The Suicide Squad – Missione suicida

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Voto:

James Gunn non delude mai, basterebbe lo scoppiettante trailer in coda a questa recensione per rendersene conto. The Suicide Squad – Missione suicida, l’ultimo attesissimo cinecomic di casa DC, si fa prepotentemente largo tra le uscite estive con l’obiettivo di portare in auge il suo universo al cinema dopo i pessimi – è il caso di dirlo – Birds of Prey, Wonder Woman 1984 e l’altrettanto orripilante Zack Snyder’s Justice League. In verità la lista di fallimenti sarebbe ancora lunga, e a salvarsi dalla mia personalissima ghigliottina è solo il Joker di Todd Phillips, che tuttavia è una cosa a parte.

Warner Bros. Pictures, insomma, mette nuovamente in gioco la tattica del regista – e che regista! – di richiamo per tentare di consegnare al grande pubblico un prodotto che possa fieramente – e finalmente – dirsi riuscito. La produzione sarà stata abbastanza lungimirante? Direi che le prime righe dell’articolo non lasciano spazio a equivoci, ma con uno come Gunn è d’obbligo scendere nei dettagli.

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In maniera totalmente provocatoria potrei limitarmi a dire: “Correte al cinema, sedetevi comodi e guardate i primi dieci minuti di film, vi basteranno”. Sì perché quel folle di Gunn in questo cinefumetto eleva la sua poetica al massimo grado e accoglie lo spettatore con un lungometraggio che spicca subito non solo per una fotografia accesissima, dai colori volutamente molto saturi che restituiscono in maniera ottimale l’estetica dei fumetti, ma anche per un ritmo incalzante fin dal principio. Per quest’ultimo sono due i ringraziamenti da spendere: il primo per il regista stesso che firma, non a caso, anche una sceneggiatura fresca, vivace e che va dritta al punto. Il secondo è da rivolgere al montatore Fred Raskin – noto per essere uno stretto collaboratore di Quentin Tarantino – che, spalleggiato dal collega Christian Wagner, dona a The Suicide Squad un andamento elettrizzante.

È l’agente governativo Amanda Waller (un’algida Viola Davis) ad aprire le danze, mettendo insieme una tanto scalmanata quanto nutrita squadra speciale di super criminali, prelevati direttamente dal carcere di massima sicurezza di Belle Reve. Lo scopo? Radere al suolo un enorme laboratorio, situato sull’isola di Corto Maltese e guidato da Thinker (Peter Capaldi), i cui esperimenti rischiano di mettere a repentaglio gli Stati Uniti. Il continente è difatti minacciato dal regime dittatoriale del piccolo atollo, e più nello specifico dall’operato del generale Mateo Suárez e del suo braccio destro Silvio Luna.

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Peter Capaldi nei panni di Thinker.

La Suicide Squad messa in scena da Gunn è esplosiva, come lo è – in termini di spettacolarità e risate – il suo arrivo sulla costa di Corto Maltese, sequenza grazie alla quale il cineasta guadagna definitivamente lo status di genio capace di ribaltare tutte le formule precostituite dei cinecomic. Il cast coinvolto nell’azione frenetica del film è davvero numeroso e presenta tra le sue fila fantastici attori – apprezzabili ancora di più in lingua originale – nei panni di grotteschi villain. Tra i tanti interpreti a schermo, brillano particolarmente:

  • Un Idris Elba in grande spolvero nel ruolo del micidiale mercenario Bloodsport, capitano del team insieme a Rick Flag (Joel Kinnaman)
  • L’immancabile Margot Robbie con la sua nota e amata Harley Quinn
  • Un sorprendentemente bravo John Cena che interpreta l’altrettanto letale Peacemaker
  • King Shark, l’iconico uomo-squalo mangia uomini doppiato da uno spassoso Sylvester Stallone
  • Un’ottima Daniela Melchior, ovvero Ratcatcher II
  • Un esilarante David Dastmalchian nei buffi panni di Polka-Dot Man: un cattivo dal passato traumatico che, letteralmente, spara pois per mietere le sue vittime.

