Cyberpunk: origini, caratteristiche e opere principali

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Nella vasta varietà di generi narrativi, la fantascienza è probabilmente quello più ricco di sottocategorie e derivazioni, che possono spaziare dalla space opera più lontana e quasi più iscrivibile al fantasy, fino all’hard sci-fi rigorosamente scientifico e verosimile. Il successo e la proliferazione della fantascienza si deve infatti sia alla sua estrema versatilità, che al suo poter essere “complementare” a qualsiasi altro genere.

Pur avendo dei tòpoi ricorrenti, la “science fiction” spesso regola solo dei canoni di ambientazione – grazie ai moltissimi sottogeneri – ma non preclude alcun tipo di narrativa classica: un noir, un’avventura, un thriller, un horror, possono tutti essere visti in una chiave fantascientifica, che può aiutare a creare snodi narrativi, riflessioni morali o filosofiche e situazioni più stimolanti rispetto ad un’ambientazione realistica. All’inizio degli anni ’80 un nuovo sottogenere stava nascendo, ed era destinato a diventare uno dei più influenti e famosi di tutto l’immaginario fantascientifico: il cyberpunk.

Origini

blade runner artwork

Il termine cyberpunk è un neologismo coniato da Bruce Bethke nel 1983 come titolo per un suo racconto, e solo successivamente diventato la definizione di questo nuovo sottogenere. È molto importante, infatti, sottolineare come la nascita di questa corrente artistica provenga da molte sensibilità e necessità comuni che negli anni ’80 sono arrivate al loro culmine, dando la spinta finale per la creazione di opere del genere. Partendo infatti solo da influenze comuni e sviluppandole in modo simile, è proprio nel 1982 che escono 3 opere fondamentali della narrativa cyberpunk, in 3 media e altrettante parti del mondo diverse.

La più famosa, quella che ha fatto conoscere il genere pur non nominandolo mai esplicitamente, è il film Blade Runner, del regista inglese Ridley Scott, uscito in contemporanea ai racconti Johnny Mnemonico e La notte che bruciammo Chrome di William Gibson (autore canadese e padre del cyberpunk letterario), e al manga Akira di Katsuhiro Otomo, fumettista e poi successivamente regista che ha contribuito, soprattutto grazie alla trasposizione in film della sua opera, alla diffusione di anime e manga in Occidente. Stando a un’intervista dello stesso Gibson, quando andò a vedere per la prima volta il capolavoro di Ridley Scott al cinema non riuscì a terminare la visione e scappò via dalla sala piangendo, pensando a quanto del suo ancora non finito romanzo Neuromante (del 1984) fosse già presente in quel film.

Neuromante William Gibson cover
Particolare dalla copertina originale di Neuromante

Il soggetto di Blade Runner altro non è che il racconto Ma gli androidi sognano pecore elettriche? di Philip K. Dick, autore di fantascienza importantissimo che con il suo Le tre stimmate di Palmer Eldritch aveva già fatto da precursore, negli anni ’60, a un’ambientazione in pieno stile cyberpunk, pur senza gli impianti tecnologici tipici del genere, frutto dell‘estremizzazione della tecnologia dei decenni successivi. Dick è stato anche un grandissimo narratore di ucronie e distopie – con Ubik, La Svastica sul Sole e Un Oscuro Scrutare, per citare i titoli più famosi – le quali sono alla base di ogni ambientazione cyberpunk, prendendo l’ispirazione dai capisaldi del genere: Il Mondo Nuovo di Aldous Huxley (1932), e 1984 di George Orwell (1949).

Bruce Sterling, il curatore della storica raccolta Mirrorshades, nella quale fornisce il manifesto del movimento – che si faceva ancora chiamare “movimento degli occhiali a specchio” – cita inoltre James Ballard e William Burroughs come ispirazioni per il loro stile di scrittura e tematiche, essendo la loro una scrittura quasi “psichedelica” e al limite del flusso di coscienza Joyceiano (soprattutto Burroughs). Tali elementi infatti risultano internalizzati nella loro poetica e la visione di un “melting pot” non solo culturale, ma anche lessicale e narrativo, con salti logici e parole mutuate da altre lingue, che creano sensazioni rifacenti a quelle dell’interfacciarsi ad un terminale ed essere inondati di informazioni.

