Dynasty Warriors: Origins, non il solito musou (Xbox Series X)

dynasty warriors origins

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Riuscite a crederci che sono passati ben 7 anni da quando Omega Force ha presentato al pubblico Dynasty Warri… AH! Come dite? Non vi interessa questa serie perché ormai è ripetitiva e stantia? Difficile darvi torto, effettivamente non è un mistero che il genere dei musou sia uno di più sedentari dell’industria. Pur riuscendo a mantenere una nicchia di appassionati, nessun musou è mai stato in gradi di “spiccare” o evolversi a dovere.

Per questo motivo, quando durante lo scorso maggio fervevano i preparativi per il ritorno di Dynasty Warriors, la reazione generale è stata alquanto tiepida (per non dire inesistente). Conoscendo l’andamento della serie e la scarsa voglia di proporre novità, era anche normale non vedere grande entusiasmo per questo nuovo capitolo, specialmente considerando il fallimentare Dynasty Warriors 9 che ha quasi ucciso la serie, anche per i restanti fan. Insomma, tutte le carte in tavola erano a sfavore di Omega Force.

Ma ecco che durante gli ultimi mesi dell’anno scorso sono iniziate ad affiorare novità riguardo Dynasty Warriors: Origins. Chi ha avuto modo di provarlo in anteprima (non io, ahimé), si diceva estasiato da quello che il gioco proponeva: nuovo sistema di combattimento, una storia più interessante, un comparto tecnico ben realizzato… Origins sembrava davvero la seconda venuta di Cristo dopo quei primi hands-on. Arrivati a gennaio di quest’anno, finalmente tutti abbiamo potuto mettere mano al gioco e verificare quanto ci fosse di vero in quelle affermazioni. Dynasty Warriors: Origins è davvero quello che serve al genere (e anche alla serie) per donargli nuovo lustro in questa generazione?

Stessa storia, più sfaccettature

dynasty warriors origins battaglia

La prima cosa che viene da chiedersi è come raccontare una storia così tanto vista e rivista in maniera più soddisfacente: aggiungendo personaggi? Dando più spazi a quelli secondari? O semplicemente lasciando tutto com’è sempre stato, ma correggendo il tiro? La risposta giusta sarebbe “un insieme di tutto”, e gli sviluppatori l’hanno capito, riuscendo a dare nuova vita alla classica storia dei Tre Regni. In Dynasty Warriors: Origins infatti rivivremo le vicende basate sul Romanzo dei Tre Regni di Luo Guanzhong, una delle opere letterarie più importanti della cultura cinese, che racconta quanto davvero accaduto durante gli ultimi anni della Dinastia Han (intorno al 170 d.C.), portando a una delle più leggendarie guerre della storia. Lungo tutta la serie Dynasty Warriors quest’opera è sempre stata alla base del comparto narrativo, senza mai modificarne una virgola.

Dynasty Warriors: Origins invece, pur rimanendo molto fedele a quanto scritto nel Romanzo dei Tre Regni, si prende comunque delle libertà creative. A un primo impatto questa scelta potrebbe sembrare folle, ma vi garantisco che sono proprio questi cambiamenti a portare aria fresca a una storia già sentita troppe volte. Uno dei primi cambiamenti attuati da Omega Force in tal senso è stato quello di coprire soltanto la prima metà del romanzo. Così facendo il racconto risulta più facile da seguire ed elimina tutta una serie di parti superflue e noiose per chi conosce già tutto. Un’altra novità consiste nell’introduzione nella storia di un nuovo personaggio principale, concentrando le vicende attorno alle sue azioni: per la primissima volta, Dynasty Warriors ci fa osservare la storia attraverso gli occhi di un personaggio totalmente esterno ai fatti storici, una scelta che il team di sviluppo probabilmente ha fatto con l’obiettivo di far immedesimare meglio i giocatori.

dynasty warriors origins musou

Per quanto approvi l’idea, al fine di rinfrescare un po’ il racconto, questo personaggio principale risulta troppo anonimo per funzionare a dovere. A differenza dei guerrieri classici della serie come Cao Cao, Zhao Yun o il tanto amato Lu Bu, al “nostro” PG manca lo stesso carisma, e su questo aspetto influisce particolarmente l’assenza di una backstory vera e propria: il personaggio arriva letteralmente dal nulla, senza memoria e (almeno inizialmente) senza un vero obiettivo. Sa solo che deve combattere e fare la propria parte nel conflitto dei Tre Regni.

