Dune: Parte Due

dune parte 2 recensione

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Ormai sono passati quasi 3 anni dall’uscita nelle sale di Dune: Parte Uno, di Denis Villeneuve, che adattava la prima metà del romanzo di Frank Herbert datato 1965, vera chimera delle trasposizioni cinematografiche tanto da mettere in crisi anche registi come Alejandro Jodorowsky e David Lynch. Villeneuve, da sempre fan dell’opera di Herbert, per renderle giustizia senza fare un singolo film di oltre 5 ore si è trovato costretto a dividere la sua trasposizione in due parti, e così dopo ritardi subiti anche per via degli scioperi di sceneggiatori e attori, finalmente l’attesissima Parte Due è arrivata al cinema.

Le due parti in ogni caso sono state pensate davvero come un unico film, tant’è che il regista canadese inizialmente avrebbe voluto realizzarle in contemporanea (come Il Signore degli Anelli) senza aspettare prima i risultati del box office. Lo conferma particolarmente l’incipit di questo sequel, che potrebbe essere montato consequenzialmente all’ultima inquadratura del film precedente. Un commento della Principessa Irulan (Florence Pugh), storica dell’universo conosciuto, racconta gli eventi accaduti su Arrakis nella prima parte, presentandoci il personaggio e introducendo un ulteriore dettaglio: tutto ciò che avviene nell’universo, prima o poi arriva alle orecchie dell’Imperatore (Christopher Walken) tramite la figlia.

dune 2 chani paul

Subito dopo questa parentesi, torniamo direttamente a seguire Paul (Timothée Chalamet) e Jessica (Rebecca Ferguson), ormai in viaggio con i Fremen di Chani (Zendaya) capitanati da Stilgar (Javier Bardem) e diretti verso il loro rifugio, il Sietch Tabr. Da questo momento in poi la storia seguirà più o meno pedissequamente quella del libro, operando alcuni tagli solo lì dove il materiale di partenza era fin troppo vasto per essere adattato interamente. Lo spirito originale del romanzo di Herbert rimane inalterato, e nonostante l’adattamento di Villeneuve si concentri molto di più sulla tematica del messia rispetto ad altre come la fantapolitica e l’ecologia, queste rimangono comunque come sottotesti del film arricchendolo di significati.

Il lavoro fatto sulle immagini dal regista e dal direttore della fotografia Greig Fraser è anche questa volta imponente, con l’aggiunta di effetti visivi completamente fuori scala rispetto alla media dei blockbuster (soprattutto tenendo conto dei “soli” 190 milioni di dollari del budget), andando a creare un’esperienza irripetibile al di fuori della sala cinematografica. Le immagini di questa seconda parte poi sono anche coraggiose a livello di messa in scena, specialmente per alcune scelte come quella di utilizzare una cinepresa a infrarossi nel rappresentare la luce su Giedi Prime, il pianeta degli Harkonnen: un bianco e nero estremo e metafisico, che restituisce l’idea di un mondo e una popolazione totalmente al di fuori della morale umana, in cui la psiche è malata anche per l’influenza di questa luce innaturale.

dune 2 austin butler

In questa sezione a infrarossi viene introdotto Feyd-Rautha (Austin Butler), un altro nipote del Barone Harkonnen (Stellan Skarsgård), che quest’ultimo poi invia su Arrakis come nuovo gestore delle operazioni, stanco dei continui fallimenti di Rabban (Dave Bautista). Su Giedi Prime però facciamo anche la conoscenza di Margot (Léa Seydoux), una Bene Gesserit che marca la presenza della sorellanza anche sul pianeta degli Harkonnen, e dimostra la presa che questa ha sull’intero universo, utilizzando chiunque gli serva come pedina all’ombra dei giochi politici degli uomini. Nonostante il romanzo sia stato scritto negli anni ’60 è molto interessante notare il ruolo che Herbert aveva ritagliato per le donne, da sempre messe in disparte dagli uomini ma in realtà sempre al centro di tutto, essendo loro alla fine a tenere le fila dell’universo e delle linee di sangue per uno scopo più grande.

