Negli ultimi anni la Pixar ha fatto un po’ fatica a tenere alto il prestigio del proprio nome, rilasciando ottimo materiale originale “solo” nel 2015 con Inside Out, nel 2017 con Coco e nel 2020 (in piena pandemia) con Soul e Onward. Nel mezzo, perlopiù sequel di titoli già amati oppure film non riuscitissimi come Red e Luca. La sfida più grande è data dalla necessità di riuscire a stare al passo con i tempi e con l’animazione che creativamente fa passi da gigante (vedasi lo Spider-Verse della Sony), senza contare che la rinnovata sensibilità nei confronti di alcune tematiche pressa molto l’industria cinematografica americana, soprattutto quella per bambini. La difficoltà aumenta se poi a tutto ciò si aggiunge la necessità di mantenere una propria identità all’interno del settore. Con Elemental saranno riusciti a soddisfare tutte queste pesanti aspettative?
Già da una prima occhiata al trailer si può intuire la scelta di portare come fulcro dell’azione una storia d’amore. In un mondo popolato da personificazioni dei quattro elementi della natura, una ragazza di fuoco e un ragazzo d’acqua s’incontrano e si piacciono: le difficoltà sociali legate alla loro eventuale unione sono il problema principale affrontato dal film, che idealmente dovrebbe confluire in tematiche come l’immigrazione, il razzismo, l’integrazione e la disparità fra ceti sociali diversi. “Idealmente” perché, sulla carta, questa ipotetica unione d’intenti fra Rapunzel e Zootropolis promette bene, ma su schermo riesce solo parzialmente nel suo intento.
Ember Lumen è una giovane fuochese che aiuta i suoi genitori nella gestione del negozio di famiglia, sperando che un giorno l’attività passi interamente a lei. La bottega è situata nel quartiere di Element City dove vivono le persone di fuoco e offre tutte le specialità della loro terra di origine, dai bollenti bocconcini di pietra lavica ai rifornimenti d’olio per i neonati; Ember e suo padre Bernie sono un’ottima squadra, ma lui è ormai vecchio ed è tempo che le redini del negozio passino a qualcun altro. Consapevole dei problemi di gestione della rabbia che ha Ember, Bernie le propone un accordo: se riuscirà a cavarsela da sola il giorno dei saldi senza mai perdere le staffe, il negozio sarà finalmente suo.
Il fatidico giorno arriva e purtroppo Ember non riesce a contenersi: per evitare di perdere il controllo davanti ai clienti, si rifugia nel magazzino e lì rilascia tutta la sua rabbia in un’esplosione di fuoco, portando i tubi dell’acqua a scoppiare a causa dell’eccessivo calore. Dalle falle fuoriesce Wade Ripple, un giovane d’acqua che era intento a controllare le tubature in un’altra parte della città prima di venire risucchiato lì: il ragazzo, studiando la situazione del magazzino allagato, informa Ember che probabilmente il negozio non è a norma e che sarà costretto a riportarlo alle autorità. La ragazza quindi inizia a rincorrerlo per tutta la città cercando di fargli cambiare idea, e da qui le cose peggioreranno, con le sorti del negozio dei Lumen e la crescente relazione fra i due ragazzi che finiranno inevitabilmente per intrecciarsi e influenzarsi a vicenda.
Il bello dell’incontro fra Wade ed Ember è che non si tratta affatto di un colpo di fulmine: per esigenze pratiche e personali dettate dai contesti in cui vivono, entrambi si muovono in due direzioni opposte e si ritrovano da subito in conflitto. Ember mette al primo posto l’urgenza di rispettare le tradizioni di famiglia e i sacrifici che hanno fatto i suoi genitori, migrati verso Element City quando lei ancora non era nata; Wade invece, cresciuto in una famiglia agiata e residente da generazioni in centro città, è più incline a rispettare le regole e abituato a seguire la propria individualità. Il discorso politico-sociale di cui si nutre questa commedia romantica è abbastanza sociale e per niente politico, ma sicuramente attuale.
Il regista Peter Sohn (già alle redini dello sfortunato Il viaggio di Arlo) ha dichiarato di essersi ispirato alla sua storia personale di immigrato di seconda generazione per realizzare quella di Ember, in quanto i suoi genitori si trasferirono dalla Corea negli Stati Uniti quando lui ancora doveva nascere. Questo si nota specialmente nell’attenzione data all’aspetto linguistico: appena arrivati a Element City, i genitori di Ember pronunciano i loro nomi per essere registrati all’ufficio arrivi, ma l’addetto non riesce a capirli bene e quindi li deforma in base ai tratti familiari della sua lingua. Questo accade di continuo anche in Italia, soprattutto per i nomi asiatici con tutte le differenze di tono e di aspirazione che l’italiano non prevede.
