Italia, campagna toscana, 1944, ancora un anno al termine della guerra. Martha e Giulia sono le figlie gemelle di un generale tedesco e di una donna italiana. Certo, possiamo immaginare che la loro vita non sia semplice, ma avere l’occasione di poter trascorrere del tempo nella casa in campagna dà loro modo di potersi concedere ancora un po’ di serenità, magari per scendere al lago a farsi un bagno, per poter leggere o scattare qualche foto. Così, una notte come tante altre, Giulia sta sistemando le sue macchine fotografiche vicino al lago con la speranza di immortalare qualcosa di interessante, quando qualcosa di peculiare si presenta al freddo occhio del suo obiettivo: cosa sta galleggiando nell’acqua? Non è forse… un corpo? Una rapida corsa, un tuffo, una nuotata, ed eccola mentre trascina a riva i resti senza vita di una donna… non una donna qualsiasi: è lei, è sua sorella gemella, è Martha!
Ma il fato non ha ancora finito di giocare, e un piccolo momento di conforto rubato farà in modo che Giulia si invischi in una rete di non detti, precipitandola in una realtà diversa: per gli altri è lei ad essere morta. Martha non c’è più, ma forse potrà vivere ancora un po’, anche solo in una finzione, anche solo per avere un po’ del calore che lei, Giulia, non ha mai avuto l’occasione di percepire per sé stessa.
In pochi minuti veniamo catapultati nel cuore pulsante del gioco: quel titolo, “Martha è morta“, rappresenta l’inizio e la fine di un viaggio tormentato, grave come solo la morte di una persona amata potrebbe essere, un fardello reso ancora più pesante da una guerra incipiente che, come un cane rabbioso, è pronta a mordere le caviglie della giovane Giulia, così da non lasciarla illudersi che possa esserci ancora gioia o speranza.
Valutare un gioco come Martha is Dead è un’operazione atipica, poiché ad essere atipico è il gioco stesso. Volendo soffermarsi solo gli elementi ludici potremmo definirlo come un walking simulator con elementi interattivi sparsi e qualche sub-quest legata a oggetti da cercare, ispezionare e utilizzare, così da sbloccare determinati eventi; ma inquadrare il titolo in questo modo vorrebbe dire fare a questo prodotto (e a noi stessi) il torto più grande che si possa immaginare. Parlare di Martha is Dead vuol dire focalizzare la maggior parte della propria attenzione sulla sua narrativa, poiché la sua essenza è quella di un’opera prevalentemente narrativa, che sfrutta il gameplay per renderci maggiormente partecipi di questo viaggio: un concentrato di messaggi, temi, “colori”, tutti ben raccontati e tutti volutamente ambigui.
Partendo dagli elementi scenografici e di ambientazione, è impossibile non rimanere colpiti dal lavoro svolto dai ragazzi di LKA nel ricreare con dovizia, attenzione e amore le campagne italiane di quegli anni. Una lavoro innanzitutto materico, ricco di dettagli in modo quasi ossessivo, in grado di far rivivere quei luoghi, quei tempi, quelle sensazioni. Ecco quindi che la casa, malgrado le difficoltà affrontate, sarà un luogo di ricordi sia amari (com’è ovvio immaginare) che dolci. Dentro quelle mura andremo a riscoprire oggetti di vita quotidiana, e tramite essi avremo modo di osservare scorci di un’Italia che forse, nelle cuore verde delle sue campagne, ancora persiste.
In una manciata di stanze avremo modo di conoscere il passato di Giulia, di scoprirne il drammatico presente e di cullarci con il piacere della fotografia all’interno della sua camera oscura. Spingendoci appena fuori dall’uscio invece troveremo un mondo rurale e anche naturale, un bosco con qualche segreto al suo interno e un lago che è anche al centro di una vecchia fiaba oscura. Una storia di fantasmi lega drammaticamente il posto a una Dama bianca, alla gelosia di chi l’ha amata in passato e ad una tragedia che, con il calare della nebbia, sembra forse riemergere per bagnare il nostro mondo.
In tutto questo si faranno gradualmente strada le vicende di un’Italia divisa tra nazifascismo e partigiani, un racconto credibile e veritiero nella sua brutalità e onestà, una narrazione bellica che farà ciclicamente capolino per sconquassare un quadro già cupo e oscuro con la sua violenta e deflagrante irruenza. In questo modo, la storia di una nazione si intreccia al racconto di Giulia, Martha, della madre (così amorevole con una figlia e odiosa con l’altra) e del padre (rubato al calore familiare e ai suoi doveri dai più pressanti bisogni bellici).
