Overwatch rappresenta indubbiamente uno dei titoli più importanti dell’ultima decade per Blizzard Entertainment. L’hero shooter degli autori di Diablo, World of Warcraft e Starcraft dal 2016 ad oggi si è costruito un suo pubblico, una sua scena eSport e un immaginario distintivo, tutte cose in cui molti competitor arrancano. Va anche detto che al suo lancio il titolo ha rappresentato una sorta di novità soprattutto per il mercato console: certo, in quell’anno c’era anche Paladins di 3D Realms con tutto il suo essere free-to-play, ma il fascino di Blizzard per tantissimi risultava più ammaliante e invitante, al punto da pagare volentieri il biglietto d’ingresso per far parte del suo parco giochi.
Overwatch tuttavia non è sempre stato un successo in ascesa, nel suo lungo ciclo vitale ha avuto alti e bassi, ma il continuo contatto con la community ha permesso al team di sviluppo guidato allora da Jeff Kaplan di migliorare a piccoli passi l’esperienza offerta dall’imponente sparatutto, sebbene diverse mosse abbiano generato discussioni tra gli utenti più affezionati. Con il lancio gratuito di Overwatch 2, avvenuto lo scorso 4 ottobre, sono sorti nel sottoscritto diversi dubbi piuttosto preoccupanti, e da giocatore di lunga data quale sono mi chiedo se il titolo potrà mai sopravvivere in questo stato.
Overwatch 2 nasce come una nuova versione del primo gioco: anziché crearlo da zero, il team ha optato per svecchiare la versione precedente, optando in primis per un reskin grafico e poi per una serie di novità che stravolgono diversi aspetti del gioco, lasciando il suo gameplay pressoché immutato. Se ciò che differenzia il primo capitolo dal secondo risiede principalmente nel roster degli eroi, le mappe e il sistema Battle Pass, le problematiche del “nuovo” hero shooter di casa Blizzard sono radicate in aspetti “invisibili”.
Procedendo con ordine, nel suo menù sono ben evidenti due voci: quella del Battle Pass, che rimpiazza le casse premio, e quella del negozio, in cui è possibile acquistare tramite valuta in-game alcune skin del primo capitolo e le nuove che verranno introdotte man mano con gli eventi del secondo. Nel primo Overwatch le casse premio, per quanto discutibili, davano un minimo di possibilità agli “utenti free-to-play” di ottenere gli oggetti cosmetici più rari del gioco durante gli eventi stagionali, e tali loot box potevano essere ottenute tramite la modalità arcade o level up del profilo, senza considerare che alcune casse venivano regalate durante gli eventi. In questo modo, anche senza sborsare un centesimo, un giocatore piuttosto costante poteva mettere mano sulle skin più rare proposte regolarmente, personalizzando così i propri eroi preferiti. Ovviamente, anche le loot box facevano parte di un sistema di monetizzazione, ma se confrontato con quello attualmente attivo potrei definirlo decisamente meno aggressivo.
Il modello del Battle Pass di recente è stato adottato da numerosi franchise tra cui Call of Duty e Battlefield, e Overwatch 2 attraverso la sua natura free-to-play ricerca in esso una fonte di guadagni, proponendo così microtransazioni non proprio incoraggianti. Il pacchetto premium del Battle Pass, come facilmente intuibile, racchiude una serie di contenuti cosmetici prima accessibili gratuitamente, limitando di gran lunga la sua controparte free. Nonostante sia possibile acquistare il premium del Battle Pass attraverso le consuete monete d’oro, quest’ultime sono state fortemente limitate dietro il paywall della valuta reale, rendendo più complicato accumularle come avveniva in precedenza.
