Decorum vol. 1, una fantascienza a dir poco visionaria

decorum vol 1 saldapress recensione

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Per parlare di Decorum si potrebbe accennare alle corporazioni criminali o agli intrighi interplanetari e già si avrebbe un terreno di partenza interessante. Ma non c’è solo questo, quindi aggiungiamo anche intelligenze artificiali senzienti e artefatti dalle caratteristiche divine, eppure ancora non ci siamo. Decorum è tutto ciò e, allo stesso tempo, qualcosa di completamente differente.

Prima di procedere oltre, però, chiariamo una cosa: cos’è Decorum? Si tratta del fumetto fantascientifico scritto da Jonathan Hickman (noto per il suo lavoro di rilancio degli X-Men) e disegnato da Mike Huddleston (The Coffin, Deep Sleeper), pubblicato in Italia da SaldaPress, che ha raccolto in 2 volumi gli 8 numeri pubblicati negli USA da Image Comics.

Decorum Nave

Il compito più difficile, volendo parlare di Decorum, non consiste nel dipanare i fili di un intreccio troppo involuto o nel trovare un senso logico-figurativo all’interno di tavole dal disegno traballante. Anzi, sia la trama che l’impianto grafico assolvono in modo decisamente efficace ai propri compiti, come verrà spiegato meglio in seguito.

La cosa veramente ardua sta nel rispettare l’enorme complessità che costituisce il cuore pulsante dell’opera. Per fare un esempio, si potrebbe dire che il cardine portante della vicenda sia Neha Nori Sood, una giovane ragazza invischiata in traffici criminali pur di mantenere in stato di ibernazione la sorella malata. Così facendo però si dovrebbero omettere altri particolari fondamentali, come lo scontro millenario tra un’intelligenza artificiale senziente e una misteriosa setta dedita a proteggere un uovo cosmico che si dice contenga il Creatore. Anche aggiungendo questi particolari si sceglierebbe lo stesso di ometterne altri, come l’esistenza di una gilda segreta di letali donne assassine. E ancora e ancora…

In qualsiasi modo si cerchi di descriverlo, l’enorme e stratificato universo narrativo di Decorum continuerà a sfuggire per quel piccolo particolare, per quella sfumatura che rende unico il mondo presentato ai lettori in questo primo volume. Via via che si sfogliano le pagine infatti non sarà strano avvertire la piacevolissima sensazione di trovarsi dinanzi a una storia che può permettersi di mettere tanta carne al fuoco, perché sembra avere le idee chiare su cosa raccontare e come farlo.

Decorum combattimento

Decorum infatti non si limita a creare un vasto e intrigante universo narrativo, ma si prefigge l’obiettivo di stravolgere ogni aspettativa del lettore e scaraventarlo in una zona inaspettata, diversa dal solito ma non per questo scomoda. Come raggiunge questo obiettivo? Rendendo unico e imprevedibile ogni aspetto del fumetto inteso come medium.

Facciamo qualche esempio: la presenza di pagine scritte all’interno dei fumetti non è una novità assoluta (basti pensare all’incipit metanarrativo del John Doe di Roberto Recchioni), ma renderle tanto frequenti da divenire parte integrante della narrazione, ecco, quella è una cosa abbastanza peculiare. Tutto ciò sarebbe comunque troppo facile, quindi perché non inserire anche mappe spaziali e pagine informative sulle caratteristiche geofisiche dei pianeti su cui si svolgono di volta in volta gli eventi? Il tutto senza mai ricadere nell’info dumping, calibrando al milligrammo la quantità di informazioni presentate nei vari capitoli e trasformando queste schede informative in piacevolissimi tasselli, capaci di ibridare forme apparentemente distanti come il romanzo e la narrazione a fumetti.

decorum 1 cryopod

Un altro aspetto che lascia ben sperare in un felice prosieguo del racconto risiede nella mano ferma con cui Hickman dirige abilmente una storia corale, di respiro amplissimo, che deraglierebbe subito se mal governata. Questa solida sceneggiatura si traduce dunque in tavole lavorate di fino, in cui può esprimersi appieno la maestosa grandezza dell’universo che va formandosi, ma senza che ciò derivi in noia, “decompressione narrativa” o, peggio ancora, confusione.