Insomma, non c’è abbastanza materiale per rendere in qualche modo questo PG interessante o memorabile. A peggiorare questa sensazione è l’assenza di un sistema di character creation, che quindi non dà nemmeno ai giocatori la possibilità di creare un modello personalizzabile. Dunque se da un lato abbiamo una storia interessante e abbastanza ben scritta, lo stesso non si può dire del suo protagonista.

Ci voleva così tanto?

A definire effettivamente la serie Dynasty Warriors tuttavia non è mai stata la narrazione, bensì il gameplay. Sin dal suo debutto, se ignoriamo il primo capitolo, la serie ha sempre saputo offrire un gameplay molto semplice ma dannatamente divertente: la possibilità di scendere su un campo di battaglia e massacrare nemici come se fossimo delle divinità scese in Terra è un’esperienza straordinaria. Quindi con una formula di gioco decisamente solida, non è sorprendente vedere la serie ancora viva dopo più di 20 anni, ma come ogni cosa che va avanti per tanto tempo, anche Dynasty Warriors alla fine ha portato del malcontento tra i giocatori. Il motivo principale è la ripetitività della serie, che a lungo andare ha annoiato: in tutti questi anni la formula è rimasta sempre la stessa, proponendo capitolo dopo capitolo praticamente lo stesso gioco. In passato forse c’era una tolleranza maggiore per questo tipo di prodotti, ma con il passare del tempo hanno iniziato ad essere etichettati come una perdita di tempo e uno spreco di soldi.

Per questo motivo Origins cambia tutte le carte in tavola, mantenendo soltanto certi aspetti essenziali della serie. Il combat system di questo nuovo capitolo è davvero divertente e ben pensato: il gioco mantiene ovviamente le solite battaglie 1 vs 1000, ma allo stesso tempo introduce una serie di novità in grado di diversificare (non poco) la formula di gioco ormai stantia. In primo luogo, avendo un solo personaggio utilizzabile, questo sarà in grado di equipaggiare diverse armi e item che offriranno approcci diversi alle battaglie. Tolto l’evidente cambio di moveset da arma ad arma, anche la possibilità di far salire di livello questi equipaggiamenti (potendo così accedere a mosse e tecniche nuove) rende il tutto molto più profondo e vario.

dynasty warriors origins battaglia

I combattimenti poi cambiano anche in base a chi si va ad affrontare. Per i nemici base, esattamente come negli scorsi capitoli, basterà il caro vecchio button mashing, ma dove il gioco cambia radicalmente è negli scontri con i generali. In Origins questi combattimenti offrono un approccio quasi alla Sekiro (per fare un esempio), facendo dei generali dei veri e propri boss con un moveset diverso dai vari mob e con la possibilità di contraccambiare ogni nostra mossa. Per questo Omega Force ha introdotto la possibilità di deflettere e punire gli attacchi critici (vedetelo come una specie di parry di Sekiro, appunto), rendendo i vari combattimenti 1vs1 non solo più spettacolari, ma anche più ragionati. Sicuramente avrebbe giovato una varietà maggiore di mosse da parte dei generali “base”, ma vista la tipologia di gioco ci accontentiamo anche così.