Il negozio inoltre è l’unico luogo in cui poter accedere alle nuove skin, le quali vengono distribuite tramite pacchetti che racchiudono al loro interno diversi oggetti cosmetici, tra cui anche emote esclusive e spray. I prezzi in media si aggirano attorno a 2600 monete d’oro, che in valuta reale equivalgono alla modica cifra di 24,99€ circa, un paywall non indifferente se consideriamo la precedente possibilità di accedere a tali oggetti anche in via del tutto gratuita. Ovviamente gli oggetti cosmetici non snaturano l’efficacia del gameplay, poiché non influiscono su di esso. Tuttavia sono proprio questi oggetti, rilasciati con gli eventi stagionali, ad aver generato spesso e volentieri un aumento di affluenza nei server del primo Overwatch, e con un tale paywall ad ostacolarne l’accesso il rientro di una fetta di utenza si fa indubbiamente più complicata.
Chiuso il discorso sul sistema di monetizzazione, ora vorrei spostarmi sullo stato attuale del gioco, ponendo il focus sul matchmaking. La ricerca delle partite, e in sostanza il netcode, hanno tempi d’attesa piuttosto importanti per un titolo intenzionato a immergere subito nell’azione la sua utenza. A meno che non si giochi con un team completo, trovare una partita talvolta è esasperante: per quella che è la mia esperienza, questo accade fin troppo frequentemente, ed è piuttosto problematico per quegli utenti che non hanno molto tempo a disposizione. Ciò avviene soprattutto nelle partite competitive e nelle code per i ruoli, i quali già da un po’ di tempo a questa parte rappresentano il focus principale di Overwatch. Se è pur vero che durante queste lunghe attese è possibile ammazzare il tempo giocando alle partite personalizzate o dilettandosi nella zona d’addestramento, quello del matchmaking resta comunque un problema non da poco, specialmente considerando gli ulteriori ostacoli presenti sulla strada.
Soprattutto nel discorso delle partite competitive, il nuovo sistema di ranking pone dei paletti a mio avviso troppo generosi. Il titolo ha abbandonato il punteggio che aumentava o calava ad ogni partita per un approccio più permissivo, togliendo i punti per optare una progressione di rank (o regressione) ad ogni sette partite vinte (o venti sconfitte), e l’inizio della stagione uno ha dimostrato alcuni aspetti positivi e negativi di questo cambio. Nonostante sia alquanto difficile scendere di rango, l’intervallo tra i vari rank al momento crea dei forti squilibri tra i team, mescolando giocatori che si differenziano di almeno una lega. Un divario tale che a volte ha ripercussioni sulle partite stesse, dove giocatori di rango oro spesso e volentieri non possono reggere il confronto contro utenti di rango platino, creando così anche una situazione a senso unico.
Nelle code dei ruoli questo sistema di ranking rischia di creare una sorta di stagnazione, con giocatori che devono rinunciare a giocare in team per poter salire di rango anche con altri eroi. Gli inghippi dovuti al calcolo errato del rank, inoltre, hanno fatto sì che utenti che nelle stagioni competitive precedenti si erano piazzati a ranghi piuttosto alti potessero competere banalmente contro giocatori novelli, una situazione al limite dello “smurfing”.
Il passaggio dal 6v6 al 5v5 ha senz’altro richiesto una revisione degli eroi affinché vi fosse un gameplay bilanciato: diversi rework infatti hanno caratterizzato la rinascita di alcuni eroi, come Orisa, Zarya e Bastion (per citarne alcuni), altri hanno guadagnato degli importanti buff e altri invece sono stati depotenziati, tuttavia è curioso notare come a distanza di un mese il titolo abbia già contato diversi nerf e bug che affliggevano alcuni personaggi. Sia chiaro, la rimozione di un tank nelle partite è stata fondamentale, tant’è che gli eroi appartenenti a tale ruolo sono quelli ad aver subito maggiori interventi, ma la situazione attuale, soprattutto in ranked, è alquanto sconfortante. Personalmente ho avuto modo di giocare alle partite competitive con un team ben assortito nell’arco del primo mese del lancio, e ho notato come buona parte del roster a disposizione non venisse minimamente considerato, ritrovandomi dei pick decisamente monotoni. E nonostante si possa pensare al meta di questa prima stagione, in realtà è proprio il bilanciamento a creare una situazione simile, dato che le abilità di alcuni eroi sono fin troppo sopra le righe.