L’intreccio si sviluppa con la precisione millimetrica di un orologio svizzero, riuscendo nell’intento per nulla semplice di armonizzare numerose linee narrative, dando loro tutto lo spazio necessario per svilupparsi e contribuire a gettare le fondamenta del mondo stesso in cui le vicende hanno luogo. Va poi sottolineato che l’uso dello spazio all’interno della tavola è imprevedibile e innovativo, perfettamente in linea con la visione artistica che soggiace a Decorum.

Impossibile poi non menzionare il lavoro certosino svolto sui personaggi, che già dalle prime parole mostrano un carattere e una personalità assolutamente riconoscibili, senza per questo essere relegati a uno spazio di bidimensionalità macchiettistica.

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Passando al comparto grafico, quanto verrà scritto di seguito si potrebbe riassumere con un “non è possibile che questa roba funzioni così bene”. Non è possibile, davvero. La componente visiva di Decorum non è “solo” visionaria, ma è forse la più riuscita trasposizione su carta di un meraviglioso sogno allucinato. Huddleston sembra quasi capace di scambiarsi le mani con altri tre o quattro disegnatori, spaziando enormemente tra stili ed influenze senza che l’impianto figurativo perda mai, nemmeno per un secondo, la sua profonda e intrinseca armonia. In Decorum possiamo trovare, nell’arco di una decina di pagine, sfondi che citano apertamente Pollock e la tecnica del dripping, doppie splash pages fortemente influenzate dalle atmosfere sospese della pittura metafisica di de Chirico, oltre a navi spaziali che, per forma e colore, ricordano moltissimo i bozzetti di Jodorowsky per il suo film mai realizzato su Dune.

Giusto per non farsi mancare niente, è importante sottolineare che i cambi di stile a cui si accennava prima non modificano in modo leggero quanto appare sulla pagina, ma lo stravolgono da cima a fondo. Huddleston spazia con agilità disarmante da vignette dipinte a mo’ di quadri a intere sezioni in cui predomina un bianco e nero pesantissimo, fino ad arrivare a punte quasi espressioniste in cui il tratto si fa aspro e bozzettistico. E funziona tutto. Huddleston non tira fuori un coniglio dal cilindro, bensì un intero incrociatore spaziale, riuscendo a mantenere un’assoluta e fluida coerenza stilistica in questa girandola di colori, stili, tecniche e forme.

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Arrivati a questo punto dell’articolo ci si potrebbe chiedere, lecitamente, se questo fumetto abbia o meno qualche difetto. Ecco, la risposta non è così semplice come si potrebbe credere. Ovviamente, scavando davvero a fondo, si potrebbe far notare che una delle primissime scene d’azione appare forse un po’ ingessata, anche se decisamente chiara. Si tratta comunque di un pelo del pelo nell’uovo.

A essere obiettivi, l’unico potenziale difetto di Decorum è Decorum stesso. Mi spiego meglio: come si sarà capito da quanto detto sopra, il fumetto resta molto difficile da classificare, essendo non solo un genere a sé stante ma anche una forma narrativa fortemente ibridata. Ciò può essere visto come uno straordinario pregio, ma anche come un elemento profondamente problematico. Per via della sua natura decisamente sperimentale, Decorum potrebbe apparire come eccessivamente bizzarro ad alcuni lettori più legati ai canoni narrativi tradizionali. In questo senso, non aiuta decisamente il fatto che al termine del volume non ci sia la conclusione di un arco narrativo, ma solo una grande quantità di succosissime domande, per le cui risposte si rimanda al secondo e ultimo volume pubblicato da SaldaPress.

Al netto di tutto ciò, Decorum ha tutte le carte in regola (e anche qualche asso nella manica) per essere una straordinaria e inaspettata sorpresa per tutti gli amanti della fantascienza e, più in generale, delle storie che non solo azzardano, ma lo fanno in grande stile.

Un ringraziamento speciale a SaldaPress

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Lettore, videogiocatore, finto cinefilo e grande chiacchierone.

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