La saga fantasy/steampunk L’Attraversaspecchi è una delle più apprezzate del panorama young adult moderno, anche perché la sua autrice Christelle Dabos è una delle poche che, oltre a una costruzione sopraffina dell’ambientazione, i personaggi e le tematiche, riesce ad avere proprio una marcia in più nello stile di scrittura. La sua penna infatti varia perfettamente in base al contesto, permettendole di passare agilmente e senza mai straniare il lettore da una descrizione dettagliata e forbita – ma mai pretenziosa – al flusso di coscienza di un personaggio, fino alla creazione della suspense.
Dopo la conclusione della fortunata tetralogia nel 2019 (in Francia, da noi nel 2020) c’era grande attesa per il nuovo libro della Dabos, che evitando la strada facile dei prequel, sequel e spin-off (molto in voga tra gli scrittori del genere, che vivono praticamente solo di quello), quattro anni dopo ha spiazzato i suoi fan con Qui, solo Qui. Il libro infatti è completamente agli antipodi de L’Attraversaspecchi per target, stile, intenzioni e durata.
Qui, solo Qui parla di alcuni ragazzi che iniziano un nuovo anno Qui, ovvero al collège (scuola media) di una periferia francese indefinita, e ogni capitolo alterna il punto di vista di uno di loro, che pur essendo in classi diverse finiranno inevitabilmente per incontrarsi a causa di eventi folli e inspiegabili. Pierre, Iris, Madeleine e Guy sono i quattro protagonisti, i cui punti di vista sono tutti narrati in prima persona con uno stile ruvido, gergale e anche trucido, che negli intenti può ricordare il Pasolini di Ragazzi di vita, completamente all’opposto della pulizia e la pomposità di quello utilizzato ne L’Attraversaspecchi. La perizia nella scrittura della Dabos però non si limita qui, perché riesce persino a delineare ogni personaggio in modo differente tramite la diversa costruzione dei periodi per i loro pensieri.
Pierre, il classico “sfigato” senza amici, pensa con frasi brevi, spesso ripetute e assillanti, restituendo l’idea di pensieri intrusivi e distruttivi che la sua mente continua a produrre. Madeleine invece è sempre molto giudicante, con ogni suo pensiero rivolto all’azione di qualcuno o qualcosa; lei è la ragazza “pura”, che sentendosi superiore agli altri non fa determinate bravate o esperienze come i suoi coetanei. Iris è una ragazza timida e insicura, che essendo appena giunta dalle elementari si ritrova in un mondo completamente diverso e fa di tutto per cercare di integrarsi, persino “tradire” alcuni suoi amici pur di non avere problemi nella nuova classe; i suoi pensieri, complice anche il rapporto con la sorella più grande, sono sempre un enorme flusso di coscienza pieno di dubbi su qualsiasi cosa le capiti o debba fare. Guy infine è il ragazzo popolare, che rispetto agli altri si trova in una posizione di potere nella gerarchia della scuola, e i suoi pensieri più scurrili e grezzi sembrano usciti da un film come La Haine.
Partendo da degli elementi fantasy semplici che potrebbero far presagire una sorta di “scuola per persone speciali” alla Harry Potter o Mercoledì, con l’incedere della storia subentreranno degli aspetti sempre più surreali, sfociando verso il grottesco e anche l’horror. Elementi come le impronte sul soffitto di quello che viene chiamato “lo studente al contrario” all’inizio sembrano solo leggende metropolitane, ma l’ambiguità sulla loro effettiva esistenza viene resa in maniera perfetta insinuando nel lettore il dubbio sulla realtà che gli viene presentata, specialmente per via di certi comportamenti.
In tutto Qui gli studenti sembrano creare senza problemi gerarchie di potere al pari di quelle mafiose, con tanto di pizzo da pagare, punizioni corporali e riti d’iniziazione degni delle peggiori sette. Il tutto nella completa omertà dei professori, rappresentati come presenze ignave che compiono svogliatamente il loro lavoro e cercano di intromettersi il meno possibile negli affari dei ragazzi, che a detta loro “devono educarsi da soli”. Nonostante gli eventi che i ragazzi dovranno affrontare e subire degenerino rapidamente e si inizi a parlare anche di una potenziale apocalisse in arrivo, questo non sembra tangere le autorità, che anche di fronte a fenomeni di possessione e tentati omicidi rimangono impassibili.
È chiara la critica al sistema scolastico che l’autrice – evidentemente sapendo di cosa parla, avendo anche un fratello professore di filosofia – ha voluto inserire in quest’opera. Infatti ci sono anche un paio di capitoli con il punto di vista di una supplente che, oltre ad essere cruciale per l’interpretazione della storia, fornisce un perfetto spaccato della vita dei giovani che vogliono entrare nella scuola pubblica come insegnanti.
Un po’ come succedeva nella messa in scena di Beau ha paura, Qui, solo Qui rappresenta una realtà filtrata attraverso gli occhi dei suoi protagonisti. In questo caso parliamo di adolescenti che si interfacciano, alle medie, con le prime vere insidie della vita, e che a causa della pubertà vivono qualsiasi evento come una tragedia inguaribile.
Gli elementi fantastici del libro altro non sono che un’enorme iperbole di ciò che questi ragazzi vivono tutti i giorni. I demoni che devono affrontare sono quelli delle relazioni interpersonali, in famiglia o con i compagni, che straniano completamente la loro percezione. L’orrore è quello della scuola che non aiuta i propri studenti, che aumenta le distanze sociali e umane invece di colmarle, di ragazzi non compresi e lasciati alla deriva, di bullismo, coercizione e umiliazione votata solamente a integrarsi con persone che sembrano importantissime o irraggiungibili, ma che in realtà sono completamente avviluppate nel proprio dolore, con il quale non riescono a venire a patti.
Qui, solo Qui, per tutta la sua breve durata, altro non fa che creare un’enorme allegoria, un sogno febbrile che potrebbe uscire da una seduta di psicanalisi, nel momento in cui si va a ricordare quel determinato periodo della propria vita per riuscire finalmente ad elaborarlo. Come nel film Melancholia di Lars Von Trier, l’apocalisse non fa più paura perché la viviamo ogni giorno, ogni mese, ogni anno, in un ciclo perpetuo che, non appena sembra lasciarci scampo, è pronto a ricominciare. L’apocalisse è qui, solo qui.
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