Dopo Machete di Robert Rodriguez e nella speranza di poter vedere prima o poi anche Don’t di Edgar Wright e Werewolf Women of the SS di Rob Zombie, arriva finalmente al cinema Thanksgiving di Eli Roth, secondo lungometraggio tratto dai quei gioiellini di fake trailer visti in Grindhouse di Tarantino.
Ci sono voluti ben 16 anni affinché questo progetto prendesse realmente vita e possiamo subito dire che l’attesa è stata discretamente ripagata. La cittadina di Plymouth, a un anno di distanza da un black friday finito in tragedia, a ridosso del Giorno del Ringraziamento si ritrova a fare i conti con un brutale serial killer che pare aver preso di mira un gruppo di amici.
Se la prima e l’ultima scena del film non fossero già abbastanza esplicative (due chiare citazioni rispettivamente ad Halloween e a Nightmare), è chiaro che ci troviamo davanti al più classico degli slasher movie. Dopo la maschera di Ghostface adesso è il turno di quella di John Carver, che mette altrettanto voglia di scoprire chi e perché si stia lasciando dietro questa nuova e corposa scia di sangue.
Protagonista della storia è Jessica (Nell Verlaque), figlia del proprietario del market che fa da teatro alla tragedia, affiancata dal suo gruppo di amici e lo sceriffo Newlon (Patrick Dempsey) che segue il caso. Dei personaggi sapremo poco, solo lo stretto indispensabile, tanto da trovarci a metà tra la curiosità di sapere come verranno trucidati e il tifare anche un po’ per loro. Il focus della storia è tutto qui, nel vedere chi e come sarà fatto fuori da John Carver con la sua accetta, provare a indovinare quali siano le sue motivazioni e ovviamente chi si nasconda sotto la maschera. Il bello però sta proprio nella difficoltà di capire tutto questo, e i vari indizi e despistaggi conducono dritti dritti a un colpo di scena tanto sensato quanto inaspettato, degno di uno Scream di Craveniana memoria.
Eli Roth ci trascina all’interno di una storia semplicissima, quasi didascalica, ma lo fa con la mano di un vero cultore del genere, chiaramente cresciuto con un certo tipo di cinema. Le sue citazioni all’interno di situazioni, soluzioni, inquadrature e movimenti di macchina pertanto sono un chiaro omaggio a tutto un cinema di genere che spazia dai B-movie degli anni ’70 fino agli anni 2000.
Il regista, tre gore, splatter e morti creative, con il solito stile che lo contraddistingue dai tempi di Cabin Fever e Hostel ci regala una nuova maschera, un nuovo volto dell’horror. John Carver è un killer silenzioso, terribilmente fantasioso e spietato che, pur lasciando difficilmente un segno al pari di altri “mostri” sacri, senz’altro negli anni potrebbe conquistarsi una sua nicchia di appassionati. In tutto ciò c’è anche spazio per un’accennata critica al consumismo e a un uso malsano dei social, elementi non particolarmente approfonditi, ma che a conti fatti rappresentano il motore e gran parte del filo conduttore dell’intera storia.
Thanksgiving non rappresenta assolutamente nulla di nuovo nel panorama horror, ma potrei metterci la mano sul fuoco nell’affermare che comunque non era minimamente nelle intenzioni del regista. Il film di Eli Roth si rivela un simpatico e cattivissimo omaggio ai classici del genere, un convenzionale ma nel suo piccolo efficace esercizio di stile, eseguito da chi un certo tipo di cinema lo rispetta e se ne intende. Dopo l’appena trascorso periodo di Halloween, Thanksgiving è il perfetto divertissement per trascorrere un spaventosa serata al cinema.
Un ringraziamento speciale a Eagle Pictures
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