Sono passati quasi 3 anni da quando ho avuto l’onore di intervistare Emeric Thoa, co-fondatore dello studio The Game Bakers, autori del capolavoro indipendente Furi. All’epoca rimasi semplicemente strabiliato dalle performance che il titolo che li rese celebri aveva su Nintendo Switch, e chiesi loro quando avremmo avuto la possibilità di mettere le mani su un ipotetico Furi 2. Mi fu risposto, con mia estrema sorpresa, che il team stava lavorando su idee “completamente diverse”. Quelle idee, così diverse, sarebbero per l’appunto diventate quello che oggi è Haven.
Per quanto sia evidente, anche semplicemente sbirciando la valutazione di questo nuovo progetto, che The Game Bakers non sia riuscita a ripetersi con un’ulteriore meraviglia, bisogna dare atto al team di sviluppo francese del suo coraggio e della sua carica inventiva. Sono sicuro che la stragrande maggioranza delle software house indipendenti, dopo un inizio col botto come Furi, avrebbe semplicemente sviluppato un seguito o un titolo quantomeno simile al precedente. Tra Furi e Haven, invece, a parte qualche similitudine nel comparto grafico e il filo conduttore del desiderio di libertà che permea i protagonisti delle due produzioni, non c’è assolutamente niente. Se non è coraggio questo!
Haven tratta un tema inusuale per il mondo dei videogiochi, o perlomeno raramente analizzato come in questo caso: l’amore e la vita di coppia. Se è vero che potremmo passare settimane ad elencare le più grandi romance della storia del videogame, è altrettanto vero che Haven fa dell’intimità dei due protagonisti, della normalità di cui ogni relazione si ciba quotidianamente, la parte centrale dell’esperienza, come quasi mai accaduto nella storia di questo medium.
I ragazzi di The Game Bakers iniziano il racconto di Kay e Yu, i due amanti e personaggi principali del gioco, senza spiegare niente del loro passato. I due formano già una coppia, da un tempo imprecisato, e sta al giocatore, attraverso i dialoghi e le vicende narrate, ricomporre il puzzle della loro storia. Entrambi hanno deciso di chiudere con la propria vita precedente in modo drastico e, scappando dal proprio pianeta chiamato Arnia, approdano su Fonte, particolare corpo celeste composto da isolotti e permeato da una particolare fonte di energia di nome Flusso.
Qualcosa però dev’essere andato storto durante il viaggio, dato che la fidata navicella spaziale dei due, battezzata Nido, richiede un ingente numero di riparazioni per essere rimessa in moto, e cercare pezzi di ricambio sarà quello che i due si porranno come obiettivo principale praticamente per quasi tutta l’avventura.
Nell’universo di Haven la libertà ha un valore diverso, immensamente più grande. Sull’Arnia non è, per esempio, possibile scegliere il proprio partner e si viene accoppiati ad un altro individuo dal Sensale, programma che tiene conto delle proprie attitudini e preferenze e che indirizza l’esistenza delle persone sin dalla tenera età. È per questo che i due ragazzi, messi di fronte alla scelta di dover vivere da fuorilegge e fuggitivi o condurre un’esistenza in catene sul pianeta natale, preferiscono rischiare il tutto per tutto. Nonostante Fonte sia praticamente deserto e scevro di qualsiasi attrattiva, sembra quasi un paradiso per i due i quali possono, almeno per un po’, godersi la propria relazione senza restrizioni e vergogne.
Il rapporto che coinvolge Kay e Yu è ovviamente protagonista dell’enorme mole di dialoghi di cui Haven è dotato, per fortuna localizzati perfettamente in italiano, fattore non da poco per una produzione di questo tipo. Sebbene sia chiara la cura con cui i dialoghisti hanno confezionato questo aspetto del gioco, il risultato è spesso altalenante, con conversazioni che fin troppo frequentemente scadono nello scontato e nello stereotipato, con toni e termini che risultano innaturali in una relazione amorosa. Il continuo e arguto battibeccare dei due, che hanno sempre e fittiziamente la risposta pronta, rimanda ad una tipologia di scrittura tipica delle sit-com piuttosto che ad un caldo ed intimo racconto d’amore. Non mancano, per fortuna, situazioni in cui la comunicazione tra Kay e Yu si fa più spontanea e realistica, soprattutto in concomitanza delle scene con rimandi più erotici.
L’incertezza nella scrittura che purtroppo investe parti del comportamento dei personaggi principali non si ritrova, invece, nell’intreccio che fa da sfondo alla relazione amorosa. Le vicende che interessano la trama, sebbene il tutto si svolga con un ritmo fin troppo diluito per via della struttura stessa del gameplay, si incastrano benissimo con l’esplorazione di Fonte e con la ricerca delle parti di ricambio per il Nido. Gli sviluppatori sono riusciti a creare una storia capace di mantenersi interessante per tutta l’esperienza di gioco, che si attesta intorno alle 12 ore.
