Certo, Sandy era un po’ indietro con il pagamento, ma voi siete i “Jaws of the Lion”, uno dei gruppi di mercenari più conosciuti in questa sperduta città di periferia. Sicuramente non vi fa male accettare un caso di beneficienza di intanto in tanto.
Gloomhaven è un dungeon crawler cooperativo per 1-4 giocatori che, fin dalla prima campagna kickstarter, ha saputo far parlare di sé. Dal momento che il gioco base non è mai stato trattato prima qui su Nerdevil, permettetemi un piccolo excursus sullo stesso, tendendo bene a mente però che molti elementi non saranno approfonditi. Le caratteristiche principali del titolo che ho sempre identificato come vincenti sono tre: l’ottimo sistema di gioco basato su un mazzo di carte abilità, la “lore” del mondo in costante evoluzione, e la sua natura “semi-legacy”.
Cos’è Gloomhaven
La vera colonna portante di tutta l’esperienza di gioco è proprio l’intuizione di staccarsi dal solito utilizzo dei dadi per fornire un metodo di gioco differente: un deck di carte in grado di cambiare con la crescita del personaggio e capace di offrire un’esperienza unica. Invece delle solite 2/3 azioni a disposizione del personaggio ogni giocatore, dopo un “semi confronto” con i propri compagni (non si potrà mai essere troppo specifici, evitando di dire numeri o nomi di abilità, comunicando quindi qualcosa come “ho intenzione di agire presto per avvicinarmi a questo nemico e poi attaccarlo in corpo a corpo“), sarà chiamato a selezionare 2 carte dalla propria mano e a giocarle coperte una sull’altra; quando tutti avranno deciso il da farsi allora si riveleranno le carte in gioco (anche quelle che gestiranno le azioni dei nemici) e si comincerà a risolvere il tutto.
Le carte di Gloomhaven sono organizzate secondo 3 aree principali: una parte alta con un’azione specifica, una parte bassa con una differente azione e un numero centrale che si riferisce a un valore di iniziativa (la prima delle due carte scelta dal giocatore determinerà l’iniziativa del suo personaggio). Al proprio turno il giocatore sarà quindi chiamato a usare le sue due carte eseguendo, nell’ordine che preferisce, l’azione nella porzione alta di una e l’azione nella parte bassa dell’altra (o in alternativa le due azioni base delle carte sempre disponibili: “superiore: attacco corpo a corpo 2” e “inferiore: movimento 2”).
Gli altri due elementi che ho identificato come punti chiave sono invece quelli che contribuiscono a rendere vivo e interessante il mondo di gioco: da una parte abbiamo un’enorme serie di dettagli sulle originali specie che popolano queste terre e sulle dinamiche che le regolano (e che regolano i cittadini di Gloomhaven), dall’altra la componente “legacy” del gioco, in grado di farcelo scoprire un po’ per volta così da vederlo crescere e cambiare nel tempo (ci verrà chiesto di “aprire determinate buste/scatole a seguito di particolari eventi”, di “apporre adesivi quando scopriremo nuove aree di gioco”, eccetera).
Tutto questo arriva all’interno di una gigantesca scatola di gioco zeppa di contenuti, in grado di tenerci impegnati per giorni e giorni mentre vediamo la terre di Gloomhaven riempirsi di nuovi luoghi (e quindi missioni) e svolgiamo eventi in città o per il mondo, intanto che nella nostra compagnia di mercenari si affaccendano eroi sempre nuovi (ogni classe, raggiunto il proprio obiettivo di vita, si pensionerà sbloccando un nuovo personaggio utilizzabile). Questa è però solo la punta dell’iceberg del titolo, poiché molto altro andrà a dettagliare le nostre partite e conseguentemente l’esperienza di gioco, ma come già detto non è intenzione di questo articolo sviscerare nel dettaglio il titolo principale. Vi basti sapere, senza girarci troppo intorno, che ad oggi Gloomhaven è uno dei miei dungeon crawler preferiti, un titolo certamente non perfetto, ma in grado di portare una ventata di novità all’interno di questa categoria di giochi da tavolo.
Se siete interessati ad approfondire meglio il gioco base vi lascio qui di seguito un mio video:
Gloomhaven: Jaws of the Lion, un nuovo e ottimo inizio
Quando mi si è presentata la possibilità di mettere le mani su Gloomhaven: Jaws of the Lion non ho potuto fare a meno di coglierla, così da verificare se questo prequel (che però può anche essere considerato un’espansione, almeno parziale, del gioco base) fosse in grado di mantenere le promesse fatte. Parliamo di 4 nuove classi ben congegnate, più di 20 nuove missioni e un’esperienza in grado da fungere da utile tutorial (o banco di prova) per chi volesse avvicinarsi al gioco ma fosse, magari, spaventato dalla curva di apprendimento (oggettivamente alta) e dal costo del gioco base. Ci sarà riuscito? Scopriamolo insieme!
