Che l’industria videoludica sia in crescita in Italia è un dato di fatto e, ammettiamolo, ci fa anche tanto piacere. Sebbene siamo ancora ben lontani dalla quantità produttiva proposta dai principali player presenti sul mercato, è innegabile che sempre più titoli made in Italy siano in grado di catturare l’attenzione della community mondiale e i videogiochi sviluppati dalla nostrana 3DClouds non fanno eccezione.
Il team milanese vanta un portfolio ragguardevole, soprattutto nel campo dei titoli racing di cui probabilmente Xenon rappresenta la punta di diamante, ma prima d’ora non si era cimentata nello sviluppo di un action RPG a sfondo piratesco rigorosamente single-player. Il risultato, sebbene non buonissimo in ogni sua parte, restituisce un videogame completo e in linea di massima divertente ed avvincente. Un esperimento riuscito insomma, malgrado l’inesperienza del team in questo genere si veda tutta, soprattutto nella calibrazione di alcune fasi di gioco.
Il gioco ci catapulta in un mondo simil-caraibico, con mappa generata proceduralmente, dove la Marina, la forza politica e militare più influente del pianeta, è riuscita a tenere a bada i pirati per secoli. Dopo aver scelto il proprio personaggio tra i due disponibili, Lucky (maschile) e Marylou (femminile), entrambi figli dell’attuale regnante, assistiamo al tradimento che una larga parte della corte mette in opera contro la famiglia reale. A quel punto, costretti a fuggire dalla capitale e desiderosi di vendicare l’ingiustizia subita, non possiamo far altro che cedere alla tentazione di affiliarci alla piccola, ma pur sempre attiva, comitiva di pirati ancora presente sul globo.
L’intero intreccio viene raccontato attraverso dialoghi testuali supportati da ispirate immagini dei personaggi disegnate a mano. Peccato che queste ultime siano poche e vengano a noia piuttosto velocemente, anche per via dell’assenza del doppiaggio, che porta ad appiattire l’interesse nei confronti delle conversazioni. Chiaramente non è la prima volta che tale espediente viene implementato in produzioni indie e per questo non mi giunge per niente inaspettato. Tuttavia si sarebbe potuto fare qualcosa di più, non tanto per la trama principale, quanto per i dialoghi che precedono le missioni secondarie, i quali purtroppo ricalcano davvero poche tipologie di situazioni. In ogni caso la storia si mantiene interessante per le circa 20 ore necessarie per completarla senza far gridare al miracolo, ma garantendo un tappeto narrativo coerente.
Le prime fasi di gioco su King of Seas sono utili a familiarizzare col gameplay, attraverso un tutorial che spiega le basi della navigazione e del combattimento marittimo. Bisogna ammettere che, pad alla mano, è davvero divertente e appagante controllare l’imbarcazione di turno, che sia uno Sloop come nelle prime fasi di gioco o un lento ma capiente Flute acquistato a suon di dobloni. Le 5 navi disponibili sono differenziate in maniera eccellente con capacità di movimento, virata e offesa differenti tra loro; personalmente ho trovato il compromesso ideale nella Fregata, imbarcazione snella e scattante quasi quanto il Brigantino ma, al contempo, capace di rivaleggiare col Galeone per numero di bocche da fuoco.
Dove King of Seas funziona in maniera eccellente è proprio nelle fasi di combattimento, che possono arrivare a perdere davvero interesse solo nelle fasi finali del gioco, quando alcuni potenziamenti si rivelano immensamente più utili di altri. Tutte le imbarcazioni hanno 3 differenti barre della salute: una che ragguaglia sulle condizioni delle proprie vele, un’altra sull’equipaggio e, infine, una terza sullo stato dello scafo, la quale decreterà l’affondamento della nave al raggiungimento dello zero. Soprattutto ai livelli di difficoltà più elevati, il gameplay è in grado di offrire sfide avvincenti e tattiche, particolarmente nei duelli 1 V 1, francamente meglio calibrati di quelli che ci vedranno in inferiorità numerica. Accumulando esperienza si possono sbloccare abilità nel fitto albero dei talenti, indirizzando la propria build verso il miglioramento della propria veleggiata, dei cannoni o dell’equipaggio. Andando avanti inoltre si sbloccherà la possibilità di assaltare gli osticissimi porti avversari che, una volta conquistati, possono diventare utili covi da potenziare a loro volta con consistenti investimenti di denaro.