Nel complesso ci sarebbe poco da criticare a Origins e Omega Force: il gioco funziona, rispetta la sua eredità e al contempo svecchia gli aspetti obsoleti. Tuttavia non è perfetto, e qualche criticità va comunque evidenziata, prima tra tutte la mappa esplorabile: anche se si è totalmente abbandonato l’open world visto nello scorso capitolo, qualche eco qui si fa sentire, e tra le battaglie potremo esplorare liberamente una sottospecie di diorama che farà da mappa di gioco. Per quanto funzionale, alla lunga i vari spostamenti e la poca varietà di cose da fare all’interno di questa mappa rendono questa scelta leggermente forzata: bastavano un hub centrale e un semplice selettore di missioni, senza far perdere tempo ai giocatori con spostamenti superflui e collezionabili inutili. Un’altra problematica risiede nella formula delle missioni secondare, che non riescono ad essere minimamente varie rispetto a quelle principali, tant’è che spesso ci si ritroverà a ripetere tantissime volte la stessa missione, ma con un nome diverso (!).

Come già detto, Dynasty Warriors: Origins è comunque un passo avanti non indifferente per la serie e per il genere musou, ma purtroppo pur evolvendosi da un lato, dall’altro non riesce assolutamente a rappresentare un valido punto riferimento come action. In questi anni i giochi d’azione si sono evoluti fin troppo, dando una serie di elementi essenziali al genere per portarlo avanti, cosa che però Origins non fa. Sia chiaro, è lontano dall’essere un gioco brutto, ma la sua utilità all’interno del genere action (e mi riferisco solo a quello) è quasi nulla. Di fronte a certi esponenti del genere, la creatura di Omega Force non ne esce a testa alta.

Luccica, ma non è oro

dynasty warriors origins ragazza

Dynasty Warrior: Origins rappresenta la prima incarnazione current-gen per la serie, con il suo debutto su PS5, Xbox Series X|S e PC. Rispetto al passato, il lato tecnico è stato decisamente curato e rivisto per dare un risultato al passo con i tempi. Sulla versione da me provata, ovvero quella Xbox, ho avuto modo di sperimentare il gioco a un frame rate solido di 60 FPS e una risoluzione dinamica in 4K. Posso dire che la qualità delle texture e dei modelli poligonali dei singoli personaggi è davvero ben gestita, con qualche sbavatura per quanto riguarda gli ambienti aperti. Il solito problema di pop-out tipico della serie e una profondità di campo non proprio ben gestita (con pop-up sporadici) macchiano un gioco tecnicamente valido.

Lodevole l’ottimizzazione, con il titolo che sembra comportarsi in maniera egregia su tutti i sistemi disponibili, persino su macchine più deboli come Steam Deck. Il comparto audio, esattamente come quello grafico e tecnico, presenta alti e bassi, ma un plauso va sicuramente al doppiaggio in giapponese e la qualità della soundtrack, che accompagna ogni combattimento in maniera dinamica. Peccato invece per il doppiaggio in inglese, che risulta a dir poco orribile: i personaggi sembrano doppiati da attori svogliati, e il risultato sono conversazioni prive di qualsivoglia emozione.

dynasty warriors origins personaggio

Dynasty Warriors: Origins è decisamente una piacevole sorpresa. Considerando che la serie non si evolveva da anni, vedere un passo avanti così grande è sicuramente apprezzabile. Ovviamente rimangono ancora alcune delle solite sbavature (anche se in minima parte), ma se siete fan dei musou o semplicemente cercate un gioco che vi permetta di sfogarvi senza impiegare troppa materia grigia, allora il titolo targato Omega Force fa al caso vostro.

Un ringraziamento speciale a Plaion

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Il soggetto è particolarmente irritabile quando non sta in mezzo al proprio habitat che coinvolge la scrittura, i videogiochi, la musica (preferibilmente Metalcore) e il Wrestling. Suggeriamo di rinchiuderlo in una stanza piena di console, album dei Pantera (all'occorrenza degli Slipknot) e prodotti legati al Wrestling. Da liberare solo in caso di estremo bisogno!

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