Se si pensa all’istinto che spinge l’essere umano al meraviglioso, si comprenderà l’emozione prodotta in tutto il mondo dall’apparizione soprannaturale.
Jules Verne
Il concetto di soprannaturale mi attira da sempre. Lo trovo un argomento interessante per un semplice fatto: nel buio dei nostri pensieri è impossibile per chiunque sottrarsi al suo fascino. Prendete la più scettica delle persone, fatela passeggiare da sola nel buio di un cimitero e la vedrete finire per guardarsi attorno con circospezione, mentre la sua mente rimette in discussione tutto il suo ferreo scetticismo. Sono fortemente convinto che nessuno possa sottrarsi a questo gioco della fantasia e, anche ammesso che voi mi diciate di essere speciali, io semplicemente non vi crederei.
Per questo motivo, unendo la mia scientifica visione del mondo con la predilezione verso qualsiasi storia del terrore, ho sempre apprezzato i prodotti che vanno a indagare i cosiddetti fenomeni paranormali con un piglio serio e riflessivo. The Enfield Poltergeist è un esempio più che calzante di questa categoria. Il poltergeist di Enfield è forse l’evento paranormale più conosciuto e documentato al mondo, un caso di infestazione da manuale per manifestazioni ed escalation, ma al contempo estremamente peculiare per contesto d’appartenenza.
Partiamo dalle basi: poltergeist è un termine ombrello che copre tutte quelle manifestazioni associabili alla presenza di uno spirito in casa. Porte che sbattono, oggetti che volano, eventi di combustione spontanea, lamenti e voci dagli angoli bui eccetera. Esistono segnalazioni di eventi inspiegabili fin dall’antica Roma che ora si fanno risalire a questo termine, per i quali spesso si tirano semplicemente in ballo l’autosuggestione e le allucinazioni di gruppo.
Se vi andrete a documentare sugli eventi legati a questo specifico poltergeist scoprirete quindi che, nello spettro di questo evento (perdonate il gioco di parole), rientra tutto quello che ci si potrebbe aspettare, dai rumori alle pareti arrivando addirittura alle pseudo-possessioni e le voci gutturali. Come già accennato però la particolarità di questo caso è legata al contesto di appartenenza: niente antichi castelli o manieri con storie torbide alle spalle, bensì una casa come tante altre in uno dei borghi proletari di Londra, non una famiglia di nobili rampolli ma una madre divorziata e i suoi figli. Un contesto quindi così comune da urlare “potrebbe proprio capitare a chiunque!”.
Ad aggiungere importanza al poltergeist di Enfield fu anche il periodo: gli anni ’70 stavano attraversando un graduale, ma costante, aumento delle fascinazioni per il soprannaturale, che finiva per prendere piede e diffondersi nella cultura pop di tutto il mondo. Era la decade che vide nelle sale lo scioccante Esorcista di Friedkin, non a caso citato proprio nel secondo episodio. Insomma questo caso, e le indagini che ne scaturirono, arrivarono ad occupare pagine di testate e tabloid, diventando argomento per libri, serie tv e film negli anni a venire. Sono sicuro che ne avrete sentito parlare almeno una volta: avete presente ad esempio The Conjuring 2? Ecco, è proprio il caso di cui stiamo parlando.
Arrivando nello specifico alla docuserie in 4 episodi di Apple TV+, questa propone una full immersion realizzata con una cura e un impegno evidenti fin dai primissimi minuti. Come viene riportato negli istanti iniziali, per raccontare questi eventi si è scelto di partire dagli appunti, le foto e le oltre 200 ore di registrazioni audio realizzate dall’investigatore Maurice Grosse tra il 1977 e il 1978. Da questa mole sconfinata di materiale si è proceduto alla ricostruzione della location principale, la casa della famiglia Hodgson, in cui far muovere vari attori sincronizzandoli con l’audio originale delle registrazioni.
Nella ricostruzione degli eventi dunque tutto procede, puntata dopo puntata, seguendo l’arco narrativo, l’escalation e il termine delle manifestazioni, approfittando di ogni momento per inquadrare le vicende nella chiave dell’indagine pseudoscientifica. A intervallare la ricostruzione troviamo numerose interviste agli altrettanto numerosi testimoni delle vicende, tra i quali figurano per la prima volta testimoni diretti che, fino ad oggi, non si erano voluti esporre in alcun modo (inclusa la povera Janet, il fulcro delle manifestazioni).
