È lunga la lista di cineasti, più o meno noti, che da decenni si confrontano con le opere del re del terrore Stephen King. A questa ora si aggiunge il giovane Rob Savage, classe 1992, qui al suo primo film di un certa rilevanza ma non nuovo al genere horror.
Il soggetto di The Boogeyman (che non ha nulla a che fare con la trilogia dei primi anni 2000) arriva dal racconto Il Baubau, contenuto nella famosa raccolta A Volte Ritornano pubblicata per la prima volta nel 1978. La storia segue le disavventure di Sadie e Sawyer, due sorelle da poco rimaste orfane della madre, alle prese con un’inquietante presenza nella loro casa, mentre il padre è ancora troppo distratto dal lutto e spaventato dalle nuove e maggiori responsabilità che lo attendono.
Nonostante il genere sia ben definito, la sensazione che rimane una volta arrivati ai titoli di coda è quella di aver assistito a un vero e proprio dramma familiare, a una serie di fisiologici contrasti, fraintendimenti e ricongiungimenti che permettono alla famiglia di riuscire nell’impresa più grande: superare un lutto tutti insieme e andare avanti, che è l’unica cosa che conta davvero. Probabilmente non è questa la prima cosa che ci si aspetterebbe di leggere quando si parla di horror, ma la tematica familiare di The Boogeyman si rivela fondamentale e, sorprendentemente, risulta anche ben scritta.
Per quanto riguarda la parte orrorifica, il regista Rob Savage si rivela tutt’altro che uno sprovveduto: troviamo infatti momenti di tensione per la maggior parte ben costruiti e realizzati, e dei jumpscare piazzati a dovere dei quali fortunatamente non si abusa. Certo, non mancano i soliti cliché tipici del genere come un buio costante e immotivato dato da luci casalinghe incredibilmente deboli, altre che vengono tenute spente in momenti in cui normalmente verrebbero accese e interruttori che da un momento all’altro smettono di funzionare, ma non si può pretendere troppo.
Il mostro da cui la pellicola prende il nome, tuttavia, si fa piuttosto desiderare prima di mostrarsi nella sua rivoltante interezza, ma questo contribuisce a creare la giusta sensazione di vedo-non vedo per quasi l’intera durata del film. Questa sensazione, fino al coinvolgente e toccante finale, contribuisce a dare una costante tensione allo spettatore, spingendolo a viaggiare con l’immaginazione e immedesimarsi con i protagonisti, alle prese con una presenza tanto tangibile e terrificante quanto effimera e indistinta. Sicuramente, a fronte di un budget alquanto modesto (circa 40 milioni di dollari), c’è stato anche il bisogno di fare di necessità virtù, ma bisogna dire che riuscirci non è da tutti.
Purtroppo deludono i personaggi secondari, piuttosto stereotipati e a tratti fin troppo sopra le righe per i loro ruoli, ma per fortuna la scena è tutta di Sophie Thatcher (Sadie). Quest’ultima, con la faccia giusta e la sua ottima interpretazione, riesce ad incarnare al meglio non solo l’adolescente in lutto, dal rapporto tormentato ma sempre amorevole col padre, ma anche la sorella maggiore responsabilizzata che prende sotto la sua inedita ala materna la sorellina Sawyer (interpretata dalla brava e dolce Vivien Lyra Blair vista anche in Obi-Wan Kenobi).
Con la sua natura “ibrida” che alterna horror classico, horror psicologico e dramma familiare, The Boogeyman fatica forse a trovare del tutto la sua vera identità, ma non si può negare che sia ben fatto e abbia dei buoni spunti. Questo ennesimo adattamento di King non sarà certo annoverato tra i più memorabili, ma gli va senz’altro riconosciuto di essere un film misurato, onesto, con una buona fotografia e delle buone musiche, che destreggiandosi tra varie strade prova quantomeno a cercarne una propria, risultando non troppo stereotipato e riuscendo tutto sommato a lasciare qualcosa nello spettatore.
Un ringraziamento speciale a The Walt Disney Company Italia
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