Partiamo dai materiali di gioco così da renderci conto subito di quali e quanti componenti questo spinoff metta a nostra disposizione:
- Manualistica e affini: all’interno della scatola troveremo la Guida di Gioco, che ci accompagnerà a conoscere le regole principali e ci seguirà passo passo nei primi 5 scenari, introducendoci gradualmente, a mo’ di tutorial, i vari elementi di complessità del titolo. Avremo poi un Glossario dedicato ad approfondire al meglio le regole e fugare eventuali dubbi dei giocatori. A definire i dungeon in cui ci muoveremo ci penseranno invece il Libro degli Scenari e il suo supplemento che, una volta aperti, sostituiranno le tessere componibili del gioco d’origine. Altri due elementi sono rappresentati dal Tabellone della Mappa Cittadina e dagli Adesivi che apporremo su essa quando sbloccheremo nuove aree da esplorare (i nuovi Scenari di gioco). Ultima simpatica aggiunta è un mini fumetto introduttivo per farci cominciare a conoscere i quattro eroi che costituiscono i Jaws of the Lion.
- Componenti legati ai personaggi: in JotL troviamo quattro personaggi giocabili (Ascia da guerra, Demolitore, Guardia Rossa e Guardiano del vuoto) e tutto ciò che ruota loro attorno. Avremo quindi a nostra disposizione i 4 Contatori per i punti salute ed esperienza, le 4 scatole contenenti tutto l’essenziale per poterli giocare (carte, schede personaggio, segnalini…), le loro miniature e 4 scatole associate a delle sorprese per ciascun personaggio, che si sbloccheranno al raggiungimento del quinto livello.
- Elementi legati ai mostri: tra questi abbiamo la solita masnada di Pedine in cartone con i loro piedistalli in plastica, le carte delle capacità (che ci diranno le azioni che effettueranno e la loro iniziativa), quelle con le loro statistiche e tutto ciò che serve per gestirli al meglio.
- Carte di varia natura: utili in differenti aspetti del gioco, da quelle strettamente legati al gameplay (Carte Modificatore di Attacco, Obiettivi della Battaglia…) a quelle dell’equipaggiamento (Carte Oggetto) o ai soliti eventi di città in cui saremo chiamati a svolgere particolari scelte (Carte Evento appunto).
- Segnalini di varia natura, questa volta con il loro contenitore.
Vi dico da subito che l’esperienza che vi troverete davanti è in tutto e per tutto quella di Gloomhaven, che come già anticipato mi sento di promuovere abbondantemente. Se deciderete di acquistare questo gioco avrete modo di sperimentare un dungeon crawler interamente legato all’uso delle carte. Ogni personaggio sarà caratterizzato quindi da un proprio, e completamente unico, mazzo che ne illustrerà le caratteristiche e sarà soggetto a sviluppi e modifiche (nella crescita del personaggio rientreranno quindi anche elementi di deck bulding). A questo si aggiungerà poi un secondo deck personale legato ai modificatori dei valori di attacco, che fungerà da elemento aleatorio in grado di far variare l’eventuale risultato di un colpo (anche questo potrà essere modificato da appositi Talenti sbloccabili nel tempo, permettendo un ulteriore grado di personalizzazione e un maggior controllo sul caso).
Questa dinamica ibrida tra il classico American e differenti tipologie di gioco, fa sì che la componente strategica risulti estremamente potenziata rispetto ad altri titoli appartenenti al genere. Se poi calate queste possibilità nella maggior complessità di dover cercare di lavorare in sinergia con il gruppo, capirete da subito come la profondità del gameplay dei Gloomhaven sia da non sottovalutare. Altro elemento centrale del sistema di gioco è poi la sua parziale imprevedibilità, che a più riprese richiederà di dover improvvisare delle modifiche alla nostra strategia (o ahimè, la possibile frustrazione di veder vanificati i propri sforzi). Tutto il sistema di iniziativa potrà infatti portare a modifiche sostanziali sull’andamento del turno, e ad esempio vederci soffiare le prime azioni da mostri solitamente più lenti ci richiederà di improvvisare nuovi piani di attacco, magari utilizzando le due carte scelte in modo completamente differente.
In questo spinoff avremo a disposizione “solo” 4 classi che porteremo avanti per tutta la nostra avventura, ma che forse proprio per questo risulteranno lavorare molto bene in sinergia. L’Ascia da guerra è un grosso (e violento) Inox in grado di arrecare danni enormi dalla distanza grazie alle sue asce da lancio; l’altro damage dealer (questa volta melee) del gruppo è il Demolitore, un piccolo Quatryl in grado di usare vari gadget per interagire con molti ostacoli e distruggerli; il tank del gruppo invece è la Guardia Rossa, un rapido Valrath dotato di uncino con catena che (un po’ come lo Scorpion di Mortal kombat) sarà in grado di attirare/allontanare i nemici; a chiudere il gruppo troviamo l’Umana che ricopre il ruolo di Guardiano del vuoto, un support estremamente variabile in grado di curare, donare azioni aggiuntive agli alleati e ostacolare in molti modi gli avversari.