Tematiche, culture, estetica

ghost in the shell anime

Le metropoli gremite di persone di tutti i tipi, l’intreccio di più culture, la lotta di classe, il corporatismo, il consumismo, l’ambientalismo, il transumanesimo, l’intelligenza artificiale, la bioingegneria, l’esistenzialismo, sono tutti piccoli tasselli di un sottogenere che si è sempre di più scavato una sua nicchia fino a diventare tra i più importanti della fantascienza tutta. “Il cielo era del colore della televisione sintonizzata su un canale morto“, questa è la prima riga di Neuromante, che riesce ad essere tanto sintetica quanto descrittiva di una società ormai ai suoi limiti naturali.

Il cyberpunk è quindi probabilmente il sottogenere di fantascienza che ha più agganci nella politica e nel sociale – essendo nato negli anni delle politiche di Reagan e Thatcher – diventando la naturale risposta che tutto il mondo artistico dell’epoca stava dando alle problematiche mondiali. Non a caso questo è il primo sottogenere “punk” della fantascienza, nel quale i protagonisti sono reietti dello sprawl, affamati di rivalsa sociale ed esistenziale, in lotta con un mondo estremamente consumista, lobbista e discriminatorio, in completa analogia con i movimenti musicali di quel periodo: la new wave ed il post-punk.

Pris da Blade Runner e la cantante punk Siouxsie Sioux

Un altro punto importantissimo del cyberpunk riguarda l’estetica, ed anche qui si ha una mescolanza di diverse culture e stilemi. Come già detto, per la cultura, il vestiario e l’attitudine si pesca molto dal punk anni ’70 e dal post-punk degli anni ’80, il tutto estremizzato in chiave cibernetica con gadget tecnologici e impianti, mentre per l’architettura bisogna tornare più indietro. Il più naturale precursore a cui si può pensare è sicuramente Metropolis (1927), film muto di Fritz Lang nel quale la distopia della metropoli prende vita per la prima volta, con dei tagli di luce espressionisti ed un design architettonico così innovativo e originale che verrà preso di pari passo da Blade Runner, Akira e tutti coloro che vorranno rappresentare una città futuristica, non solo prettamente cyberpunk.

Il capolavoro di Lang, oltre a mettere in scena una precisa rappresentazione della lotta di classe, è anche il primo film nel quale appare un robot e si assiste alla sua costruzione, gettando le basi, anche qui, per il futuro della fantascienza tutta, iniziando il discorso che porterà ai racconti Asimoviani, le fondamenta per il concetto di intelligenza artificiale prettamente cyberpunk. Un altro film molto importante per la rappresentazione robotica e precursore della strada che poi il cyberpunk prenderà su questo tema è Il Mondo dei Robot – Westworld di Michael Chrichton, nel quale gli androidi assoggettati al volere degli umani si ribellano prendendo coscienza di loro stessi, gettando, inoltre, visivamente le basi per il Terminator di James Cameron, del 1984.

La città di Metropolis (1927) a confronto con quella di Akira (1988)

Le grandi metropoli rappresentate dai racconti del genere sono sempre divise in classi sociali e rappresentate come corrotte, ripiene di criminalità e sotterfugi, mutuando molta di questa rappresentazione della società dai noir degli anni ’30 e ’40, come possono essere i capolavori Il Grande Sonno di Howard Hawks o Il Terzo Uomo di Carol Reed, ma inserendoci temi sociali più attuali. Non è un caso infatti che il primo film del genere, Blade Runner, sia in fondo un classico noir, riportato in un’ambientazione cyberpunk.