Questa peculiare scelta narrativa, unita a delle convincenti prestazioni attoriali, un aspetto tecnico ben gestito, una buona comprensione e gestione dei tempi del racconto e le “tematizzazioni” interne agli episodi, riesce a consegnare un prodotto perfettamente in grado di reggersi sulle proprie gambe. Si inscena quindi un arco narrativo in grado di dipanare gli eventi davanti ai nostri occhi, approfondendone di volta in volta i singoli aspetti in modo sapiente e consapevole.
A sporcare la riuscita dell’operazione, almeno in parte, qualche ripetizione e ridondanza di troppo che ogni tanto portano a dei momenti di stanca. Un limite soltanto parziale che si sarebbe potuto tranquillamente evitare scegliendo di alleggerire alcuni passaggi, magari risparmiandoci una trentina di minuti di visione sparsi. Malgrado questo, l’attenzione viene mantenuta viva sia dagli eventi messi in scena che dall’approccio originale scelto per il prodotto.
La volontà di utilizzare questo particolare metodo di messa in scena risulta infatti encomiabile per vari motivi: da una parte riesce ottimamente a immergerci nelle atmosfere degli eventi reali dandoci, a più riprese, delle emozioni e inquietudini genuine, mentre dall’altra appare evidente la voglia di andare a valutare e sviscerare scientificamente quanto stiamo osservando. Tutto infatti è raccontato prevalentemente dal punto di vista di Grosse che, con una genuina voglia di indagine e spinto da una sincera necessità di conoscere e capire, va ad esplorare le varie situazioni riportando i risultati alla “SPR” (la Società per la Ricerca Psichica inglese). La serie però si concede anche ciclici approfondimenti su investigatori più scettici, fornendoci così a sprazzi visioni del racconto più distaccate rispetto a quelle del sempre più coinvolto Maurice.
Il flusso del racconto si suddivide dunque in vari momenti e contesti narrativi specifici, una puntata dopo l’altra, identificando un incedere che, partendo dalle iniziali fascinazioni, giunge a riflessioni di natura più concreta, pragmatica e scientifica. Qualche colpo di coda finale poi è in grado di lasciare leggermente aperta, quantomeno, la porta del soprannaturale.
Tutte queste scelte di struttura e messa in scena ci accompagnano per mano in un viaggio in grado di soddisfare sia la nostra morbosa curiosità che le componenti più concrete del nostro cervello, dandoci ogni possibile via interpretativa. Questa docuserie riesce quindi a fare ciò che, personalmente, reputo ci si debba aspettare da prodotti del genere, ossia offrire a noi spettatori tutti gli elementi che potrebbero costituire la realtà da approfondire, una realtà fatta di sfumature complesse, sfaccettate e a volte in antitesi tra loro.
Infatti ci troveremo ad assistere agli eventi come veri investigatori del paranormale: ci verranno fornite le “prove“, mostrate le ricostruzioni paragonandole alla realtà di interviste e foto, ma anche date le possibili cause psicologiche alla base di un’inconsapevole (o parzialmente consapevole) allucinazione di gruppo. Potremo infine chiederci quanta parte di finzione e di ricerca d’attenzioni ci sia stata, avendo anche modo di entrare in contatto con un aspetto più umano ed empatico, in grado di approfondire ulteriori sfumature degli eventi.
The Enfield Poltergeist offre un quadro completo della moltitudine di possibilità in gioco, di aspetti del normale e (forse) paranormale che, terminate le 4 ore complessive di visione, ci daranno modo di elaborare la nostra spiegazione degli eventi. Potremo quindi trovarci dalla parte degli scettici, scegliendo di credere che troppe testimonianze siano state raccolte per negare completamente la presenza di un reale poltergeist. Oppure potremo semplicemente limitarci a dire “no, c’è chiaramente una spiegazione più concreta” salvo poi, nel buio della nostra stanza, trovarci a riflettere su quell’altra possibilità… Quella che il nostro cervello malgrado tutto continua a presentarci, quell’ombra di dubbio tipica di ogni evento paranormale che si rispetti.
Commenta per primo
Questo sito è protetto da reCAPTCHA e si applicano le Norme sulla Privacy e i Termini di Servizio di Google.