Ma questo è solo il contesto, l’ambientazione, il teatrino per il nostro racconto di burattini. La narrazione principale di Martha is Dead ruota tutta attorno al “furto” di identità da parte di Giulia, alla ricerca dei responsabili per la morte di sua sorella (i Partigiani? La Dama bianca? O forse qualcuno di più vicino?), al passato delle due sorelle e, soprattutto, all’identità stessa della protagonista che, un pezzo alla volta, sembra cominciare a sgretolarsi, a confondersi, a perdersi.
Quella di Martha is Dead è una storia personale, cupa e matura, scioccante a tratti, orrorifica in alcuni aspetti (soprattutto quelli più gore) e soprattutto brutale, tanto nella messa in scena quanto nelle tematiche. La storia di Giulia è sincera nel mostrare toni reali quando cerca di dettagliare il mondo che la circonda (nulla è totalmente bianco o totalmente nero), ma è anche estremamente oscura e torbida quando comincia a rimestare nei temi profondi di cui vuole parlare. Una spirale discendente, che si fa più pesante e disorientante man mano che si avvicina al cuore del tutto, al tema principale del gioco: l’analisi psicologica di una personalità che sta crollando, che si sta disfacendo pezzo per pezzo mentre tenta disperatamente di fissare, un fotogramma alla volta, gli eventi che hanno portato alla morte di Martha.
All’interno dell’arco narrativo del titolo si partirà convinti di star indagando su un mistero, per poi passare a valutare gli aspetti più esoterici del tutto e ritrovarsi, all’interno dell’atto finale, a chiedersi (e a decidere) quale sia la realtà. Il gioco lascia sbigottiti e confusi, ma consapevoli di aver scoperto un orrore più profondo emerso dal buio dell’animo umano, un orrore che seppur condannabile non dovrebbe essere giudicato con leggerezza.
Non entrerò ulteriormente nei dettagli: come in qualsiasi opera narrativa che si rispetti, starà a voi dover intraprendere questo viaggio e fare i conti con le tematiche e le riflessioni affrontate da Martha is Dead. Ho preferito cercare di trasmettervi le sensazioni che, almeno personalmente, ho apprezzato quasi del tutto in questo titolo. Narrativamente c’è spazio per qualche critica sia per quanto riguarda la natura frammentata del racconto che per il ritmo non sempre ottimale dello stesso.
Il primo dei due difetti va ricercato nell’essenza “polimorfa” della narrazione stessa, poiché Luca Dalcò e il suo team adottano molte tecniche comunicative nel dipanarsi delle vicende. Ad esempio, avremo l’occasione di assistere alla storia della Dama bianca come se si parlasse di una “fiaba”, potremo vivere il subconscio di Giulia in sequenze da “incubo ciclico e ossessivo” o tipiche degli horror più gore, troveremo elementi più classici all’interno delle sessioni legate al gameplay principale, o ancora potremo tuffarci a piene mani in vere e proprie visioni di follia o in ricostruzioni dei ricordi tramite un teatro dei burattini. Questa unione di stili, fortemente autoriale, ha sicuramente il merito di rafforzare il senso di confusione che il gioco vuole trasmettere come parte del suo messaggio, ma fa anche sembrare il tutto poco organico.
Il secondo elemento scricchiolante, ovvero la gestione del ritmo, è in parte dovuto proprio ai cambi di stile. Soprattutto nell’atto finale alle volte capiterà di sentirsi strattonati da una velocità eccessiva, mentre in altre occasioni si avrà l’impressione che tutto si fermi in modo brusco e forzato. In cima a tutto ci sono poi le sessioni da teatro dei burattini, momenti che ci aiuteranno a ricostruire la sequenza di eventi del passato, cercando di renderle al contempo interattive e diverse da quanto visto in termini di gameplay fino a quel momento. Il problema in questi frangenti è che ci si potrebbe trovare incastrati in una sorta di minigioco non piacevole da giocare e, per alcuni, potenzialmente tedioso. Come ogni altro elemento di questo titolo, si parla indubbiamente di linguaggio ludico asservito al messaggio narrativo, ma purtroppo in questi casi è brutto rendersi conto che si sarebbe preferita una semplice cutscene.
Si tratta di difetti che comunque non rovinano mai davvero l’esperienza complessiva e che, come dicevo, sono sempre un prodotto del messaggio e del canone narrativo interno, ma almeno per il sottoscritto tuttavia rimangono difetti da mettere in chiaro.