Catalogare Haven in una determinata tipologia di videogame è particolarmente difficile, dato che presenta meccaniche proprie di diversi sottogeneri. L’esplorazione è sicuramente una parte preponderante di tutta l’offerta ludica e, quando non si fa a pugni con l’inefficiente gestione della telecamera, risulta anche divertente ed appagante. Sfruttando gli speciali stivali di cui Kay e Yu sono dotati, si potrà levitare e percorrere a gran velocità le vallate di Fonte, utilizzando le correnti di Flusso per raggiungere aree altrimenti inesplorabili.
Sul pianeta è presente una strana materia chiamata Ruggine, un agente altamente inquinante di colore rosso, e starà ai due amanti ripulire gli isolotti dalla sua presenza. La Ruggine rimane però molto utile non solo per riparare il Nido, ma anche per craftare potenziamenti spendibili in battaglia. Peccato che le ambientazioni, seppur curate e a tratti incantevoli, non nutrano la giusta varietà andando a minare il piacere stesso di perlustrare i numerosissimi isolotti. Quando impegnati nell’esplorazione, magari proprio mentre si è intenti a scovare segreti e collezionabili o durante la raccolta delle particolari verdure di Fonte da poi cucinare al Nido o in un accampamento, può accadere di venire attaccati da animali autoctoni resi violenti dalla Ruggine.
Haven si trasforma così in un gioco con combattimenti a turni, dove è possibile controllare contemporaneamente sia Yu che Kay e dove la mappatura dei tasti è volutamente semplificata. I due hanno a disposizione, oltre alla parata e alla mossa di chiusura dei combattimenti chiamata “Placa“, solo due tipi di attacco chiamati rispettivamente Bomba e Impatto. Ogni nemico presenta una debolezza marcata rispetto ad uno dei due, i quali possono essere eseguiti anche in contemporanea dai due amanti ed essere pertanto resi più devastanti. Il tutto funziona davvero bene a mio parere, soprattutto nelle fasi avanzate dove gli sviluppatori sono riusciti ad inserire interessanti variazioni sul tema.
Che la relazione di Kay e Yu sia il perno centrale di Haven lo si capisce anche dall’influenza che ha sul gameplay. Infatti, l’unico modo per livellare i personaggi e renderli più forti e capaci in battaglia è quello di spendere del tempo assieme. Cucinare, abbandonarsi ad una chiacchierata sul divano, suonare uno strumento per il proprio amato, condividere una storia, sono tutte attività che andranno a riempire una barra che, una volta al culmine, permette ai due personaggi di effettuare un level-up, con tanto di celebrazione a suon di shottini alcolici. Un approccio sicuramente non nuovo, ma che si incastra perfettamente con le sensazioni che Haven distribuisce in ogni fase di gioco.
Per quanto abbia fortemente apprezzato il coraggio del team francese e la volontà di cambiare diametralmente genere dopo lo strepitoso Furi, mi duole ammettere che Haven non fa centro come dovrebbe. Il progetto è chiaramente ambizioso, di carne al fuoco ce n’è davvero tanta. Forse troppa. Qualcosa non è andato perfettamente in fase di progettazione perché, se da un lato non si può mettere in discussione l’indubbio talento dei programmatori, dall’altro c’è la sensazione che i vari elementi introdotti (dialoghi, trama, esplorazione, combattimento, collezionabili, eccetera) siano scollati tra loro e curati con una qualità altalenante.
Non stiamo di certo assistendo ad un passo falso di The Game Bakers, anzi, sono sicuro che il prezioso know-how immagazzinato durante la progettazione di Haven farà comodo ai francesi in futuro, ma non siamo di fronte ad un titolo che può rivaleggiare con la qualità generale vista in Furi. Sul comparto tecnico, invece, ho ben poco da recriminare dato che Haven è uno spettacolo non solo per gli occhi, come detto sopra, ma anche e soprattutto per le orecchie, con una colonna sonora composta da Danger fantastica, evocativa e sognante.
The Game Bakers mostra tutto il proprio coraggio pubblicando un titolo inedito ed inusuale, non solo per il team di sviluppatori ma, in generale, anche per il panorama videoludico. Non tutto funziona alla perfezione, ma Haven nasconde indubbiamente diverse qualità ed è pervaso dalla conclamata capacità artistica del team. Chi è alla ricerca di un’avventura romantica diversa dalle altre dovrebbe considerarne seriamente l’acquisto.
Special thanks to The Game Bakers
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