Per quanto io mi consideri un incrollabile ateo anticlericale, non ho mai nascosto il mio smodato interesse per tutto ciò che concerne l’aspetto mistico, occulto e, perché no, storico delle religioni. Quando, infatti, il lato più arcano del cattolicesimo si fonde con del purulento horror splatter non posso fare altro che cedere dinnanzi al fascino di questo mix.
Questo è Roman Ritual: scritto da El Torres – uno degli autori di fumetti più prolifici degli ultimi tempi – e illustrato da Jaime Martinez, Guillermo Sanna e Sandra Molina (quest’ultima ne ha curato i colori). Come accade nella maggior parte dei casi, una trama semplice si rivela essere una delle carte vincenti e necessarie per dar vita ad una buona opera. La storia del prete esorcista John Brennan non fa eccezione.
Il nostro protagonista, per motivi non meglio precisati che si scopriranno nel corso della narrazione, è in esilio volontario – dopo aver rischiato la scomunica – nel recondito entroterra di Valencia e porta egregiamente a termine i casi di possessione più complessi. Al termine dell’ennesimo esorcismo viene convocato d’urgenza a Roma dal suo vecchio cardinalato; la Chiesa sta affrontando un pericolo troppo grande persino per il Vaticano: pare che il papa stesso sia posseduto dal demonio. Ciò mina gravemente la stabilità della Santa Sede.
È chiaro come Roman Ritual tragga ispirazione da più elementi de L’esorcista – il film di William Friedkin – nonostante questo, non si tratta affatto di una banale scopiazzatura: la misteriosa matassa da sciogliere, alla base della sinossi, non è semplice come si è portati a credere; insomma, non si parla un dozzinale esorcismo. Questo è uno degli aspetti cardine che spinge il lettore ad arrivare in fondo al volume, carico di una curiosità crescente che si innesta sin dall’inizio delle vicende.
L’altra componente di qualità è rappresentata proprio dalla figura di Brennan – quindi, di riflesso, dalla sceneggiatura. John è coinvolto non solo nella sua nuova missione, ma anche in delle questioni penitenziarie passate in cui il carcere apostolico ha, ovviamente, un ruolo di peso. Non si comporta affatto nel modo che ci si aspetterebbe da un normale prete. Oserei dire che è un personaggio tarantiniano per la sua sagacia, la sua lingua tagliente e il suo essere una testa calda alla quale possono persino prudere i pugni.
Un perfetto antieroe con un grave peso nascosto nel cuore. In nome del suo rischioso incarico e del suo passato turbolento arriverà persino a scandagliare gli archivi segreti del Vaticano, supportato dal fedele arcivescovo Georges. In questo la storia assume leggere e apprezzate tinte investigative.
A proposito di missioni da compiere, il cuore pulsante della produzione risiede nei suoi momenti più concitati. I riti per scongiurare le presenze sataniche – sboccate, aggressive e decisamente credibili – sono sequenze molto tese, direi adrenaliniche; complici formule in latino pronunciate a sguarciagola e le tavole che non si risparmiano nei dettagli e nell’uso di palette cromatiche adatte.
In particolare, predominano illustrazioni molto scure, gli attimi di luce sono volutamente limitati. Ciò alimenta un sentimento di insicurezza che aleggia in tutto il volume e, soprattutto, nella fragile Roma dipinta da El Torres. Non mancano splash page sanguinolente e terrificanti, dotate di un fascino tutto loro: il fascino dell’orrido e del perturbante, per immortalare gli eventi più agghiaccianti.
Il tratto ha un equilibrio perfetto: pulito e leggibile – permettendo quindi di seguire al meglio le vicende – ma, allo stesso tempo, carico di inchiostro e sangue nei frangenti più brutali. I fugaci scorci esterni contribuiscono a dipingere San Pietro come un’ambientazione lugubre e spettrale, dove non ci si sente mai al sicuro. E pensare che dovrebbe essere una “fortezza che dovrebbe salvare gli uomini dall’oscurità […] ma le fortezze e i loro guardiani hanno crepe“.
La Roma di Roman Ritual è, per usare le parole del demonio in persona, “una città zuppa di merda e sangue, costruita su feti marciscenti“. È proprio verso la città eterna e la sua Chiesa che gli autori sfoderano una fortissima e inequivocabile critica: al solo scopo di mantenere una stabilità meramente di facciata, il clero custodisce indicibili segreti confessionali, intraprende lotte di potere e professa senza ritegno innumerevoli bugie. Tutto questo aleggia intorno all’atroce mistero alla base della storia, tutto da scoprire. Scoperta che avviene seguendo un ritmo pressoché perfetto: non c’è un momento morto, si è sempre spinti a proseguire la lettura per svelare la verità.
Non mi sorprende che El Torres sia stato definito da molti un “maestro dell’orrore“: con questa sua opera ci regala una storia sì derivativa, sotto certi aspetti, ma dannatamente coinvolgente. Una sceneggiatura di ferro, un grande protagonista per cui fare il tifo e un comparto artistico d’eccezione rendono Roman Ritual una lettura irrinunciabile per tutti gli amanti dell’horror più crudo.
Personalmente, dopo l’annuncio di una serie TV basata sul fumetto e diretta da Paco Plaza, non vedo l’ora di rituffarmi nei luoghi spiritati e ansiogeni nati dalla penna di uno dei migliori autori europei contemporanei.
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