C’è sicuramente una miriade di caratteristiche in grado di definire in maniera completa l’essere umano. Tuttavia, se dovessimo sceglierne solo una che possa “riassumere” la nostra intera evoluzione come specie, sarebbe decisamente perseveranza: essendo creature senzienti spesso sviluppiamo un desiderio quasi morboso di evoluzione. Ma nessun progresso avviene senza il dovuto sacrificio, senza sbagliare e, soprattutto, senza continuare a insistere, anche di fronte a errori e fallimenti. Ci sarebbero tantissimi esempi per dimostrarlo, ma vi basta prendere in considerazione qualsiasi forma di espressione artistica per capire quanto la perseveranza sia importante come caratteristica, per gli esseri umani. Nessun Master of Puppets è stato creato senza prima sacrificarsi per imparare e creare i giusti accordi e le giuste armonie, così come nessun Evil Dead (conosciuto come La Casa nel nostro Paese) sarebbe potuto esistere se prima il buon Sam Raimi non avesse sperimentato, creando Within the Woods.
Infatti, rimanendo in tema Evil Dead, questa piccola gemma è la definizione di quanto un’opera possa segnare un’epoca semplicemente perseverando. Tuttavia, se dal punto di vista cinematografico l’opera di Raimi è diventata un pilastro per l’industria, la stessa cosa non si può dire per la sua controparte videoludica. Ovviamente, come per ogni saga famosa, anche Evil Dead ha cercato di proporre svariate rappresentazioni videoludiche alla propria fanbase, fallendo sempre in maniera abbastanza misera. Il destino della serie, quando si parla del ramo videoludico, non è mai stato particolarmente fortunato, e il timore di vedere l’ennesimo flop con un nuovo titolo all’orizzonte era alquanto legittimo, specie perché dietro al progetto non c’era un team rinomato per il suo prestigio. Tuttavia, è stata una piacevole sorpresa ritrovarsi di fronte non soltanto un tributo valido all’opera cinematografica, ma anche un ottimo prodotto videoludico. Ma cos’ha di particolare questo Evil Dead: The Game? Vi invito a scoprirlo nelle prossime righe!
Questo nuovo prodotto creato dai ragazzi di Saber Interactive si presenta come un gioco multiplayer asimmetrico con elementi survival horror al suo interno. Il titolo più vicino, ovviamente, a cui Evil Dead: The Game potrebbe essere paragonato è il famoso Dead by Daylight. Tuttavia, ci tengo a precisare che il videogioco di Saber Interactive mi è sembrato decisamente più complesso dal punto di vista delle meccaniche, nonché decisamente più equilibrato a livello di meta… Ma su questo preciso punto tornerò più avanti.
Anche a livello di varietà videoludica, il gioco si propone decisamente più ricco rispetto alla diretta concorrenza: infatti, a differenza di un semplice Dead by Daylight dove tutto il fulcro del gioco è praticamente concentrato in 2 modalità (totalmente multiplayer), Evil Dead offre anche una campagna single player. Purtroppo è proprio qui che si nota il primo “pelo nell’uovo”, in quanto la modalità in singolo non è per niente soddisfacente: se da un lato offre una cura per il source material dell’opera che si potrebbe definire maniacale, fino a ricreare quasi alla perfezione le atmosfere della trilogia di Raimi, dall’altro lato presenta un gameplay ripetitivo, castrato e a tratti anche frustrante. La campagna del gioco, denominata Modalità Missioni, farà rivivere al giocatore una parte dei momenti più iconici sia della trilogia originale, sia dell’ultima serie tv dedicata ad Ashley Williams, Ash vs Evil Dead, attraverso 6 specifiche missioni. Una volta completate, queste missioni sbloccheranno una serie di bonus come nuovi personaggi da usare nella modalità multiplayer, costumi specifici e audio log del professor Knowby (quest’ultimi utili per conoscere al meglio la lore di Evil Dead).
