Continua la carriera nell’horror di Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett che, dopo gli ultimi due discreti Scream, questa volta decidono di confrontarsi con un altro classico del genere: il vampirismo.
Abigail racconta la storia di un gruppo di criminali che viene ingaggiato per rapire una bambina; dopo aver commesso il crimine, i rapitori portano la piccola nel luogo designato, con il compito di tenerla al sicuro durante la notte, ma scopriranno presto a loro spese che quella che hanno rapito non è una bambina qualsiasi. Come direbbe il buon Rorschach di Watchmen: “Non sono io rinchiuso qui dentro con voi, siete voi rinchiusi qui dentro con me”.
Entrando in sala, il mio timore più grande era che il trailer avesse già spoilerato gran parte della storia. Invece, con un certo stupore, bisogna ammettere che la trama regala più di qualche sorpresa qua e là, sovvertendo con piacere le aspettative. Certo, non parliamo di un soggetto che brilli per chissà quale originalità, d’altronde è liberamente ispirato a La figlia di Dracula del ’36, ma nel marasma di film di genere con pretese di autorialità e innovazione (spesso fallimentari), un horror vecchio stile come questo non guasta affatto.
Nel ruolo dei malcapitati troviamo un cast ben assortito, composto da Melissa Barrera nei panni della protagonista Joey, Dan Stevens, Will Catlett, Kathryn Newton, Kevin Durand e Angus Cloud (purtroppo alla sua ultima interpretazione). Completano poi il quadro Giancarlo Esposito, presenza mai banale, e Alisha Weir nei panni di Abigail. Quest’ultima rappresenta uno dei punti di forza della pellicola: centra appieno il ruolo trasmettendo ambiguità, inquietudine e donando tridimensionalità a un personaggio tra l’altro scritto bene, lontano dall’essere stereotipato.
Tutti gli altri personaggi, fatta eccezione per Joey, invece sono scritti in maniera piuttosto superficiale, ma essendo grosso modo tutti carne da macello risulta una superficialità tutto sommato funzionale. Riusciamo comunque a comprendere la personalità di ciascuno di loro e tutti risultano più o meno odiosi in maniera differente. In tutto ciò per chi dovremmo tifare? Per la giovane vampira rapita o per i “poveri” criminali malcapitati? Fortunatamente, la risposta non è così scontata.
Accompagnata piacevolmente, in più frangenti, dal tema del Lago dei Cigni di Tchaikovsky rivisitato da Brian Tyler, Abigail è consapevole del tipo di horror che vuole essere e decide di puntare su alcuni elementi rinunciando ad altri. I registi infatti valorizzano poco la tensione e l’ambiente claustrofobico che un impianto narrativo del genere avrebbero suggerito, per concentrarsi maggiormente su una sorta di avventura horror infarcita di black humor e la giusta dose di splatter. A molti questo potrebbe apparire come uno spreco o un’occasione mancata (di certo una sceneggiatura del genere in mano a John Carpenter sarebbe stata ben altra cosa), ma tutto ciò che Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett mettono in scena suggerisce una scelta e una consapevolezza stilistica ben precisa.
Il ritmo è sempre sostenuto ma mai frenetico, con frequenti momenti di dialogo e scambi di battute tra personaggi che, oltre a strappare qualche risata, risultano gradevoli, mai troppo banali e soprattutto necessari per far luce sui vari aspetti di una storia dalle molte sfaccettature. Abigail probabilmente non sarà un horror memorabile che ricorderemo negli annali del genere, ma con molta probabilità sarà quello che all’occasione rivedremo volentieri. Film come questi dimostrano che anche qualcosa di semplice e senza ambizioni stratosferiche può funzionare molto bene, se dietro c’è una buona dose di capacità e volontà. Così facendo i registi sono riusciti a confezionare un buon prodotto, scevro dai paletti e le aspettative che una saga longeva come Scream si porta inevitabilmente dietro, e per certi aspetti di conseguenza migliore dei loro Scream 5 e 6.
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