È passato quasi un decennio da quando James Gunn e i suoi Guardiani della Galassia sono arrivati a portare scompiglio nel Marvel Cinematic Universe, eppure il ricordo di quel debutto è così vivido che sembra ieri. Chi si sarebbe mai aspettato un successo così dirompente per dei personaggi del tutto sconosciuti presso il grande pubblico, con “quello simpatico di Parks and Recreation” nel cast e “quello strano della Troma” alla regia? Invece questi outsider hanno conquistato fin da subito il cuore di tutti, con un impatto enorme sulla carriera degli attori coinvolti e senza dubbio del regista, che poi la Disney ha maldestramente gettato tra le braccia della concorrenza.
Il passaggio di Gunn alla guida dei DC Studios sancisce definitivamente la fine dei Guardiani della Galassia per come li abbiamo conosciuti finora, sia perché parte del cast (Dave Bautista su tutti) non ha alcuna intenzione di partecipare a cinecomic diretti da qualcun altro, sia perché i Marvel Studios hanno già dimostrato di non saper gestire bene questi personaggi così diversi dai soliti in altri contesti come i crossover. O peggio, hanno cercato di replicare in maniera imbarazzante la formula dei Guardiani altrove, come nel caso di Thor che è passato dall’essere un tragico eroe shakespeariano al capo clown in un battito di ciglia, per l’incomprensibile gioia di molti.
Guardiani della Galassia Vol. 3 fin dalla scena d’apertura ha il sapore di un addio, e lascia temere per il destino di Rocket, che mentre tutti sono impegnati con le proprie faccende su Knowhere se ne sta per conto suo ad ascoltare la malinconica versione acustica di Creep. Al centro di questo terzo capitolo c’è proprio lui, questo personaggio così carismatico ma di cui finora abbiamo sempre saputo così poco, perché ha sempre nascosto il suo misterioso passato dietro un carattere esplosivo. Un passato che qui però si svela per forza di cose in tutto il suo strazio davanti agli occhi dei suoi amici e di noi spettatori.
Infatti questa volta la minaccia arriva dall’Alto Evoluzionario, una figura quasi divina che inseguendo il desiderio di creare una “civiltà perfetta” ha reso Rocket quello che è attraverso i suoi esperimenti, e dopo essere riuscito a rintracciarlo ora gli dà la caccia perché è convinto sia la chiave per realizzare i suoi scopi. Il vero protagonista della storia quindi viene reso una preda, con tutti gli amici attorno a fargli scudo per proteggerlo, e mentre questo ci dà modo di approfondirlo come mai fatto prima, dall’altro lo tiene in disparte per buona parte del tempo. Nel film paradossalmente non c’è abbastanza Rocket, e per quanto questo sia funzionale alla trama e alla necessità di portare a compimento anche gli altri personaggi, purtroppo si sente.
In ogni caso tutto ciò che riguarda la backstory di Rocket e il suo rapporto con le altre cavie da laboratorio come lui, i suoi primi veri amici, è meraviglioso e rappresenta la parte più emozionante del film: se avete la lacrimuccia facile preparatevi. L’unica cosa che non mi ha fatto impazzire è che per raccontarla si fa un uso costante di flashback, che pur essendo piazzati con dei buoni espedienti a mio parere spezzano troppo il ritmo.
Fin qui comunque potrei avervi dato l’idea di un film molto triste, quasi plumbeo. Tutt’altro. Gunn come al solito riesce a tenere insieme dramma e commedia in un armonioso equilibrio, aggiungendo al mix anche tanta azione e un pizzico di horror. Durante la visione dunque si attraversa un caleidoscopio di emozioni intense e diverse tra loro: si ride in maniera scomposta, ci si commuove, si sente salire l’adrenalina per gli scontri e si rimane stupiti da alcune soluzioni visive, uscendone infine appagati e con il cuore incredibilmente leggero.
Questo avviene anche per la bella chiusura data ai personaggi (principali e secondari), che affrontano un ultimo soddisfacente percorso di evoluzione, credibile e con i piedi ben piantati a terra. In tal senso si chiude benissimo anche il rapporto tra Peter Quill e la nuova Gamora, sulla quale lui continua a proiettare il ricordo di quella che amava. Con questa e altre situazioni, come una strana tensione romantica tra Peter e Nebula, il regista si diverte chiaramente a giocare di continuo con le aspettative dello spettatore, quel tanto che basta affinché non possa dare nulla per scontato, senza calcare la mano e sfociare nella presa in giro. Anche per questo motivo non ci si annoia mai e le 2 ore e mezza del film volano che è un piacere, sebbene lo sviluppo della trama, tra l’alternanza dei flashback e le tante cose folli che accadono, a volte risulti caotico.
