Dalla vittoria agli Oscar 2018 per la miglior sceneggiatura non originale con Call Me by Your Name, Luca Guadagnino è diventato una delle voci più autorevoli del nuovo cinema italiano, generando schiere di fan che non mancano di idolatrare il nuovo “Maestro”. Nonostante non abbia mai nascosto la mia poca bendisposizione per quel film, ho invece apprezzato molto il remake di Suspiria del 2019, che ancora oggi considero uno dei migliori horror italiani, e avevo molta speranza per questo Bones and All, che vede il ritorno del connubio artistico con Timothée Chalamet e un incontro tra le due tematiche cardine del regista: amore e orrore.
Quest’ultimo film di Guadagnino è ancora una volta tratto da un romanzo – Fino all’osso di Camille DeAngelis – che ricade tranquillamente nel genere young adult, e per impostazione ricorda molto Twilight e affini. La differenza qui è però tutta nella mano del regista, che ci trasporta in una narrativa sicuramente classica e di formazione, ma con uno stile unico che non edulcora nessun passaggio, sia esso psicologico o carnale, sfociando persino nello splatter-horror più esplicito.
Siamo negli Stati Uniti degli anni ’80, e Maren (Taylor Russell) vive sola con il padre in una roulotte, cambiando spesso città e Stato a causa di problemi con la legge. La ragazza infatti ha impulsi cannibalistici che non riesce a controllare e, dopo un ultimo episodio particolarmente violento, il padre decide di lasciarle dei soldi, un’audiocassetta e il certificato di nascita abbandonandola al suo destino, ormai stanco di questa vita in fuga. Da qui inizia l’epopea della ragazza in viaggio per l’America, tra luoghi più civilizzati e altri più rurali, alla ricerca di sua madre, che a detta del padre è l’unica che può sapere qualcosa sui suoi impulsi. Ad accompagnarla ci saranno figure più o meno stravaganti, come Sully (Mark Rylance) e Lee (Timothée Chalamet).
Il film di Guadagnino si muove tranquillamente su binari ben rodati, con un viaggio on the road che per la protagonista è una scoperta di sé stessa e del rapporto che può avere con gli altri. Il cannibalismo può essere visto benissimo alla stregua di un impulso carnale dal punto di vista sessuale, con la società che reprime questi comportamenti trovandoli “degenerati”. In quest’ottica, soprattutto considerando la storia personale di Guadagnino, è possibile fare una sovralettura ulteriore del film, vedendo il cannibalismo non solo come impulso sessuale, ma proprio come l’omosessualità che viene repressa e cacciata, specialmente in un periodo del ventesimo secolo in cui iniziava a imperversare la paura dei contagi per HIV, e dove l’indifferenza delle persone per qualsiasi cosa non fosse la carriera personale e il guadagno era dilagante.
Nel film la storia d’amore tra Lee e Maren, pur essendo eterosessuale, porta con sé questi echi di drammaticità di Call Me by Your Name, dove la scoperta dell’amore è tragica, anche se questa volta a causa del suo passare per la morte e per il cannibalismo. Sotto questa veste può essere paragonata all’omosessualità di Elio e Oliver, costretti a consumare il loro amore di nascosto.
Per le tematiche proposte il film è molto vicino al gotico degli anni ’80 e ’90, tendendo all’amore perverso e orrorifico del Dracula di Francis Ford Coppola nel quale, seguendo le teorie freudiane, vengono contrapposte le pulsioni di vita e morte, facendo ricadere l’impulso sessuale sotto quello di morte e consumo dell’altro, che in questo caso diventa non più metaforico ma concreto, dove mangiare l’altro equivale ad amarlo. Un’altra ispirazione importante per la pellicola di Guadagnino è sicuramente La rabbia giovane di Malick, sia a livello tematico – avendo entrambi i film due giovani che scappano dalla società prestabilita e ne vivono ai margini – ma soprattutto per l’uso dell’ambiente naturalistico e dei discorsi “filosofici” dei personaggi, che pur non abbondando nelle parole nel momento in cui si aprono hanno sempre qualcosa di pregnante da dire.
Le affinità con lo stile di Malick si riscontrano anche nella fotografia: le enormi pianure e distese dell’America più rurale riempiono le esistenze di questi giovani, rappresentando un mondo molto più grande di quello nelle loro possibilità, ma che si accingono lo stesso ad esplorare, perché vogliono diventare adulti e indipendenti pur essendo totalmente delusi dai comportamenti degli adulti che hanno intorno, che finiscono spesso per comportarsi peggio dei bambini. La ricerca di una comunità di appartenenza, di una vita dove poter vivere in tranquillità superando i traumi del passato, è la base con cui Bones and All si presenta al pubblico, riuscendo benissimo nell’intento di divertire, far riflettere, ma soprattutto mettere ansia e paura. Infatti per la prima volta in un film per ragazzi del ventunesimo secolo, la violenza esiste e le “creature” di cui si parla non vengono banalizzate o rese qualcosa di totalmente alieno rispetto al concetto originario – come i vampiri maghi di Dampyr – ma il contesto è reale e crudo, e si ottiene un bel bilanciamento tra orrore e romanticismo.
A condire il tutto con maestria ci pensano le musiche di Trent Reznor e Atticus Ross, che riescono a cogliere perfettamente l’essenza naturalistica e malinconica del contesto tramite una colonna sonora che mescola le sonorità ambient-synth a quelle acustiche, creando tappeti sonori veramente evocativi che ben si amalgamano con la fotografia in simil-pellicola voluta da Arseni Khachaturan.
Bones and All è un ennesimo passo avanti per la filmografia di Luca Guadagnino, che qui riesce a colpire nel segno e per certi versi rivoluzionare il genere young adult al cinema, dimostrando come anche qualcosa di così commerciale e solitamente considerato “banale” possa essere trasformato in un prodotto personale e di gran qualità grazie ad una volontà autoriale forte.
Spero che questo film possa settare uno standard per tutte le produzioni del genere da qui in avanti, perché è la riprova che anche i film per ragazzi possono essere interessanti e ben curati senza dover necessariamente scadere nella melassa o nella banalità, soprattutto per quel che riguarda la messa in scena. Bones and All è una ventata d’aria fresca nel mondo del cinema per ragazzi e una grande conferma per Guadagnino, che dimostra come un film possa essere considerato d’autore anche se la sua base di partenza sembra una fanfiction di Twilight.
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