In ogni porto sarà possibile, interrogando il carpentiere, potenziare la propria nave con una grandissima quantità di upgrade ottenibili anche distruggendo le imbarcazioni nemiche. Si va dal miglioramento delle palle di cannone fino alle vele, passando per il castello della nave, per le abilità attive e tanto altro. Ogni componente è codificata da un colore che ne indica la rarità, sistema a cui noi giocatori siamo oramai avvezzi da diverso tempo. Gli upgrade più introvabili non solo garantiranno prestazioni notevolmente migliorate al proprio vascello, ma permetteranno anche di guadagnare un discreto gruzzolo qualora venduti ai carpentieri.
Se l’interazione con il mastro del porto è più che soddisfacente, lo stesso non si può dire del mercato. In King of Seas infatti è presente un sistema di compravendita che, scimmiottando quanto visto in Port Royale, renderà conveniente l’acquisto e la vendita di beni in particolari porti. Qualora, ad esempio, la nostra base sia capace di generare un gran numero di barili di Rum, questi saranno più economici da acquistare e conseguentemente genereranno più profitto se venduti in un avamposto dove questo prodotto scarseggia. Una feature che mal si sposa con il ritmo del gioco e fa a pugni con un’interfaccia poco completa. Inoltre, presto viene meno anche il vantaggio economico di sforzarsi nel commercio, dato che diverrà possibile guadagnare molto di più e molto più velocemente con altre attività.
Un’altra componente che ho trovato altamente tediosa, ben più importante del mercato, è quella dell’esplorazione. Il mondo di King of Seas è di dimensioni ragguardevoli, con decine di arcipelaghi da esplorare, e nonostante gli sviluppatori abbiano provato in tutti i modi a rendere i momenti di viaggio i meno monotoni possibile, gli spostamenti (soprattutto quelli lunghi) annoiano prestissimo. Una volta in mare è effettivamente possibile essere attaccati da un Kraken o da una nave di cacciatori di pirati ma, alla lunga, certi imprevisti diventano più una scocciatura che una sfida e ben poco aiutano, spezzando il ritmo, nella ricerca dei tesori o nelle attività di pesca.
Un vero peccato perché, insieme al combattimento, quella della navigazione rappresenta una delle due metà fondamentali del gameplay; la prima funziona alla grande, la seconda molto meno. A tal proposito vale la pena far notare il più grande problema di King of Seas, insito nel suo stesso gameplay per come sono strutturate le sue missioni: la ripetitività. Il gioco piratesco italiano, soprattutto nella parte centrale dell’esperienza, soffre di missioni secondarie (a volte necessarie) estremamente poco interessanti e di un numero troppo esiguo di tipologie di missioni.
3DClouds ha compiuto un ottimo lavoro sul piano artistico, con una colonna sonora ben realizzata, sebbene composta da poche tracce, e un impatto grafico più che adeguato per la dimensione della produzione. Finora sono riuscito a non nominare l’elefante nella stanza, ovvero la vera fonte d’ispirazione di tutta la produzione a livello estetico: Sea of Thieves, dal quale King of Seas riprende lo stile scanzonato e goliardico. Ovviamente, a parte il citato Port Royale, guardare una videata di gioco non può non riportare ad altri mostri sacri del genere come Sid Meier’s Pirates! e fa piacere vedere come il team milanese sia riuscito a mescolare tante importanti fonti di ispirazione e metterle insieme con un proprio stile personale.
Pur ammettendo che una maggiore varietà paesaggistica avrebbe reso l’esperienza ancora più interessante, bisogna lodare quanto portato sullo schermo da 3DClouds. Il ciclo giorno-notte è capace di regalare variazioni di colore accattivanti e realistiche, le tempeste restituiscono un reale sensazione di pericolo e le vere protagoniste del gioco, ovvero le navi, sono ben modellate in ogni loro parte, potenziamenti compresi. Peccato non sia stata inserita un’ulteriore telecamera, ancora più larga di quella principale, che avrebbe donato più strategicità alle manovre. Chissà che non sarà oggetto di una futura patch, insieme al già pianificato supporto post lancio.
3DClouds decide di uscire dalla comfort zone e portare sul mercato un action RPG single-player interessante e coraggioso. Seppur ripetitivo alla lunga e mal bilanciato in alcune parti, King of Seas risulta complessivamente un’esperienza piacevole, con un tasso di sfida ben calibrato, tante personalizzazioni e un comparto artistico azzeccato. Da poco uscito praticamente su ogni console e su PC, un titolo da tenere in considerazione anche e soprattutto se affascinati dall’ambientazione, visto che è offerto ad un prezzo più che corretto.
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