Dalla famigerata pizza con l’ananas ai remake live-action dei film animati, sono tante le cose che non andrebbero combinate insieme. Tra tutte, però, una delle più spaventose è la trasposizione cinematografica o televisiva dei videogiochi. Ogni volta che un produttore si sveglia al mattino con la brillante idea di basare un film o una serie su un qualche franchise videoludico di successo, il sangue nelle vene di noi videogiocatori si gela. Questo perché negli anni abbiamo assistito a dei veri e propri disastri quando si è provato a portare sullo schermo dei titoli famosi, anche se per fortuna ultimamente qualche raggio di sole ha iniziato a farsi strada in questo panorama cupo e desolato: basti pensare alle serie tv Arcane, The Last of Us e Fallout.
A darci ulteriore speranza quest’anno è arrivato l’annuncio da parte di Prime Video della serie animata antologica Secret Level, un po’ per l’idea interessante sulla carta, ma soprattutto perché il team creativo dietro il progetto è lo stesso del geniale Love, Death & Robots. Tra questo e il fatto di avere a disposizione IP di un certo calibro a cui dedicare gli episodi, come Mega Man, Pac-Man, Armored Core, Warhammer 40.000 e tante altre, sembrava impossibile che qualcosa andasse storto. Ma si sa, al destino piace prendersi gioco di chi si fa troppe aspettative, ed eccoci qui con un altro prodotto tratto dal mondo dei videogiochi che finisce dritto dritto nel calderone di quelli che non ce l’hanno fatta.
Una serie antologica che si rispetti deve fare bene due cose, essenzialmente: mantenere una coerenza alla tematica scelta e trarre il meglio possibile da ogni storia nel breve tempo a disposizione per raccontarla, cercando di renderla memorabile. Un esempio illustre in questo senso sono le prime stagioni di Black Mirror, che hanno scritto la storia della televisione con episodi ancora oggi impressi nella mente degli spettatori. Ma anche la stessa Love, Death & Robots non è da meno, con i corti The Witness, Jibaro e Three Robots che sono diventati dei cult.
Quindi, dov’è che sbaglia Secret Level? Ovviamente la nuova creatura di Tim Miller rimane coerente per tutti e 15 i suoi episodi alla tematica dei mondi videoludici (e fin qui c’erano pochi dubbi), mentre le pecche maggiori si riscontrano nella qualità delle storie, che riescono ad elevarsi sopra la mediocrità in giusto due o tre occasioni. Purtroppo la serie tocca livelli bassissimi da un punto di vista narrativo, ed è davvero un peccato pensando alle idee geniali e i bei colpi di scena che il buon Miller solitamente è in grado di offrire. Durante il mio binge watching in fase di recensione la maggior parte degli episodi mi è risultata del tutto anonima, e in effetti ho avuto la sensazione di guardare più una collezione di extended trailer che delle vere e proprie storie studiate per una serie di questo tipo. Avete presente i trailer che Blizzard crea da anni per i suoi franchise? Ecco, il livello è più o meno quello… anzi, a tratti i trailer di Blizzard riescono anche a superare di gran lunga certi episodi di Secret Level.
Chiaramente come già accennato non è tutto da buttare, qualcosa di apprezzabile c’è. Ad esempio l’episodio dedicato ad Unreal Tournament, intitolato Xan, si rivela un gran bel tributo alla storia di un personaggio epico come Xan Kriegor, e pur non rispettando a dovere ogni singola tematica del franchise di Epic Games rappresenta bene l’essenza di UT, proponendo anche frasi a effetto classiche (come quelle delle kill) e armi che dopo tanti anni non perdono il loro fascino. Anche le animazioni e le inquadrature si prestano più che bene a un episodio in cui il focus è sui combattimenti frenetici. Il problema, qui come in tutti gli altri episodi, è che al termine della visione non rimane davvero nulla, nemmeno a chi è fan del franchise (figuriamoci chi non ne sa nulla).
“Ma tra tutti gli episodi, ce ne sarà almeno uno in grado di fare tutto alla perfezione?” Beh, la risposta è sì. L’episodio in questione, che rappresenta al meglio ciò che avrebbero dovuto fare tutta la serie, è quello dedicato a The Outer Worlds, dal titolo The Company We Keep. Oltre al fatto che lo stile grafico e le animazioni per qualche motivo si prestano meglio rispetto ad altri episodi, anche la narrazione qui eccelle, e non poco! Senza spoiler, la storia lascia molto da pensare sulla società condotta da un capitalismo caotico. Pur utilizzando elementi satirici e di facile comprensione, le sfaccettature della narrazione danno vita a una serie di morali complesse che molti di noi (specie di questi tempi) possono trovare familiari. Una storia di amore, sacrificio, desolazione mista a comicità e ottimi dialoghi. Tutto quello che praticamente manca negli altri episodi.
Alla fine il problema principale di Secret Level, per farla breve, è che manca di consistenza. Pur avendo a tratti buone idee, come quelle sopra citate, troppo spesso si perde in esercizi di stile dal lato della qualità visiva. E non fraintendetemi: effettivamente da un punto di vista puramente visivo, tra inquadrature, illuminazione dinamica e le varie animazioni, la serie mantiene per tutto il tempo livelli eccezionali. Tuttavia la sola componente audiovisiva, per quanto potente, non basta, e Secret Level è un esempio concreto di come si possa facilmente sbagliare in questo senso. Che poi a dirla tutta ci sono anche casi in cui lo stile grafico utilizzato cozza con l’idea originale di certi franchise, come nell’episodio dedicato a Mega Man, in cui questo particolare stile in Unreal Engine uccide praticamente tutte le vibes del franchise Capcom, che si sarebbe prestato molto di più a uno stile in cel-shading come quello che si vede nell’episodio dedicato a Sifu.
Un aspetto della serie che però ci tengo particolarmente a elogiare è il comparto audio, soprattutto per quel che riguarda il doppiaggio in lingua originale. D’altronde con un cast dallo star power di Keanu Reaves, Laura Bailey, Arnold Schwarzenegger, Claudia Doumit e Kevin Hart (per citarne alcuni), era praticamente impossibile avere pessimi risultati. Non a caso il doppiaggio è la parte che ho apprezzato maggiormente nel corso di tutta la visione, come anche la durata degli episodi, che si aggirano tutti tra i 5 e i 15 minuti.
Secret Level purtroppo si rivela abbastanza una delusione, specialmente considerando che dietro c’è Tim Miller. Una serie dal potenziale enorme che però viene quasi del tutto sprecato in qualcosa di inconsistente, focalizzato più sull’apparenza che su idee valide. I pochi episodi davvero convincenti non bastano da soli a compensare i punti bassi toccati dagli altri. Fiducioso in Miller e nelle sue capacità, voglio considerare questa prima stagione come il “banco di prova” per una potenziale seconda, magari con IP ancora più importanti ma anche meglio gestite.
Un ringraziamento speciale a Prime Video e Golin
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