Portare sul grande schermo un insieme di interpreti così nutrito – oltre a quelli elencati ce ne sono altri ancora! – costituiva un rischio da non sottovalutare: gestire equamente un numero così ingente di personaggi è davvero difficile, ma James Gunn dà a tutti il giusto peso, dimostrando nuovamente di essere un direttore in gamba.

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Volendo imbastire un veloce confronto con il disastroso Suicide Squad del 2016, è possibile dire che il lavoro di Gunn e compagni è palesemente sopra le righe – basti pensare a quanto i super cattivi di Missione suicida siano strambi e borderline – ma si distacca egregiamente dalla pellicola precedente poiché riesce a bilanciare a dovere comicità e dramma, evitando di orchestrare qualcosa di macchiettistico. Il lungometraggio di David Ayer, al contrario, è purtroppo pregno di una seriosità di fondo che non giova né alla narrazione, né agli antieroi a schermo. Il trucco è non prendersi troppo sul serio, conservando però quella dose di drammaticità che arricchisce le vicende e strappa qualche lacrima: in questo, The Suicide Squad si avvicina molto al primo Guardiani della Galassia.

Tutti gli attori sono perfettamente in parte e, al contempo, i loro personaggi sono sempre approfonditi a dovere grazie ad uno scorrere oculato della trama, che sa prendersi i suoi tempi per stratificare al meglio ogni interprete. Tempi che, come già sottolineato, non risultano affatto biblici come nel caso di quel mattone terrificante e pachidermico di Avengers: Endgame. In ultimo, è bene evidenziare come anche il ruolo di Harley Quinn sia stato rifinito, diventando più sfaccettato (senza dimenticare del sano, ma mai stucchevole fan service).

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The Suicide Squad è una montagna russa di emozioni e situazioni: la furba penna e la regia funambolica di James Gunn si divertono sempre a osare e a giocare con le aspettative del pubblico, lasciandolo spesso e volentieri in tensione, complice anche una gestione dell’intreccio che si articola tramite diversi salti temporali. Risulta, quindi, oltremodo complesso parlare del film senza spoilerare: nel corso della storia vengono continuamente disseminati colpi di scena, divertenti o scioccanti.

Passando al lato tecnico, un plauso va al lavoro di fino del reparto effetti visivi, capitanato dagli studi Framestore (La bussola d’oro, Gravity) e Weta Digital (District 9The War – Il pianeta delle scimmie), ormai una garanzia nel campo. Encomiabile anche l’adrenalinica colonna sonora composta da John Murphy. Dulcis in fundo, meravigliosamente truculente le quasi onnipresenti scene d’azione, in pieno stile Troma di Lloyd Kaufman, mentore artistico di Gunn.

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Bloodsport, interpretato da un poliedrico Idris Elba.

The Suicide Squad – Missione suicida è, in definitiva, l’ultima fatica di un cineasta dalla mente sopraffina che al giorno d’oggi detta legge nell’universo dei cinefumetti: rompe sapientemente ogni regola, restando contemporaneamente fedele al materiale di partenza, ovvero il fumetto stesso nel senso più ampio del termine. L’essenza autoriale è palpabile in ogni minuto della pellicola: il regista riesce persino a infonderci una personalissima critica all’ottusità statunitense.

Cos’altro dire se non: produttori, date sempre carta bianca a James Gunn, è cosa buona e giusta! A tal proposito, una delle due scene post-credits ci ricorda che è in arrivo anche la serie tv dedicata a Peacemaker, sempre ad opera di Gunn.

Un ringraziamento speciale a Warner Bros.

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Videogiocatore incallito, cinefilo dalla nascita, attore di teatro e batterista da diversi anni. Adoro approfondire qualsiasi cosa abbia a che fare con l'arte e l'audiovisivo: è difficile fermarmi quando inizio a scrivere o a parlare focosamente di ciò che amo.

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