Dopo aver dipinto macabre pennellate in Layers of Fear, investigato nella mente insieme a Daniel Lazarski in Observer ed affrontato, faccia a faccia, la follia in Blair Witch, lo studio polacco Bloober Team ci porta in una nuova, terrificante avventura: The Medium. Riuscite ad immaginare come sarebbe vivere tra la realtà e ciò che si cela oltre di essa? In un precario equilibrio tra due mondi? Marianne, protagonista di questa vicenda, ci fa i conti da sempre, o almeno… da quando ne ha memoria.
Pubblicato il 28 gennaio in esclusiva temporale Microsoft, The Medium ha già riscosso un notevole successo tra i videogiocatori, coinvolgendoli con una meccanica di gioco innovativa ed una trama ricca di colpi di scena. Con i suoi ambienti decadenti questo gioco, nato da un perfetto mix di horror psicologico e thriller, crea un’atmosfera torbida. I richiami a grandi pilastri del passato come Silent Hill e Resident Evil si fanno sentire, emanando il loro caratteristico senso di angoscia in grado di condurre chiunque in un’altra estraniante dimensione.
Un bosco illuminato da freddi lampioni, una ragazza che corre, ansimando, in fuga da qualcosa di orribile e sconosciuto. Arrivata al bordo di un pontile, in riva ad un lago, si volta a guardare il suo aggressore. Nessuna via di scampo, solo un colpo di pistola che infrange il silenzio di quel luogo.
“Inizia tutto con una ragazza morta“, dice Marianne, una giovane donna adottata in tenera età da un impresario di pompe funebri. Per lei non è nulla di sconvolgente: da quando ne ha memoria, ha sempre avuto questo tipo di visioni grazie ai poteri paranormali di cui è dotata. Poteri che le consentono di oltrepassare, illesa, la sottile soglia che tiene separato il mondo dei vivi da quello dei morti. Il compito di cui si è fatta carico è quello di entrare proprio in quest’ultimo, con il fine di aiutare gli spiriti dei defunti a passare oltre, liberandoli dalle catene del mondo terreno.
Dopo essersi occupata del corpo e dell’anima del padre adottivo, dipartito alcuni giorni prima del nostro arrivo, Marianne riceve una strana chiamata. Una misteriosa richiesta d’aiuto la porterà a scavare nell’oscuro passato di Niwa, un lussuoso resort fuori città (ispirato ad un luogo che esiste realmente in Polonia, l’Hotel Cracovia), ormai in rovina e teatro di un terribile massacro.
La storia di The Medium risulta sempre avvincente e mai banale, rappresentando uno dei punti focali dell’opera. Nonostante la centralità della narrazione, la lore non sempre viene valorizzata nel modo giusto, risultando in alcuni momenti quasi in secondo piano. Per approfondirla in modo adeguato a soddisfare la propria curiosità, il giocatore dovrà andare alla ricerca di un serie di documenti e cartoline collezionabili, sparsi nei meandri della mappa di gioco. Leggendoli ed unendo i puntini, con un po’ d’impegno, si riusciranno a scoprire diverse sottotrame che, per quanto ben costruite, avrebbero avuto un impatto più forte se esposte con più semplicità.
Nonostante Marianne si trovi per la maggior parte del tempo all’interno del resort di Niwa, The Medium introduce una meccanica di gioco davvero particolare. Nel momento in cui la ragazza avrà un’esperienza extracorporea lo schermo si dividerà in due: da una parte la realtà, dall’altra il mondo dei morti. Il tempo che passeremo in ognuno dei due mondi è ben bilanciato e, in alcuni momenti, avremo la possibilità di decidere in modo autonomo da che lato giocare. Tutto quello che faremo in un mondo si rifletterà in modo diretto sull’altro, fornendo la soluzione per alcuni degli enigmi logici ed ambientali proposti.
Questo particolare dualismo proposto da Bloober Team mette in relazione le rovine del Niwa, volto di una Polonia post-comunista, e la straniante e surreale atmosfera dell’oltretomba. È interessante notare che la parte medianica è quella dove vengono rappresentati i sentimenti dei personaggi: paure, perversioni e pensieri vengono rappresentati visivamente, grazie ai forti colori utilizzati per le luci.
