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Sono passati ben 6 anni da quando Steve Rogers ha consegnato il suo scudo a Sam Wilson nel finale di Avengers: Endgame, e dopo la serie The Falcon and the Winter Soldier che ha affrontato questo passaggio di testimone, il nuovo Captain America interpretato da Anthony Mackie fa finalmente il suo debutto sul grande schermo con Captain America: Brave New World.
Thaddeus “Thunderbolt” Ross (ora interpretato da Harrison Ford, al posto del compianto William Hurt) è diventato presidente degli Stati Uniti e, nonostante le passate divergenze dovute ai famigerati Accordi di Sokovia, Cap cerca di collaborare con lui per un bene superiore. D’altronde Ross sembra cambiato (non solo esteriormente), mosso soprattutto dalla voglia di riabilitare la sua immagine agli occhi della figlia Betty, che si è allontanata da lui in seguito alle vicende de L’incredibile Hulk (2008).
Il recupero di materiale top-secret rubato dalla Società dei Serpenti, guidata da Sidewinder (Giancarlo Esposito), darà tuttavia inizio a una catena di eventi che porterà di nuovo in rotta di collisione Sam e Ross, insinuando il sospetto che l’ex Generale in realtà sia lo stesso di sempre e stia nascondendo qualcosa.
Il film ha attraversato una produzione molto travagliata andando incontro a diverse riscritture e reshoot, e si vede, a partire dal ridimensionamento della Società dei Serpenti a mero espediente narrativo e Sidewinder usato come villain fantoccio, sprecando come nella migliore delle tradizioni Marvel un grande attore. Si percepisce una confusione diffusa sulla direzione da dare alla storia, tant’è che alla fine il focus sembra essere più su Thaddeus Ross che sullo stesso Captain America, per il quale semplicemente vengono riciclati molti dei concetti già espressi in The Falcon and the Winter Soldier, ma in maniera anche meno efficace, forse giusto per farne un riassuntino a quella parte di pubblico che non guarda le serie tv.
Ritroviamo quindi i dilemmi di Sam nel ricoprire un ruolo così importante, oltretutto non potendo contare su alcun potere speciale. Nonostante cerchi di esserne all’altezza allenandosi duramente e diventando così un abilissimo combattente anche senza il supporto del suo nuovo costume wakandiano, il confronto con Steve è sempre impietoso, difatti come si vede nella parte iniziale non ci vuole poi troppo per metterlo in difficoltà.
Il confronto con Steve viene fatto anche dai personaggi nel film stesso, in quello che diventa un po’ un discorso metacinematografico sulla riluttanza del pubblico ad accettare un nuovo Captain America. Questo aspetto è senz’altro uno dei più interessanti di Brave New World, ma il problema è che il personaggio interpretato da Mackie non ne esce vittorioso, perché per come viene affrontato sembra che alla fine non ne siano tanto convinti neanche gli stessi Marvel Studios, continuando a farlo volare basso senza dargli davvero le luci della ribalta. Forse arriverà il momento per l’ex Falcon di essere chiamato Captain America senza incertezze, ma non è di certo questo.
Eppure in tutto ciò francamente mi aspettavo molto di peggio. Pur essendo scalcinato e piuttosto dimenticabile, nel suo puntare ai livelli di The Winter Soldier in termini di spy/action movie ottiene comunque qualcosa, e personalmente mi ha intrattenuto più di quanto sperassi, facendo sicuramente meglio di Black Widow e Quantumania che ritengo i punti più bassi toccati dai Marvel Studios negli ultimi anni.
Sono contento che abbiano portato sul grande schermo il “Captain America dimenticato” Isaiah Bradley, il personaggio più interessante introdotto in The Falcon and the Winter Soldier, e che finalmente si sia trovato un modo per tornare a parlare del Celestiale gigantesco emerso dal mare alla fine di Eternals (finora apparentemente ignorato da tutti come se non fosse qualcosa di importante), dandogli perfino un senso accettabile e con risvolti intriganti per il futuro.
Devo dire che mi ha incuriosito anche l’aver collegato molto questo film a L’incredibile Hulk, per quanto la cosa sia ovviamente un po’ strana visto il cambio di attori (ma tanto ormai con il concetto di multiverso vale più o meno tutto), e il fatto che come già detto questo sposti l’attenzione su Ross, accentuata dall’immancabile carisma di Harrison Ford che col minimo sforzo mette in ombra il resto del cast.
Infatti non è che nel film ci siano chissà quali grandi performance, ma tutto sommato non è colpa degli attori, a cui spesso sono affibbiati dei dialoghi che lasciano alquanto a desiderare. I cazzotti funzionano decisamente meglio delle parole, con coreografie che non sono neanche male in contesti più ristretti come il combattimento iniziale, salvo poi diventare più confusionarie e noiose quando la situazione si fa molto concitata e inizia ad abbondare la CGI.
In entrambi i sensi però non è comunque il peggior film dell’universo Marvel: in termini di azione c’è quantomeno un minimo di equilibrio senza il bisogno di far esplodere ogni singola cosa presente a schermo, e in quanto ad effetti visivi il tanto criticato Hulk Rosso ad esempio è meno tremendo di alcune schifezze viste nell’osannato Deadpool & Wolverine.
Forse aveva più senso mantenere il primo titolo scelto per il film, New World Order, anziché cambiarlo in Brave New World, perché alla fine qui non c’è nulla che esprima particolarmente coraggio e novità, anzi, i suoi maggiori punti di forza li deve a un film del 2008. Anthony Mackie non è ancora pienamente maturo come nuovo Captain America, né dentro né fuori dal film, ma c’è la possibilità che possa diventarlo, con l’accenno a una nuova squadra di Avengers guidata da lui. Se invece volete un ennesimo accenno al multiverso e le sue nebulose minacce, rimanete pure fino alla fine dei titoli di coda.
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