L’estetica si è comunque evoluta dalla nascita del genere sino ad ora, infatti è possibile già riscontrare una differenza al passare di solo 7 anni, tra Akira, del 1988 (ma tratto dal fumetto dell’82) e Ghost in the Shell, il capolavoro di Mamoru Oshii del 1995 sulla nascita dell’intelligenza artificiale, nella quale l’elettronica casalinga la fa molto più da padrona e gli impianti cibernetici sono all’ordine del giorno. Questo oltre a rappresentare un uso molto più moderno dei personal computer – tanto da ispirare le sorelle Wachowski nell’estetica e nelle tematiche per il loro capolavoro Matrix – così come farà anche la serie animata Serial Experiments Lain nel 1998, arrivando a mettere in scena il tema della dissociazione virtuale.

minority report

Nel 2002 poi è Minority Report di Steven Spielberg a gettare i nuovi canoni per l’estetica cyberpunk, ammorbidendo le linee spigolose della tecnologia – design che poi seguiranno anche nella realtà a partire dal 2005 fino alla fine del decennio – e rappresentando i computer “olografici” come nuovo standard futuristico. Il processo di ammorbidimento delle linee continua con Io, Robot di Alex Proyas, nel quale anche i robot sono rappresentati con fattezze più tondeggianti.

Con l’arrivo degli anni 2010 le linee tornano spigolose grazie all’avvento del minimalismo nella moda, arrivando alla rappresentazione di esoscheletri e tecnologia di tipo più “militare” come si può vedere nei film Elysium (2013) e Chappie (2015), entrambi di Neill Blomkamp, o Edge of Tomorrow (2014) di Doug Liman. Inoltre, con la nascita di vere protesi artificiali tecnologicamente avanzate, si ha un redesign di tutto il cyberware e gli impianti tecnologici che fanno parte della cultura cyberpunk, per avvicinarli sempre di più al realismo e non rimanere indietro coi tempi, ma soprattutto per avvicinare sempre di più lo spettatore all’idea di un “futuro imminente”.

Opere consigliate

mirrorshades cover
Particolare dalla copertina originale di Mirrorshades

Grazie all’uscita del videogioco di CD Projekt Cyberpunk 2077, nella cultura di massa si sta vivendo una sorta di “revival” di questo sottogenere, che sicuramente in futuro porterà alla creazione di nuove opere originali, ma che per ora ha permesso – grazie a Mondadori – la ristampa di alcuni classici del genere ormai fuori catalogo da molto tempo, in un’imponente antologia di quasi 1400 pagine dal titolo Cyberpunk – Antologia assoluta. Le opere incluse nel volume sono Neuromante di William Gibson, Snow Crash di Neal Stephenson e La Matrice Spezzata di Bruce Sterling, tre capolavori del cyberpunk che riescono a mostrare anche la naturale evoluzione di questo genere nel corso degli anni, evidenziando ad esempio le differenze nella rappresentazione concettuale della cultura degli “hacker” – portata alla massa da questo sottogenere narrativo – tra gli anni ’80 del primo e terzo romanzo e gli anni ’90 del secondo. Come se non bastasse, il volume Mondadori è impreziosito dalla raccolta di racconti Mirrorshades, il manifesto dell’iniziale cultura cyberpunk letteraria da cui tutto è nato, curata da Bruce Sterling, che ha inoltre scritto la prefazione dell’intera antologia.

Un’altra opera interessante per comprendere il passaggio tra gli anni del genere e le sue influenze può essere il film d’animazione Metropolis (2001), diretto da Rin Taro – un adattamento del manga di Osamu Tezuka del 1949 ispirato al film di Lang del 1927 – e scritto da Katsuhiro Otomo, che quindi omaggia la sua principale ispirazione estetica per Akira, ampliando e modernizzando il concetto di robot racchiuso al suo interno.

Sono molteplici le letture, le visioni e i giochi consigliati per approfondire sempre di più questo genere, che fortunatamente è stato ripescato dall’orlo del baratro e che spero venga sempre di più riconsiderato e proposto. Concludo quindi con delle liste di titoli da cui attingere, nelle quali per completezza ho incluso anche quelli già citati:

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Professare l'eclettismo in un mondo così selettivo risulta particolarmente difficile, ma tentar non nuoce. Qualsiasi medium "nerd" è passato tra le sue mani, e pur avendo delle preferenze, cerca di analizzare tutto quello che gli capita attorno. Non è detto che sia sempre così accurato però.

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