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Il mondo dei videogiochi può essere un ambiente molto crudele per la creatività, infatti capita che nel corso di una generazione un genere si trovi a spiccare più del dovuto, dando il via a una serie di conseguenze quasi nocive per il settore. Basti vedere come sta andando ultimamente con tutti i vari Game as a Service e i cloni dei più famosi, ma anche quando un’opera cerca di elevarsi e dimostrare le proprie qualità, spesso viene “uccisa sul nascere” da una saturazione estrema del mercato. Negli ultimi anni abbiamo visto come tantissimi produttori abbiano fatto il minimo indispensabile per rendere un genere migliore. Lasciando stare la precedente parentesi sui GaaS, va anche detto che il più delle volte mancano proprio di immaginazione i creatori di videogiochi, e così mese dopo mese veniamo sommersi da titoli soulslike, roguelike, o appartenenti a qualsiasi altra tipologia di giochi rinomata. Sia chiaro, non c’è niente di sbagliato nel tentare la fortuna e provare a cavalcare un trend, è solo che questo può risultare fatale per un titolo potenzialmente valido, e purtroppo è il caso di Blade Chimera.
Già da qualche anno, i metroidvania sono tornati ad appassionare i videogiocatori di tutto il mondo. Certo, il genere non è mai scomparso del tutto, ma la sua popolarità non si è mantenuta costante nel tempo, a causa di poche opere in grado di rappresentarlo a dovere. Tuttavia durante la scorsa generazione (e in parte anche all’inizio di questa), i metroidvania hanno acquisito un’aura immensa grazie a titoli che hanno saputo riportare in auge il genere, tra i quali Hollow Knight, Ori and the Blind Forest, Bloodstained e Dead Cells, quindi è abbastanza normale vedere nel panorama attuale un’invasione di cloni spesso non in grado di differenziarsi. In tutto ciò Blade Chimera ha dalla sua un bel po’ di idee originali e a tratti uniche, che però vengono sfruttate talmente male da renderle perlopiù mediocri.
Cyberpunk e demoni
Forse uno degli aspetti più interessanti del progetto di Team Ladybug è il suo comparto narrativo. Di base, Blade Chimera ha un incipit davvero interessante oltre che originale: veniamo catapultati in un mondo cyberpunk dove, dopo una grande guerra tra l’umanità e forze sovrannaturali, la Terra pullula di demoni e spiriti. Ci caleremo nei panni di Shin, un cacciatore di demoni senza memoria che si ritrova a lavorare per un culto religioso che mantiene l’equilibrio del mondo, e la nostra missione sarà quella di sterminare ogni minaccia sovrannaturale che mette in pericolo l’umanità. Durante una delle prime missioni Shin si imbatterà in Lux, un demone mutaforma, che esattamente come lui non ha memoria del proprio passato: i due personaggi sentiranno un forte legame tra loro, e questo li porterà a collaborare.
Sì, so che a prima vista sembra il solito incipit narrativo di un qualsiasi anime, ma vi assicuro che la storia sa essere accattivante offrendo dei momenti molto interessanti. Tutto avrebbe funzionato alla perfezione nel racconto, se non fosse per dei personaggi di contorno caratterizzati davvero male. Si tratta di pedine importanti che spesso presentano linee di dialogo e scene del tutto riempitive e senza senso. Per questo, anche i momenti clou della narrazione tante volte risultano piatti e mediocri: tantissimi colpi di scena sono troppo telefonati, e in generale dopo un quarto del gioco la trama si appiattisce del tutto. Dopo qualche ora avevo quasi la voglia di saltare tutti i dialoghi e andare solo avanti con l’avventura. Un peccato, viste delle premesse da cui poteva nascere qualcosa di realmente memorabile.
Da un estremo all’altro
Come elementi chiave di un metroidvania possiamo identificare innanzitutto una mappa ramificata e accessibile solo in determinati punti, poi una serie di abilità sbloccabili nel corso dell’avventura e, ovviamente, una buona dose di backtracking. Spesso, se questa formula viene accompagnata anche a un buon combat system, il gioco risulta sicuramente valido. Blade Chimera, pur mantenendo intatte le basi, cambia moltissime carte in tavola, a partire dalle abilità: a differenza di giochi simili, nell’opera di Team Ladybug gran parte delle abilità sono accessibili fin da subito, a patto di avere i punti esperienza necessari.
Di conseguenza al giocatore viene data una libertà di esplorazione (e scelta) molto più ampia rispetto ad altri titoli; una semplice abilità come il doppio salto, ad esempio, non verrà gradualmente sbloccata solo arrivati a un certo punto dell’avventura. Stesso discorso per altre skill che potrebbero essere determinanti nelle fasi esplorative. Per di più, se consideriamo che già Lux è essenziale per l’esplorazione, la possibilità di sbloccare dei punti in base alle nostre scelte rende il tutto fin troppo facile.
Purtroppo proprio Lux sarà la causa generale di un gameplay troppo sbilanciato. Fin da quando lo si impugnerà mutato in forma di spada (eh sì, ci farà da arma), il gioco diventerà estremamente semplice: i nemici sono eccessivamente sensibili agli attacchi di Lux e ogni boss viene letteralmente massacrato dalle sue abilità offensive e difensive. Il problema è che se si vuole fare a meno di quest’ultime, così da rendere il gioco un po’ più impegnativo, si cade nell’estremo opposto rendendo la sfida quasi impossibile. Insomma, il tutto è stato pensato per sfruttare Lux e le sue abilità, senza le quali l’avventura passa da una passeggiata di salute a un inferno, senza vie di mezzo.
Blade Chimera è un titolo che ho fatto difficoltà a inquadrare. Da una parte, presenta delle buone idee e dimostra un rispetto per il genere d’appartenenza non indifferente; dall’altra, tutta la struttura ludica e narrativa è condizionata da una serie di scelte sfortunate che compromettono l’esperienza. Probabilmente se cercate qualcosa con cui passare semplicemente il tempo tra un grande titolo e l’altro potrebbe anche fare al vostro caso, ma sappiate che se siete fortemente appassionati di metroidvania il gioco potrebbe farvi storcere non poco il naso.
Un ringraziamento speciale a PLAYISM, WSS Playground e Games Branding
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