Se da una parte troviamo enigmi piacevoli da risolvere (nonostante in certi momenti risultino un po’ troppo macchinosi), dall’altra gli scontri con il “villain” che perseguita Marianne non sono del tutto soddisfacenti. Il nostro cammino verrà intralciato da La Fauce (doppiato da Troy Baker), uno spaventoso mostro portato in vita dai sentimenti perversi e maligni custoditi dal luogo. Nonostante il desiderio di distruggere quest’agghiacciante creatura, all’interno del gioco non c’è un modo per combatterla attivamente ed eliminarla una volta per tutte: l’unica cosa che rimane da fare è semplicemente fuggire attraverso delicate fasi stealth, facendo attenzione a non farsi sentire.
Questa modalità finisce per creare nel giocatore un senso di impotenza: si vorrebbe combattere ma, di fatto, i momenti in cui lo si può fare realmente sono davvero pochissimi e di breve durata. La continua fuga ed il fatto che non si combatta realmente, unita all’esplorazione che risulta forse un po’ troppo guidata e lineare, tende a rendere l’esperienza di gioco un po’ piatta, non valorizzando appieno la novità dello split-screen.
Sul fronte tecnico, per The Medium arrivano alcune piccole note di demerito. Prima fra tutte, quella dedicata alle animazioni. Sia per quanto riguarda i movimenti dei personaggi che per le loro espressioni facciali, il lavoro avrebbe meritato una cura maggiore. Mentre la community si aspettava un gioco che mettesse in luce le potenzialità della next-gen, ciò ha ottenuto è stato, invece, una produzione con un budget medio-basso, sicuramente insufficiente a soddisfare le aspettative create. Lo stesso discorso vale anche per le inquadrature, realizzate con un sistema di telecamere fisse sulla protagonista. Questo metodo, utilizzato spessissimo nei vecchi survival horror, anche se molto bello e curato a livello artistico ed estetico, non è (purtroppo) sempre funzionale, e talvolta rende difficile indirizzare il personaggio.
Per quanto riguarda il comparto grafico, troviamo ambienti particolareggiati e ben costruiti, in grado di trasmettere nel modo giusto gli stati d’animo proposti. Il lavoro è ottimo, anche se non esente da qualche imprecisione: si registrano infatti alcuni leggeri cali di frame rate durante i filmati, insieme a piccoli bug grafici e lievi sfarfallii. Un altro appunto da fare è sul livello dell’accuratezza grafica, che vede texture accurate nel mondo reale alternate ad altre di qualità minore nel momento in cui la schermata si divide in due. Tutto ciò comunque non è troppo rilevante, in quanto tranquillamente risolvibile mediante una patch correttiva. Impossibili non citare poi i quadri del pittore polacco Zdzisław Beksiński, fonte di grande ispirazione per i luoghi visitabili nell’aldilà, immersi in un surrealismo dal carattere fortemente emotivo.
Un elemento davvero deludente porta ad abbassare la valutazione del gioco, invece, è certamente la musica. La colonna sonora è nata da un’importante collaborazione tra Arkadiusz Reikowski, compositore interno di Bloober Team, ed Akira Yamaoka, il celeberrimo autore delle musiche di Silent Hill. Il risultato è un tema malinconico di grande impatto, che però, in alcuni tratti del gioco, risulta impalpabile, quasi inconsistente. Da un compositore del calibro di Yamaoka, forse, ci si sarebbe aspettati qualcosa di un po’ più forte e penetrante.
L’esperienza, complessivamente, risulta interessante ed innovativa anche se ancora un po’ limitata, quasi trattenuta. Sarebbe stato interessante vedere la meccanica dello split-screen utilizzata in maniera più originale e meno statica, approfondendo e sviluppando in maniera meno superficiale le interazioni tra i due mondi. La mescolanza di un intricato dramma e precisi cenni storici dedicati ad una Polonia in decadenza, mette in scena una storia che tratta temi adulti e delicati, sicuramente difficili da affrontare con leggerezza, che portano alla riflessione.
Gli elementi di gioco presenti non sono oppressivi ma sempre, costantemente, disturbanti, sia da un punto di vista visivo che uditivo. Nonostante i componenti del gameplay risultino ancora non completamente maturi, come anche il level design, il risultato è un’avventura horror ben fatta. Il giocatore viene infatti abbandonato ad un costante stato di tensione, alimentato dalla totale assenza dei classici jumpscare. The Medium si presenta comunque come un buon lavoro, davvero piacevole da giocare e dal sapore inusuale: che possa essere una base per qualcosa di più?
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