La lingua del fuoco, appositamente creata per il film, è stato resa di modo da risultare affine al suo elemento di appartenenza, fra gorgoglii, aspirazioni e scoppiettii. Tuttavia raramente si sente la famiglia Lumen parlare nella propria lingua, fatta eccezione per qualche parola, con i genitori di Ember che mantengono un accento e lei che invece parla in perfetta dizione.
L’aspetto sociale riuscito risiede nella credibilità dei due contesti opposti da cui provengono Ember e Wade: per quanto prevedibili, non vengono mai esasperati al punto da rendere una famiglia peggiore rispetto all’altra. Le difficoltà che hanno riscontrato i Lumen al loro arrivo in città li hanno resi diffidenti, chiusi e ancora poco integrati; i Ripple, ormai abituati al cosmopolitismo della capitale, si mostrano un po’ superficiali ma comunque aperti, più concentrati sul singolo individuo che su una cultura collettiva, e di sicuro molto più astratti che pratici grazie a tutti gli agi di cui godono. Una chicca molto carina è il modo in cui viene rappresentata l’attenzione quasi morbosa degli americani nei confronti della psicanalisi, attraverso la totale vulnerabilità di Wade e la sua famiglia: nel loro caso infatti mostrare le proprie emozioni è considerato un punto di forza, laddove Barnie, che riflette di più la cultura asiatica, cerca di insegnare a Ember a trattenere la propria rabbia.
L’aspetto politico invece fallisce proprio nella contestualizzazione di questo scontro all’interno della società: al di là degli ostacoli incontrati dai genitori di Ember, e qualche piccolo sguardo scandalizzato quando la ragazza fa bruciare qualcosa, non si capisce che atteggiamento abbiano in generale i vari elementi gli uni verso gli altri. Element City non viene mai mostrata del tutto e fa più che altro da piacevole sfondo, con tanti simpatici dettagli sul modo di interagire tra gli elementi e i mezzi di trasporto utilizzati, ma non si capisce effettivamente come funzionino le cose, chi governi, quante zone ci siano, se in generale ci sia tolleranza o meno. Vediamo solo i luoghi dove abitano i due protagonisti, più altri due o tre fondamentali per la trama, ma per il resto non si riesce ad avere un quadro ben delineato di Element City. Potrebbe anche andar bene se accettassimo il film come uno slice of life, ma questo sminuirebbe un po’ la portata di tematiche così importanti: nel momento in cui si decide di trattare certe questioni, è un peccato che la vicenda rimanga intima senza mai allargarsi alla collettività.
È questa la parola chiave di Elemental: intimo. Si tratta a tutti gli effetti di una commedia romantica, dove forse si sarebbe potuto dare più rilievo alla portata sociale di quest’unione così rivoluzionaria fra acqua e fuoco, ma che comunque resta davvero carina nell’ottica di una storia d’amore attuale. I topoi del genere vengono sfruttati bene senza mai scadere nello stereotipo, la relazione nasce a poco a poco e si vede chiaramente crescere la chimica tra i due. Se si accetta che il fulcro di tutto siano i due giovani, con alle spalle un bel background che li ha resi ciò che sono, il film si lascia guardare senza problemi; se invece ci si aspetta un po’ più di worldbuilding o anche solo un’avventura centrale che si accompagni alla relazione romantica, purtroppo si rischia di rimanere delusi.
Sicuramente non avevo le migliori aspettative per quel che riguarda il doppiaggio italiano, dove a prestare la voce a Wade è Stefano De Martino, e invece devo dire che funziona: ogni tanto partono delle vocali un po’ storte, ma non si sente l’accento e il tono di voce è modulato sorprendentemente bene. Ci si scollega un po’ durante i momenti seri e romantici, dove la recitazione si fa più complessa, ma poteva andare molto peggio, e un plauso va senz’altro a Massimiliano Manfredi per una direzione del doppiaggio più che dignitosa.
Per tornare all’inizio, la Pixar ha provato un po’ a rispondere alle esigenze del presente, affrontando con timidezza il tema della discriminazione razziale e delle seconde generazioni, e rappresentando una coppia antitradizionale con lui che piange assolutamente per qualsiasi cosa. Allo stesso tempo, si nota il tentativo di seguire una linea identitaria con i film precedenti attraverso uno stile semplice, confondendolo forse con un’introspezione e un’intimità che funzionano decisamente di più in Up, Wall-E e Gli Incredibili, per fare alcuni esempi.
Elemental è un film quasi esclusivamente romantico, che segue una trama molto semplice e prevedibile. Ciononostante è divertente osservare gli elementi che interagiscono tra loro, e le dinamiche fra i protagonisti sono dolci, sincere e interessanti. Inoltre non manca qualche bella riflessione sull’ormai immancabile tema Disney delle radici familiari e il loro ruolo nel nostro futuro e i nostri sogni.
Un ringraziamento speciale a The Walt Disney Company Italia
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