità.
In questo gruppetto abbiamo: un condottiero di origine Esk che però lavora per gli Akash ed è in cerca di redenzione dopo aver disertato e aver fatto morire un colonnello; una spia Akash molto ambigua accusata di essere un assassino di bambini e un traditore; un enorme berserker che vuole solo morire perché ha commesso atrocità in passato; una ragazzina proveniente da una tribù reietta che mangia pelle umana (anche dita e peni all’occorrenza) e parla sgrammaticata; infine, un mago accompagnato da una guerriera: loro tengono la squadra sotto controllo affinché gli obiettivi vengano portati a termine.
Per arrivare a questo punto occorre già aver sfogliato una quarantina di pagine, ma queste sono così verbose e piene di cliché che sembrano almeno il doppio, e una lacrimuccia di disperazione scende inevitabilmente quando ci si rende conto che ne mancano ancora un altro centinaio.
Tuttavia il peggio non risiede in questi elementi già smaccatamente derivativi, bensì (come già accennato) nell’aver fatto scopiazzature dozzinali di altri prodotti. Nella fattispecie la violenza e il sesso sono di chiara matrice Martiniana, ma il mondo e i personaggi appaiono fuori luogo e quindi non arriva neanche ad essere un “wannabe Game of Thrones”, specie contando che non sta solo in quello il successo dei romanzi e della serie tv.
La cosa che più di ogni altra, però, rasenta la bruttura massima e il ridicolo sono tutti quei dialoghi e situazioni che paiono rubati al film Suicide Squad del 2016, noto come uno dei cinecomic più brutti della storia: battute sessuali gratuite e parolacce da film di Micheal Bay, trama poco chiara e nessuna buona ragione per affezionarsi davvero ai personaggi, con uno di questi che ha lo stesso modo di fare e quasi identico character design di Harley Quinn. A completare il tutto, i disegni non sono nulla di speciale.
SaldaPress porta in Italia tante cose belle: supportateli acquistando fumetti come (per restare più o meno in tema) Pestilence o Unholy Grail, ma a meno che non godiate nell’innervosirvi lasciate perdere quest’accozzaglia.
Un ringraziamento speciale a SaldaPress
Devo dire che invece a me è piaciuto, è vero che ci sono dei difetti come la questione dei vari popoli che è un po’ confusa e buttata là. I disegni mi sono piaciuti ma questo dipende dai gusti personali, la storia mi ha riservato alcune sorprese e non è costruita male.
Nessuno toglie che tu possa esserti divertitə, quella è una cosa estremamente personale e probabilmente a te ha toccato delle corde che a me non ha neanche sfiorato.
A parer mio la struttura è estremamente semplice nonché la stessa di centinaia di altre storie fantasy tutte uguali con personaggi e situazioni quasi per nulla differenti; inoltre è davvero verboso, con baloon su baloon che ti “spiegano” le cose invece di mostrarle, tradendo la regola chiave della narrazione che sarebbe “Show, don’t tell”…
Insomma, alla fin fine questi sono problemi obbiettivi di questo e di troppi altri prodotti, ma se piacciono non ci sta problema. Spero che escano sempre più storie che si distacchino da questi stilemi e che possano meravigliare davvero, come il genere sarebbe chiamato a fare.