Dal punto di vista ludico, come accennato, siamo dalle parti di un walking simulator investigativo. Il gameplay principale sarà proprio legato all’esplorazione, all’osservazione e alla ricerca di dettagli e di oggetti con cui interagire nell’immediato o da raccogliere per futuri utilizzi. A questo si aggiungerà qualche piccolo puzzle ambientale e una quest secondaria legata all’uso del telegrafo e del linguaggio morse, in grado di innalzare l’asticella di qualche tacca, e poi ovviamente ci sarà la fotografia.
Giulia infatti condivide con il padre la passione per la macchina fotografica e, grazie proprio a quest’ultima, sarà in grado di portare avanti parte delle proprie indagini e consegnarci un tassello di gameplay differente e interessante. Presenti come una sorta di “minigioco” interno al titolo, le sessioni di scatto saranno piacevoli e accattivanti: ci verrà chiesto di inquadrare il soggetto al meglio, sistemare i giusti elementi della macchina fotografica (lenti, pellicole e quant’altro), settare i parametri principali dell’esposizione e della messa a fuoco e scattare. A tutto ciò si affiancheranno le sessioni di sviluppo fotografico in cui, ancora una volta in modo credibile ma semplificato, saremo chiamati a lavorare per sviluppare e imprimere definitivamente i nostri scatti. Questi che fin qui ho presentato come “minigiochi” diventeranno presto uno degli elementi ludici principali, e sapranno risultare stimolanti e gradevoli, fungendo al contempo da elemento positivo di diversificazione del gameplay e legandosi a doppio filo ad alcuni obiettivi interni, sia principali che secondari.
Personalmente ho avuto l’occasione di giocare Martha is Dead su PC subito dopo la data di lancio e posso dire che, dal punto di vista tecnico, il gioco sa difendersi ottimamente. La resa degli interni è incredibile, con un’attenzione quasi maniacale per tutto ciò che compone il quadro casalingo in cui ci si muove. Anche gli esterni riescono a dipingere un’ambientazione suggestiva, nonostante in questo caso (soprattutto nella resa visiva del bosco) ogni tanto si riscontri qualche limite. Un vero punto debole è rappresentato dai modelli dei corpi dei personaggi, che appaiono troppo rigidi, anche se una sapiente e furba regia è stata in grado di minimizzare questo elemento e, ad essere sinceri, i momenti di scambio con le altre persone saranno comunque ridotti all’osso. A fare da contraltare a questi piccoli difetti ci penserà però l’ottima modellazione del volto di Giulia (e quindi anche di Martha), che unita alla bellezza della casa basterà a ripagare i nostri occhi. C’è poi da segnalare qualche occasionale calo di frame rate (soprattutto in notturna e con l’illuminazione affidata alla calda luce di uno zippo) e qualche raro bug (in un’occasione, con Giulia compenetrata in un albero, sono stato anche costretto a ricaricare un salvataggio precedente).
Prima di concludere voglio spendere due parole sulla questione che ha generato più discussioni attorno a questo gioco: la censura sulle console PlayStation. Avendo giocato la versione PC non ho avuto modo di imbattermi personalmente nei contenuti censurati, ma posso comunque darvi qualche dettaglio in più in merito: su PS4 e PS5 le sessioni più brutali (due di numero) non sono interattive, e in un particolare monologo di Giulia sono stati rimossi tutti i riferimenti all’autoerotismo. Questo è quanto. Non è mia intenzione, né scopo di questo articolo, addentrarmi nei meriti della questione, ma per rispetto verso gli sviluppatori e considerando che il gioco si rivolge già esplicitamente a un pubblico adulto, vi consiglierei di preferire le versioni non censurate. Se avete solo una console PlayStation in ogni caso non mi sento di sconsigliarvi questa esperienza, perché rimane comunque valida.
Martha is Dead è un titolo coraggioso per tematiche, onestà e maturità, un gioco narrativo dalla forte impronta autoriale che si rivolge a quei giocatori interessati a riflettere su tematiche delicate, complesse e adulte. Un diamante grezzo che, malgrado qualche inciampo qua e là, riesce a centrare l’obiettivo di narrare nel dettaglio le vicende di Giulia, intrecciandole con il racconto bellico forse più vicino a noi italiani (quello degli scontri tra partigiani e forze nazifasciste), e senza indorare alcuna pillola, anzi, esaltando gli aspetti più oscuri (forse esasperando anche troppo gli elementi gore).
Martha is Dead è un viaggio all’interno di una psiche frammentata che lotta per cercare di ricostruire ciò che ha perso, nella speranza di dare un senso a tutto ciò che ha vissuto, ma che nel farlo finirà gradualmente per ferirsi contro i frammenti più taglienti del proprio dramma interiore.
Special thanks to Renaissance PR and Wired Productions
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