Al di fuori di questa “apparente” utilità, la modalità single player denota, però, anche una serie di criticità che fanno capire quanto questa particolare caratteristica del gioco sia stata implementata in maniera affrettata. Innanzitutto, la durata completa di questa “avventura” è di circa 1 ora e mezza, e non offre nemmeno delle ragioni per rigiocarla. In più, le varie missioni soffrono di picchi di difficoltà frustranti, che rendono al limite dell’impossibile completarle in una volta sola. La mancanza di checkpoint fra gli obiettivi inoltre spingerà molti dei giocatori ad abbandonare del tutto questa modalità, dedicandosi in maniera totale alla componente multiplayer, che è decisamente superiore in tutto. Ultima nota negativa da attribuire alla parte single player del titolo è la perenne necessità di una connessione ad internet: anche per questo, lo sconsiglio caldamente a chi cerca un’esperienza di gioco in solitaria, in quanto questa non è stata per niente implementata bene.
Se da un lato la componente per giocatore singolo è alquanto criticabile, lo stesso fortunatamente non si può dire del multigiocatore. Lo dico senza tanti peli sulla lingua: Evil Dead: The Game offre una delle componenti multiplayer più valide attualmente sul mercato, soprattutto per un titolo simile. Non solo la diversità delle due modalità di gioco, Sopravvissuti e Demone, renderà ogni partita totalmente diversa dalle altre, ma vi spingerà anche ad adottare strategie diverse, vista la miriade di meccaniche in più rispetto ai multiplayer asimmetrici più classici. Elencare nel dettaglio ogni singola caratteristica del gioco sarebbe superfluo, ma cercherò di spiegarvi al meglio le caratteristiche principali delle due modalità, qualche meccanica specifica e, soprattutto, anche cosa non funziona esattamente.
Partiamo da Sopravvissuti: in questa modalità faremo parte di una squadra di 4 persone, dove i personaggi classici della serie avranno delle abilità speciali in base alle loro 4 classi di appartenenza (Capo, Guerriero, Cacciatore e Supporto). Ogni singola classe potrà effettivamente far pendere la bilancia verso il successo o il fallimento della missione, in quanto il gioco di squadra sarà fondamentale per la riuscita.
Come sopravvissuto, la nostra missione si dividerà in 3 fasi. La prima ci spingerà a cercare i 3 pezzi di una mappa, che ci condurrà alla posizione del pugnale sacro e delle pagine del Necronomicon. Tuttavia, per completare questo primo step il team avrà a disposizione soltanto 30 minuti. Da precisare inoltre che i pezzi della mappa e la posizione delle pagine e del pugnale sono dettate dal RNG del gioco. Una volta completati i vari obiettivi sopra elencati, comincerà la fase 2, ovvero l’uccisione degli antichi. In questo caso l’obiettivo sarà piuttosto semplice: utilizzando il pugnale sacro dovremo letteralmente cancellare le 3 entità supreme e liberare il Necronomicon. Arrivati alla fase 3, i sopravvissuti dovranno difendere per 2 minuti il Necronomicon dall’attacco dei Deadites, controllati ovviamente da un altro giocatore. Anche se all’apparenza il gioco può sembrare semplice, posso garantirvi che il gioco di squadra e le capacità decisionali renderanno le partite sempre diverse. Non c’è spazio per gli errori e ogni abilità usata male o risorsa sprecata potrebbe farvi perdere la partita, anche quando penserete di essere vicini alla vittoria.
Una delle meccaniche più particolari che mi hanno davvero sorpreso, facendomi anche saltare dalla sedia un paio di volte, è quella della paura: ogni sopravvissuto avrà a disposizione un contenitore della follia, che si riempirà se il giocatore si allontanerà dal gruppo, verrà spaventato dalle trappole o semplicemente starà al buio per troppo tempo. Se il contenitore si riempirà, non solo il giocatore verrà più facilmente individuato dall’entità maligna, ma sarà anche vulnerabile e maggiormente predisposto a una possessione, dove l’entità controllata da un altro player potrà letteralmente usarvi come marionetta e farvi ritorcere contro i vostri compagni di gioco. Proprio questa serie di meccaniche mi ha fatto apprezzare ancora di più il gameplay di Evil Dead: The Game, in quanto il prodotto Saber Interactive non solo rimane fedele alla serie di Raimi, ma addirittura utilizza queste particolarità per non sembrare una mera copia di Dead by Daylight.