Tutti questi eroi avranno dalla loro la già citata “piccola sorpresa” che scenderà in campo dal quinto livello, regalandoci qualche sorriso in più. Non entrerò nei dettagli per non rovinarvi la scoperta, però sappiate che si parla di qualcosa in grado di potenziare il personaggio senza sbilanciarlo troppo, elemento non banale per chi volesse importare questi pg nella campagna del gioco base.
Parlando delle missioni, all’interno di Jaws of the Lion se ne trovano un totale di 25: le prime 5 fungeranno da tutorial (saranno quindi gradualmente più lunghe e complesse passando dalla 1 alla 5), mentre alcune saranno legate a Carte Evento particolari o piccoli bivi narrativi. Partendo dal sesto scenario avremo tutto ciò che caratterizza una partita classica a Gloomhaven, compresa quindi la possibilità di impostare il livello di difficoltà così da tarare lo scontro secondo il tipo di sfida che si preferisce (sappiate che comunque non stiamo trattando un gioco facile da affrontare e padroneggiare).
Narrativamente, le vicende seguiranno i mercenari mentre cercheranno di capire che fine abbia fatto il fabbro cittadino, invischiandosi però in una faccenda violenta e dalle forti tinte splatter. A tal proposito voglio sottolineare che gli elementi vincenti di Gloomhaven non sono mai stati quelli legati alla sua scrittura: sono la vastità, la complessità e la peculiarità del mondo di gioco ad essere affascinanti. Ecco che quindi anche Jaws of the Lion non ne esce benissimo. Vivendo infatti di una minor portata in termini quantitativi, i limiti narrativi qui si fanno più evidenti e la scrittura “fanciullesca” risalta maggiormente (purtroppo non in chiave positiva). Anche gli obiettivi delle missioni non si discostano molto dallo “storico”, quindi anche questa volta ci viene offerta la solita sfilza di “uccidi tutti i mostri o il boss di turno”. Questo è da sempre uno dei limiti principali del brand che sottolinea, ancora una volta, come il cuore dell’esperienza sia da ricercare all’interno degli ardui scontri che vuole proporci. Un vero peccato, considerando che le missioni più interessanti del fratello maggiore sono proprio quelle (poche) in grado di proporre soluzioni differenti.
Punto totalmente a favore di questo spinoff è poi la scelta di utilizzare i libri degli scenari come plancia di gioco: questa trovata (non originale), pur accompagnandosi a un minor senso di scoperta generale, permette una maggiore varietà visiva (offrendoci anche dei guizzi artistici più interessanti) e riesce a snellire di molto i tempi di setting. Certo, stiamo comunque parlando di un gioco che richiede molta attenzione per seguire tutto ciò che avviene nello scontro (tra segnalini da piazzare, iniziative da determinare e mostri da seguire passo passo) e, a tal proposito, non posso non consigliarvi le molte applicazioni in grado di semplificare ulteriormente sia la componentistica necessaria che la complessità generale (personalmente non riesco quasi più a tornare indietro dopo la scoperta dell’app Gloomhaven Helper).
In conclusione, Gloomhaven Jaws of the Lion riesce a centrare il bersaglio in pieno. Il mio consiglio è di usarlo come biglietto di ingresso per il mondo di gioco ideato da Isaac Childres, poiché a ben vedere tutto (ma proprio tutto) contribuisce a renderlo il primo naturale incontro da avere con Gloomhaven (curioso sia stato ideato solo dopo). La nuova creatura ha infatti molte frecce al suo arco, la più importante delle quali è sicuramente il sistema di tutorial, che accompagna i giocatori per mano nelle prime missioni; questo permette di ridurre l’enorme curva di apprendimento del titolo e, assieme alla certezza di avere un team pensato per funzionare bene insieme, funge anche da utile elemento per imparare a padroneggiare le sinergie tra le carte e tra i personaggi.
Fattore non banale è poi l’esiguo esborso richiesto rispetto al gioco base: considerando ciò che offre sia in termini ludici che contenutistici, la minor spesa potrebbe anche spingere i più reticenti a provarlo. La barriera di ingresso economica del primogenito di Childres è infatti un fattore non da poco, e molti amanti di questi giochi potrebbero essere spaventati dall’idea di affrontare una spesa così importante per un titolo che, proprio per via del suo sistema di gioco, potrebbe risultare ostico o semplicemente poco gradito.
Gloomhaven: Jaws of the Lion è pensato anche per questo: prendetelo, provatelo e, se ve ne innamorerete, allora potrete tuffarvi alla scoperta di tutto ciò che il gioco base può offrirvi. Il consiglio di acquisto diventa un po’ più sfumato per i possessori di Gloomhaven: se le molte missioni non vi sono bastate e volete scoprire queste altre quattro classi (per poi magari importarle nel gioco base), allora potrebbe fare al caso vostro; se invece vi sentite già sazi dei molti bagni di sangue fatti nel capostipite potreste anche farne a meno. Personalmente non vedo l’ora di utilizzare la mia amata Guardia Rossa all’interno dell’avventura originale!
Un ringraziamento speciale ad Asmodee Italia
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