Ansel mette su pantaloni, camicia, giacca e cravatta prima di uscire di corsa per sbrigare delle faccende. Cosa c’è di strano? Se il vostro habitat fosse il classico paese fantasy medievale dove – magia a parte – il massimo della tecnologia è la ruota, forse lo guardereste storto anche voi. Ed è proprio quello che accade al ragazzo, benvoluto da tutti ma considerato quello strano perfino dai suoi amici. Quel che nessuno sa è che Ansel è perseguitato da visioni di persone in cravatta e oggetti tecnologici.
Le cose si faranno ancora più interessanti quando il ragazzo deciderà di trovare i Folklords, delle creature mitiche la cui ricerca è stata bandita dall’ordine dei bibliotecari del suo mondo – pena la morte per chiunque ci provi. Nonostante tutto Ansel riesce a farla franca e partire per il suo viaggio, ma ciò che scoprirà andrà ben oltre ogni sogno e immaginazione.
Matt Kindt regala un’avventura fantasy davvero atipica, dove l’elemento principalmente attrattivo sembra essere una sorta di voce narrante diegetica, che crea da subito un rapporto disarmonico e quasi metanarrativo con il lettore. Inizialmente è difficile intuire cosa questa voce cerchi di dirci, ma il senso di dissonanza è ravvisabile sin dalle primissime pagine della storia.
Accanto a questo elemento così sopra le righe, Kindt riesce ad ideare una classica storia costituita dal viaggio dell’eroe e condita di tutti gli elementi più tipici di questo tipo di narrazione: l’aiutante, le complicazioni progressive e il cattivo che implica anche un notevole plot twist. Forse proprio per questa sua adesione al genere, quasi da manuale, a volte la narrazione può sembrare vagamente banale e i tanti piccoli elementi che la costituiscono risultano prevedibili. Un facile esempio – che non costituisce uno spoiler così importante – è l’inserimento della fiaba di Hansel e Gretel, telefonata già nella prima pagina del volume, ma incastrata nella trama in modo ancora più forzato.
Stranamente in Folklords ad essere interessante è proprio la macrotrama, innovativa nel saper mescolare in modo così inusuale la realtà alla quale il lettore è abituato con gli elementi più classici del genere fantasy. A questo elemento si intreccia in modo indissolubile la presenza della voce narrante che, come già detto, sembra stonare ma costituisce al contempo l’elemento di maggiore attrattiva di tutto il volume.
Dal lato estetico troviamo uno stile di disegno morbido e rotondo, con colori gradevoli e delicati – che si intonano perfettamente con lo stile narrativo, piuttosto fanciullesco ma anche capace di tingersi di tonalità più fredde nei momenti più drammatici. Un perfetto equilibrio che si snoda nel corso del volume, dimostrando un perfetto sodalizio tra i gli autori: Matt Kindt alla sceneggiatura, Matt Smith al disegno e Chris O’Halloran al colore.
Le pecche di questa piccola perla pubblicata da Edizioni BD? Non si concede abbastanza tempo per approfondire bene i background dei rispettivi protagonisti e si ha più la sensazione di una piccola, davvero minuscola, finestra aperta su un’azione già in corso; in tal senso il lettore è quasi escluso dalla narrazione e rischia di non avere gli strumenti necessari al fine di simpatizzare per i personaggi che si muovono sotto i suoi occhi o quantomeno conoscerli.
Nonostante questo, e il finale aperto che lascia una po’ una sensazione di incompiuto – ma si spera la storia avrà un seguito – il volume si presenta come ben strutturato e capace di attirare l’attenzione su di sé. Gli autori sono senz’altro da tenere d’occhio, nella speranza che ci possano regalare qualche altra pagina sulle avventure dedicate ad Ansel e ai mitici Folklords.
Un ringraziamento speciale a Edizioni BD
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