Per quanto riguarda la parte del Demone, non c’è tanto da dire. A differenza dei sopravvissuti, qui il giocatore sarà dotato di poteri particolari, in grado di mettere i bastoni tra le ruote ai 4 giocatori nemici. La visuale cambia, ma anche la tipologia di gameplay, più metodico e ragionato piuttosto che adrenalinico e impulsivo. Giocando nei panni dell’entità vi sentirete come un Dungeon Master di D&D: starà a voi decidere se rendere la vita un inferno ai giocatori nemici o semplicemente chiudere la partita in maniera netta, senza torturare troppo le loro anime. Anche qui, tutto può sembrare semplice e alla lunga ripetitivo, ma vi posso garantire che dietro questo involucro si nasconde un vero diamante.
Tornando al discorso “meta”, va precisato che Evil Dead: The Game presenta un equilibrio delle meccaniche a dir poco sorprendente. Sarà sempre la bravura del giocatore a dominare la partita (come già menzionato sopra) e mai gli “sporchi trucchi” che giochi simili spesso offrono (come per esempio glitch particolari che rendono i sopravvissuti invincibili o abilità estremamente O.P. in grado di rompere le partite). Giusto per farvi un esempio preciso: in circa 30 partite, il rapporto di vittoria/perdita è stato 50/50 (ovvero 15 partite vinte e 15 perse). Spesso vedere un risultato così è alquanto impossibile in giochi di questo tipo, e sono rimasto particolarmente colpito da quanto tutte le meccaniche non rompano il gioco nemmeno se un giocatore si sforza ad “exploitarle”. Ovviamente tutto potrebbe cambiare con i prossimi aggiornamenti, ma per il momento il prodotto Saber Interactive è decisamente corretto nei confronti della propria utenza.
Prima di concludere vanno spese due righe per parlare anche della parte tecnica del gioco. La versione da me provata è stata quella PlayStation 5, dove il gioco gira ad una risoluzione dinamica in 4K, ma con un frame rate costante inchiodato a 60 fps. Per quanto la fluidità generale del gioco non è che ci siano troppi problemi nel corso delle partite, ma di certo mi fa un po’ grattare la testa il fatto che gli sviluppatori non abbiano optato per una risoluzione minore, dando priorità a una frequenza di fotogrammi più alta (magari di 120fps, altamente supportati dalla PS5). Tolto questo, dal punto di vista grafico nel complesso il gioco si presenta in maniera più che buona. I modelli poligonali dei personaggi e dei vari oggetti sono realizzati con molta cura, così come alcune particolarità messe in risalto più che bene (per esempio il sistema dinamico di smembramento, che ricorda molto da vicino quello di DOOM Eternal). Presente qualche pop-up leggermente fastidioso di tanto in tanto, ma nulla di cui lamentarsi troppo, soprattutto considerando il budget evidentemente modesto del gioco.
La parte sonora di Evil Dead: The Game risulta molto ben curata, esattamente come quella grafica. Infatti, molti attori originali dei personaggi sono tornati a prestare la propria voce anche alla loro controparte videoludica. Sentire Bruce Campbell urlare contro i Deadites “LOOK, YOU FREAKS! I CREATED LIGHT!” è qualcosa di altamente gratificante. Un plauso va fatto anche alla parte musicale che, anche se non granché diversificata, ricrea alla perfezione le atmosfere della saga.
Per quanto riguarda i controlli, ci tengo a specificare due criticità: la prima è legata a una hit detection abbastanza approssimativa, in quanto molti colpi sembrano non venire registrati a dovere, mentre la seconda sta nel mancato utilizzo del DualSense PS5. Infatti Evil Dead: The Game è uno dei pochi titoli a non sfruttare in nessuna maniera la periferica Sony, lasciandomi abbastanza perplesso per questa mancanza. Questo ovviamente non influisce più di tanto sulla qualità del titolo, ma risulta comunque un’assenza piuttosto strana.
In conclusione, posso dire solo che Evil Dead: The Game è un gioco sviluppato con amore, sia per la serie che per il mondo videoludico. Al di là di una componente single player discutibile, si tratta di uno dei migliori multiplayer asimmetrici in circolazione e potenzialmente un contendente da non sottovalutare in futuro. Starà solo a Saber Interactive sfruttare bene le frecce al proprio arco, ma per il momento ci troviamo di fronte a un lavoro più che buono e decisamente un must-have per gli appassionati, tanto del genere quanto della saga creata da quel pazzo di Sam Raimi.
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