Ciò che mi lascia perplesso è l’enorme quantità di bilanciamenti in arrivo nelle prossime settimane, dopo che il titolo ha passato una buona fase di testing sia pubblica che a numero chiuso, così come il non essersi resi subito conto di come alcuni rework non potessero decisamente funzionare all’interno del bilanciamento del gameplay. Dopotutto Overwatch 2 è il frutto di un lungo percorso compiuto dal suo predecessore, che nei suoi sei anni di ciclo vitale è riuscito a risolvere gran parte dei problemi che affliggevano gli eroi, e questa nuova versione sembra aver vanificato gli sforzi compiuti dalla gestione di Kaplan. Altro fattore preoccupante è il supporto: Overwatch ha inserito gradualmente gli eroi tramite aggiornamenti gratuiti, passando prima per una fase di testing su PC. In Overwatch 2 invece, come già sperimentato con Kiriko, le new entry potrebbero essere vincolate dal sistema del Battle Pass, e qualora non venisse livellato c’è il rischio concreto di non poter più accedere agli eroi non sbloccati nelle stagioni successive, creando così una spaccatura tra i giocatori che giocano con meno frequenza e quelli più costanti. Dunque è lecito chiedersi se i prossimi eroi potranno essere sbloccati successivamente attraverso il sistema di microtransazioni o per vie più accessibili.
È proprio qui che volevo arrivare: Overwatch è maturato nel tempo, apportando aggiustamenti, introducendo importanti novità al suo mondo e compiendo un lavoro decisamente importante su ciascuno dei suoi personaggi giocabili. Insomma il gioco negli ultimi due anni, malgrado non siano stati ricchi di novità, non ha dovuto ricorrere spesso ad ulteriori interventi se non per reintrodurre i consueti eventi stagionali che puntualmente venivano celebrati a dovere, come se il titolo avesse raggiunto una sua compiutezza. Un lungo lavoro portato a termine dall’ormai ex-director Jeff Kaplan, uomo simbolo dell’evoluzione del titolo Blizzard, nonché figura di riferimento per la community.
Con la gestione affidata ad Aaron Keller si avverte una sorta di allontanamento dell’Overwatch team dalla community, un distacco e un’indifferenza non trascurabili. L’ho notato soprattutto dall’introduzione del nuovo evento di Halloween, privo di celebrazione e di alcuna mossa per coinvolgere veramente la community, inoltre la comunicazione in generale sta avvenendo con una tale freddezza che al momento non è chiaro come verrà supportato il titolo, e con quale cadenza arriveranno i prossimi eroi giocabili. Insomma, quella sorta di unione tra team di sviluppo e utenti si è in qualche modo spezzata, e ciò rende Overwatch 2 più simile a un qualsiasi altro gioco free-to-play munito di Battle Pass e microtransazioni.
Overwatch 2 rimane un titolo abbastanza divertente da giocare, specie con un team di persone affiatate, e di certo non saranno un reskin grafico o la mancanza di cambiamenti all’interno di un gameplay che funziona a portarlo al baratro. Tuttavia i presupposti di questa partenza non sono molto incoraggianti, e oggi rispetto a sei anni fa l’industria e i suoi approcci sono cambiati tantissimo, specie per quel che riguarda i giochi online. Di certo un progetto pensato per durare a lungo corre grandissimi rischi, e questi potrebbero far affondare una nave ricca di buone intenzioni ancor prima di salpare. Tra problemi e novità, questo primo mese dell’hero shooter in ogni caso è stato alquanto stimolante, e sarà interessante scoprire come verrà supportato negli anni a venire.
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