In quanto alle new entry, devo dire che l’Alto Evoluzionario di Chukwudi Iwuji sulle prime mi ha lasciato interdetto, e ho dovuto rimuginarci su e confrontarmi con altre persone prima di farmi un’idea chiara su di lui. Come villain è facilmente migliore di Ronan l’accusatore (ve lo ricordate?), ma l’ho trovato qualche gradino al di sotto di Ego, che con il suo fare freddo e subdolo riusciva ad apparire realmente minaccioso. Il bello dell’Alto Evoluzionario sta nel suo comportarsi come un dio capriccioso che non dà alcun valore alla vita altrui, anche quella da lui stesso creata, e di conseguenza uccide con la leggerezza di gettar via un giocattolo rotto. Tuttavia nel fare questo appare anche molto sopra le righe e infantile, ed è difficile prenderlo davvero sul serio.
Ma in tutto ciò forse vi starete chiedendo: e Adam Warlock? Il noto personaggio dei fumetti Marvel, qui interpretato da Will Poulter, da come ci era stato anticipato sembrava dover avere un ruolo di rilievo in questo Volume 3, forse persino come villain principale. Qualcosa però è evidentemente cambiato nei piani (e nei ben sei anni passati dal Volume 2), perché alla fine viene solo utilizzato come espediente narrativo in un paio di momenti, e per il resto è una macchietta. È come se Gunn ormai avesse dovuto metterlo per forza, ma in realtà non c’entrasse più nulla con la sua visione del finale. Sinceramente è un peccato che sia stato sprecato così.
Tecnicamente, come i precedenti capitoli, Guardiani della Galassia 3 è grandioso e riempie lo sguardo di meraviglia. La fotografia è un tripudio di colori e la regia di James Gunn enfatizza specialmente le scene d’azione in maniera creativa, raggiungendo il picco massimo in una hallway fight superba. Ottimo anche il lavoro svolto sulla CGI (cosa assolutamente non scontata negli ultimi tempi), che porta a un livello superiore la resa di Rocket e in generale dimostra una certa cura per i dettagli, anche se il vero valore aggiunto lo danno gli effetti pratici. L’artigianalità di cui godono parte dei costumi, il make-up e le scenografie (e di cui avevamo già avuto un assaggio nello speciale natalizio) dona al tutto un’atmosfera impagabile.
Unitamente agli originali design dei personaggi, le creature, i mezzi e le location, questo film e i precedenti fanno di Guardiani della Galassia nel suo insieme una space opera capace di diventare lo Star Wars delle nuove generazioni. Questa saga infatti è in grado di restituire le stesse sensazioni di scoperta e stupore date dalla trilogia originale di George Lucas, lì dove il nuovo corso di Star Wars (fatta forse eccezione per The Mandalorian) invece ha fallito.
Per quanto riguarda la colonna sonora, anche stavolta troviamo un’ottima selezione di brani su licenza (link alla playlist su Spotify), immancabile marchio di fabbrica della saga. Però devo dire che dopo tre film e uno speciale questa soluzione non ha più lo stesso mordente, e personalmente ho provato davvero un fremito per l’accompagnamento musicale solo quando nella scena mid-credits è partita Come and Get Your Love, che ripresa dalla playlist del primo film ha chiuso il cerchio.
Guardiani della Galassia Vol. 3 purtroppo non mi ha entusiasmato quanto i primi due capitoli, e penso che questo sia riconducibile al ritmo inframezzato dai vari flashback, la presenza di Rocket principalmente in questi ultimi, e la mancanza di scene davvero iconiche. Nonostante ciò rimane un cinecomic magistrale nonché il miglior film dei Marvel Studios uscito finora dal post-Infinity Saga (non che ci volesse molto), e mentre da un lato il suo impatto sull’universo cinematografico è nullo, dall’altro trae forza proprio dal non doversi ricollegare a molto altro se non essenzialmente ai capitoli precedenti e lo speciale natalizio.
James Gunn chiude in maniera perfetta ed equilibrata la trilogia, con un finale né troppo smielato né troppo triste, che rende giustizia al percorso affrontato da tutti i personaggi. A maggior ragione spero che i Marvel Studios lascino le cose come stanno, accontentandosi dell’unico personaggio di cui hanno confermato il ritorno nella scena post-credits e consegnando questa folle space opera agli annali.
Dai ma adesso oggettivamente che gli vuoi dire a un film del genere? E’ come va fatto un film di supereroi. Uno si vuole divertire e deve finire bene. Così si fa!
Non ho capito bene se hai qualcosa contro la mia recensione o se il tuo sia un commento generico 🧐 perché comunque ho parlato bene del film