Decorum vol. 2, ultima parte della space opera di Hickman e Huddleston

decorum 2 saldapress recensione

Voto:

Il secondo volume di Decorum riprende e completa le vicende dell’universo fantascientifico a fumetti ideato da Jonathan Hickman e illustrato da Mike Huddleston, che il pubblico italiano ha potuto conoscere e apprezzare grazie a SaldaPress. Come si può intuire dal titolo, l’articolo andrà a trattare quest’ultimo volume di Decorum con una particolare attenzione al modo in cui la storia viene sviluppata e conclusa. Ciò non significa che nelle prossime righe saranno presenti anticipazioni o spoiler inerenti al finale, ma allo stesso tempo se ne sconsiglia la lettura a chi non avesse ancora scoperto gli avvenimenti di Decorum 1, a cui si dovrà accennare per riprendere le redini del discorso.

Il primo volume aveva concluso la propria corsa, composta dai numeri 1-4 dell’edizione originale americana, lasciando molte linee narrative aperte: Imogen Smith-Morley, l’affascinante e raffinata assassina, era riuscita a convincere Neha Nori Sood a lasciare la vita da teppista di strada e a intraprendere lo stesso addestramento che aveva reso lei un micidiale sicario. Neha aveva poi scoperto che l’unica accademia in grado di fornire tali peculiari capacità era la Sorellanza dell’uomo, una strana gilda composta interamente da esseri viventi di sesso femminile. Il termine “esseri viventi” è davvero d’obbligo, data l’enorme varietà di specie aliene che la Sorellanza può vantare tra le proprie fila.

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In parallelo a questo la Chiesa della Singolarità, una setta di intelligenze artificiali semi-senzienti, aveva quasi raggiunto l’obiettivo agognato da migliaia di anni: ottenere il controllo di un uovo cosmico che, a detta delle macchine, conterrebbe il Creatore della macchina-dio che la Chiesa venera. Questo ennesimo tentativo era tuttavia stato vanificato da un gruppo di sacerdotesse, dette Madri, determinate a proteggere (e rigenerare) l’Uovo anche a costo della propria vita. Proprio le Madri, nelle ultime battute del volume, avevano infine scelto di compiere un atto estremo e inaspettato: donare collettivamente la propria energia vitale all’Uovo, pur di rafforzarlo e accelerarne lo sviluppo.

Le vicende presenti nel volume 2 di Decorum ripartono proprio da questo punto. In particolare, la storia si apre con un ulteriore sviluppo in parallelo di tali linee narrative: in una manciata di pagine vengono infatti attraversati numerosi anni, durante i quali da un lato si assiste al terribile addestramento di Neha e dall’altro alla progressiva maturazione dell’Uovo. In particolare Hickman decide di dare più spazio all’addestramento di Neha (certamente più emozionante della crescita di un uovo) e mostrarne i miglioramenti nel corso del tempo. Lo sceneggiatore riesce a ottenere questo risultato creando dei piccoli nuclei narrativi, corrispondenti alla durata di un anno, identici nella struttura e ripetuti per tre volte.

La gabbia delle varie tavole e la loro tipologia rimane la stessa così come l’impostazione delle pagine scritte che, come già accadeva nel primo volume di Decorum, ibridano il fumetto e si presentano per lo più in forma di mappe o brevi schede informative. L’uso di questo peculiare “montaggio” ripetuto permette a Hickman di rendere visibile il processo di crescita di Neha senza ricorrere a eventi posti fuori campo o bruschi salti temporali. Aggiungono poi ulteriore varietà una serie di brevi missioni a cui Neha prende parte e che Hickman racconta per esteso alternandole alle sezioni di puro addestramento.

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Al termine di ciò le linee narrative, rimaste separate fino a questo punto, si riuniscono in modo coerente e calibrato: la Chiesa della Singolarità infatti decide di porre fine alla propria caccia millenaria ingaggiando la Sorellanza dell’uomo per trovare l’Uovo, e promettendo loro in premio un pianeta che in realtà non è altro che un gigantesco diamante. Date la circostanze straordinarie, la Sorellanza decide di fare un piccolo strappo alle regole e scatenare tutte le proprie assassine, mettendole sulle tracce dell’Uovo e promettendo l’enorme ricompensa alla prima che riesca a completare l’incarico. Il caso vuole che tra tutte sia proprio Neha la fortunata a trovare l’Uovo, anche se questo la porterà a invischiarsi in una vicenda molto più ampia di quanto potesse immaginare.

Chiarita a grandi linee la trama, si può passare brevemente agli aspetti tecnici di questo secondo volume. Sin da subito si può affermare che la seconda parte di Decorum conserva molti dei pregi già discussi e approfonditi nell’articolo dedicato al volume precedente, a cui si rimanda per un’analisi più dettagliata. I disegni, i colori e l’intero impianto visivo di Decorum continuano a sbalordire per la loro unicità e coerente follia, animata da repentini ma armoniosi cambi di stile e colore. Stessa cosa può essere detta per il design mai banale di personaggi, oggetti e città. Anche la sceneggiatura rimane solida e continua a utilizzare in modo eccellente lo spazio nella pagina, senza porsi vincoli e mantenendo fluido lo scorrere delle vicende nel corso di tutto il volume.

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L’unico aspetto che forse viene un po’ a mancare a livello di scrittura è l’effetto “wow” suscitato dal volume 1 di Decorum. Nella seconda parte si assiste infatti a una piccola virata di tono, con un innalzamento della componente comico-ironica a discapito dell’afflato epico che caratterizzava la prima parte. Lo sviluppo della vicenda stessa lascia un po’ di amaro in bocca: l’enorme carica innovativa che connotava l’intreccio del primo volume viene leggermente stemperata da alcune scelte che, pur non essendo errate, sembrano cedere il passo e riportare così la storia in un alveo più codificato e sicuro.

Hickman evita di ricadere nel “già visto” grazie al fascino innegabile dell’universo da lui immaginato e, bisogna dirlo, anche alla straordinaria componente grafica. Rimane tuttavia una vaga sensazione di occasione sprecata per una narrazione che, forse, avrebbe beneficiato di un respiro più ampio per sviluppare tutto il proprio potenziale. Un esempio che si potrebbe citare consiste nella nervatura filosofica che percorre tutto il fumetto e che, nonostante ciò, rimane appena accennata e poco approfondita. Questo ipotesto ragionativo infatti avrebbe potuto arricchire non poco l’universo narrativo di Decorum e contribuire a renderlo ancora più originale.

Un discorso simile può essere fatto per il finale, che ad alcuni lettori potrebbe apparire un po’ sottotono rispetto alle entusiasmanti premesse del primo volume. Si tratta tuttavia di un discorso complesso e condotto sul filo del rasoio, dato che parlare di aspettative genera inevitabilmente una soggettività inadatta a una recensione. Ciò che si può lecitamente registrare è la presenza di un finale indubbiamente solido, ma che allo stesso tempo non permette di gridare al colpo di genio. È però importante sottolineare quanto quest’ultima osservazione non vada confusa con un giudizio negativo su Decorum nella sua interezza, che rimane un’eccellenza nel panorama della fantascienza contemporanea (a fumetti e non) e una lettura decisamente consigliata, soprattutto agli amanti del genere.

Un ringraziamento speciale a SaldaPress

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Lettore, videogiocatore, finto cinefilo e grande chiacchierone.

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