Il cinema, come tutte le arti, viene spesso utilizzato al servizio di un messaggio, che sia politico, sociale, religioso, esistenziale, morale, artistico, questo poco importa. Negli ultimi anni, la tendenza da parte del cinema “blockbuster” è stata quella di appiattire fino a eliminare delle idee che dovrebbero porsi come fondanti nei film, facendoli rimanere solo delle mere successioni di eventi (più o meno intrecciate), dalle quali, alla fine, non rimane nulla che possa far ragionare lo spettatore.
Una Donna Promettente, esordio alla regia dell’inglese Emerald Fennell – già attrice nella terza e quarta stagione di The Crown e co-sceneggiatrice di Killing Eve – è un film dichiaratamente di denuncia, che fa di tutta la sua ragion d’essere il messaggio che vuole trasmettere, posizionandosi esattamente al polo opposto della tendenza Hollywoodiana moderna.
Cassie (Carey Mulligan) è una giovane “donna promettente”, viene da buona famiglia, frequenta un corso di medicina nel quale spicca tra i migliori studenti e vive tranquillamente la sua vita con i suoi amici. Lo stupro e la conseguente morte per suicidio depressivo della sua migliore amica Nina, avvenuto nel suo campus universitario, incrina completamente l’esistenza della ragazza, che non riesce a trovare una motivazione per quello che è successo, ed è scossa fortemente dall’assoluzione di uno dei principali accusati.
Questo fa sì che Cassie prenda una decisione drastica nella sua vita, votandola completamente alla vendetta per la sua amica, iniziando a fingersi ubriaca nei locali notturni della sua città per spaventare e punire (senza mai uccidere) tutti gli uomini che tentano, ogni volta, di avere rapporti con lei approfittandosi del suo stato d’incoscienza. Quella che una volta era una donna promettente diventa così una donna fallimentare, che alla soglia dei 30 anni ancora vive coi genitori, che lavora stagionalmente come barista e che non riesce a superare un lutto così inspiegabile, riacceso dopo la scoperta dell’imminente matrimonio del principale colpevole, notizia che la farà precipitare in una spirale ancora più distruttiva al fine di arrivare a compiere la sua vendetta.
Già dai titoli di testa, scritti con un font rosa shocking e glitterato, si capisce l’intento provocatorio di un film che, nella sua concezione post-moderna di “rape and revenge”, va a toccare tutti quei punti ambigui e oscuri nei concetti di femminismo, cultura dello stupro e colpevolezza dell’atto in sé, mettendo in scena una vicenda così emotivamente carica che non può rimanere indifferente nemmeno ad un pubblico maschile. Il punto di forza di “Promising Young Woman” è proprio nella sua narrazione iperbolica, nella sua rappresentazione della “reale distopia” che le donne sono costrette a vivere ogni giorno a causa del pericolo dello stupro, nel quale anche un piccolo vicolo buio sotto casa può diventare un teatro degli orrori, e per questo nel film anche il più insospettabile e gentile degli uomini può nascondere sotto la propria maschera qualcuno che probabilmente ha già compiuto o compirà un atto simile.
Questa fatalità del destino non è tanto da attribuirsi a una misandria tanto decantata sui social, quanto alla rappresentazione di una società moralmente ed implicitamente maschilista e complice, che rende questi atti (per gli uomini) come se fossero la normalità e qualcosa da niente, che può capitare, o che al massimo è visto come un “errore da ragazzi”. È infatti un sistema che perpetra sé stesso poiché autosufficiente a far mantenere le relazioni di potere al proprio posto, tanto che nel film anche le donne(!) vengono aspramente criticate in quanto complici e omertose più degli uomini stessi, che farebbero di tutto pur di mantenere la propria posizione di potere.
La critica qui diviene quindi doppia, andando a distruggere amorevolmente anche quel “femminismo tossico” di cui i detrattori hanno invece tacciato il film stesso. Le donne in carriera, che occupano una posizione di potere o dell’alta società, sono per la Fennell forse anche peggio degli stupratori stessi, traendo vantaggio dal marcio sistema del quale ormai loro non sono più “vittime” in quanto appartenenti ad “un’altra società”, che si basa sullo sfruttamento e maltrattamento delle donne ai ranghi più bassi. Ed è qui che come una novella Miss Marx la nostra Cassie si erge a rivoluzionaria, a simbolo di un cambiamento che può avvenire solo sotto il grido di “donne di tutto il mondo, unitevi”, tramite una lotta di classe che diventa lotta di genere.
Non mancano infatti molteplici inquadrature che rappresentano la protagonista come il Cristo o la Madonna, quasi al voler dare un impulso messianico ad un personaggio che, attraverso le sue azioni, non vuole essere compreso, né compatito. Un personaggio che tramite la sua storia può divenire il simbolo di una liberazione, che non ha bisogno di essere gradevole né empatico in quanto carico del messaggio che il popolo dovrà ascoltare, e che lascerà un segno nonostante detrattori o estimatori che non dovranno seguire le sue azioni, ma solo ascoltare le sue parole.
Ed è questo il pregio più grande di Una Donna Promettente, che pur risultando a qualcuno troppo diretto, carico, magari fallace o solo sgradevole, riesce comunque a lasciare un segno e sensibilizzare su un tema ancora troppo discusso e discutibile, e sono un paio le scene che, pur essendo totalmente della schiera politica opposta, non possono che suscitare una forza immedesimante incredibile.
La regia è incalzante e segue pedissequamente la protagonista, rendendoci partecipi di tutti i suoi pensieri e le sue scelte, risultando però a volte fin troppo standard. Certo, non mancano alcuni guizzi tecnici, ma sono le idee di messa in scena e l’idea di base a costruire il film, più che i semplici movimenti di macchina. L’idea, infatti, di mescolare un thriller dalle atmosfere crude con la commedia romantica più classica e frivola è vincente, e anche qui emerge quasi come critica al ruolo “prestabilito” della donna che deve per forza fare un tipo di vita, vestirsi in un certo modo, ascoltare un tipo di musica e guardare determinati film che non possono essere “impegnati” come quelli degli uomini.
L’estetica da “Barbie” degli anni ’90 che appare in molte scelte di fotografia, ma soprattutto nella musica, vuole quasi essere un rimando a quel tipo di cinema, fatto per le donne e in cui le donne devono per forza rispecchiarsi, creando un’immagine distorta del loro ruolo che forse è creata proprio dal sesso opposto per farle rimanere al loro posto della scala gerarchica e sociale.
Pur non essendo un film perfetto, Una Donna Promettente lascia il segno, tocca delle corde veramente importanti e può colpire tanto uno spettatore maschile quanto uno femminile, a patto che non si abbiano dei pregiudizi sul suo intento. E questo intento, che tanto abbiamo elogiato, diventa probabilmente l’unico, vero, punto di debolezza della pellicola che, senza il suo messaggio graffiante e forse anche troppo diretto, non splenderebbe ai nostri occhi come sta facendo.
Sono infatti un paio le scelte che avrei cambiato in cabina di regia, per rendere il film ancora più “potente”, inserendo qualche dilemma etico in più e creando delle situazioni che avrebbero portato a dubitare di più la protagonista. Ma se già questa versione diretta e concisa risulta indigesta al grande pubblico maschile, forse il suo obiettivo la regista l’ha già raggiunto, dimostrando come sia proprio questa “cultura” a dover esser cambiata, e ricordando sempre che, alla fine del film, l’unico personaggio redento è un uomo. Alla faccia della misandria.
Commenta per primo
Questo sito è protetto da reCAPTCHA e si applicano le Norme sulla Privacy e i Termini di Servizio di Google.