Il ritmo di questo secondo film è totalmente diverso rispetto al primo, ma per una buona ragione: è la storia stessa del libro ad accelerare nella seconda parte, tra la guerriglia portata avanti dai Fremen contro il dominio degli Harkonnen, il risveglio di Paul come leader messianico e lo sviluppo della relazione con Chani. Proprio quest’ultimo aspetto è quello che devia di più dall’opera originale, mostrando una Chani molto più indipendente, meno avvezza a pendere dalle labbra di Paul; probabilmente Villeneuve ha deciso di operare questi cambiamenti in preparazione di un terzo film, dal momento che la sua intenzione sarebbe quella di adattare anche Messia di Dune, il secondo libro scritto da Herbert per l’appunto come esplicitazione di quanto possano essere pericolose le figure messianiche, messaggio che a quanto pare all’epoca non era stato recepito con il primo libro. Le modifiche al personaggio di Chani, oltre a renderla più tridimensionale, favoriscono un contraltare all’ascesa di Paul come Lisan al-Gaib, esprimendo perfettamente la dinamica voluta da Herbert.

dune 2 vermi

Il film si concentra molto su questo aspettato spingendo – come nel primo – sulla prescienza di Paul. Le visioni causategli dall’esposizione alla spezia e dai suoi poteri di Bene Gesserit appartengono a un futuro ancora non scritto, sono parte di infinite possibilità che continuano a piegarsi su loro stesse e modificarsi nei piccoli dettagli. Personaggi che sembravano essere protagonisti in determinate azioni possono diventare secondari e viceversa, così come la sorella, ancora nel grembo materno, sembra indicargli la via dal futuro. Come spettatori siamo succubi di immagini parziali e instabili che non connotano una verità oggettiva, al contrario di quanto avviene solitamente nel cinema.

Spesso le sezioni oniriche dei film rappresentano una verità metaforica che sopraggiunge al protagonista, un occhio esterno creato appositamente per fornire un senso al pubblico. Nel Dune di Villeneuve invece ci pongono allo stesso piano di Paul, rendendoci indaffarati nella loro decifrazione e ansiosi di scoprire quale di queste realtà si possa verificare davvero, senza fornirci alcun tipo di rassicurazione o sottotesto metaforico, ma solamente un guizzo nel mare delle possibilità. In questo modo, anche noi spettatori sentiamo la pressione del protagonista nel voler evitare la guerra santa che si staglia all’orizzonte, l’unica di queste visioni che tuttavia sembra una costante.

L’unico punto che mi sento di criticare davvero a questa seconda parte di Dune è forse l’eccessiva velocizzazione di alcune sezioni nella parte finale del film. Qui il ritmo accelera vertiginosamente non solo per seguire il libro, ma purtroppo anche per l’impossibilità di conciliare il respiro da dare a certe scene (come quella della “rinascita” di Paul) con la necessità di rimanere entro una durata accettabile. Infatti manca anche la conclusione di un personaggio importante come Thufir Hawat, che quindi sembra morire nell’assalto ad Arrakeen da parte degli Harkonnen nel primo film, a differenza di quello che accade nel libro.

dune 2 duello

Dune: Parte Due è comunque un film importantissimo per i blockbuster moderni, e le due parti insieme costituiscono l’adattamento più fedele all’opera di Frank Herbert che potremmo mai avere. Un’epica fantascientifica perfetta per i tempi in cui viviamo, sia a livello cinematografico che tematico, le cui riflessioni nonostante l’età appaiono più attuali che mai. Speriamo che Villenueve riesca a completare la sua trilogia con Messia di Dune rimanendo su queste vette qualitative, così che la storia di Paul Atreides possa davvero essere messa accanto a quella di Frodo portata al cinema da Peter Jackson, considerando che a livello letterario Dune e Il Signore degli Anelli si affiancano già come opere fondative dei rispettivi generi.

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Professare l'eclettismo in un mondo così selettivo risulta particolarmente difficile, ma tentar non nuoce. Qualsiasi medium "nerd" è passato tra le sue mani, e pur avendo delle preferenze, cerca di analizzare tutto quello che gli capita attorno. Non è detto che sia sempre così accurato però.

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